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No barone fermo e n'auto de rispetto

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NO

BARONE FERMO

E N'AUTO DE RISPETTO


46.a Commedia in 3 atti

DI

PASQUALE ALTAVILLA.


VOL. IV.



NAPOLI

DALLA TIPOGRAFIA DE' GEMELLI

Vico lungo Montecalvario numero 7.


1853



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Saranno dichiarate false, contraffatte, e quindi soggettè al rigore delle Leggi, tutte le copie che non si rinverranno segnate dalle presenti iniziali dell'Autore.



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ATTORI


IL BARONE SCASSACANCRO — uomo ricchissimo ed avaro, padre di

D. CARLO — avvocato, amante di

LAURETTA — cameriera, germana di

BERNARDO UOSSASCIUTTO — finto forestiero col nome di monsieur Fricassè.

ANSELMO — maestro di casa del barone, padre di

GIUSEPPINA — d’un carattere ingenuo.

PULCINELLA — garzone di

COSIMO — sensale di frutta.

FRANCESCO — locandiere

CICCILLO TUPPÈ — giovane di locanda.

CARMINELLA — amante di Bernardo.

Un portalettere.

Guardie.




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ATTO PRIMO


Atrio amenissimo appartenerne al palazzo del barone in Portici. A dritta è la scalinata che mena sull’ appartanmto; in mezzo un cancello che introduce al giardino.



SCENA I.

Giuseppina, quindi Anselmo, Bernardo dal di dentro, ed in ultimo il Barone ed un servo.

Giu. (comparitee dalt appartamento e mette la tetta al di fuori del cancello) A^gio ntiso la voce soja che ccantava secilnuo lo esoleto: ah!. IJe potesse dicere na parola, Ite potesse fa conoscere lo core mio...

Ans. (spiando dalC appartamento) (Mmalora! non me so ncaooato! oh està oteoziooe tene pe lo fotastieru che." sta pittanoo dinto a lo ciardino: aggio capito; s’ ba dda metterà mpraltica la solita ricetta; baculus, baculabaculum.) (mostrando un bastone)

Giu. Lo vi Uà, to ri Uà che d disegna... quanto è bello, quanto è accuoocio co cchillo mustac [p. 6 càgna]ciò oèrifatd ef èchelte m^capo^ga dujeparnae K’ahl the ^piacfere cft’arè no sposo fora8tiero; ora mo lo vaco a ssalulà» e cobello che one vene vene. (incamminandosi pel giardino) ’

Ans. (recandosi innanzi) Pis, pi»: addò jate si è llecito?

Giu. (sorpresa dice tra sè) (Paterno!!)

Ans. A|dd&j$te? risponpite. c -me- -;v4A

Giu. Tò patesco d’occupazione de core: tamiadeco O. Basilio m’ha ordinato n» ppettidUria campestre a pprimma marina.

Ans. Aria campestre è lovè? aria campestre...(con asprezza) te voglio dà n’ aria infiammabile accossì ppossente che l’aggio da (a la fàccia comme a no pallone! Cammina ncoppa, cajotolella!

Giu. j^o vi Io gnore; mo accommehza co ceiiilli muode suojH ria ohe: ve credtfe fuorze che io so benuta pe ssalulà chillo forastiero che sia pittanno?.. gnemó, io non donco confidènza a Hnisciuno... vuje sbagliate... isso~noa me passa manco pe ccapo.

Ans. sèi e a tte mo chi t’ha parlatocelo forastiero?-che rvcenira sto discurso?

Giu. Kc’ entra pe ve fa capi ca io so scesa cca abbascio solo pe ppassià dinto a lo ciardino. (odesi canticchiare Bernardo e Giuseppina s’inebria)

Ber. Maipiù, mai più divisi O cara non saremo!..

Giu. Zitto, zitto...

Ans. Ctiedè,’ ne nenna nè?

Giu. Quanto è bello sto piezzo de museca!

Ans. Ah! è beite lo piezzo de musica? e mmo te porto io la battuta. [p. 7 càgna]Giu. Gnò, gnò, e ccomme site... tutto ve dà ntuppo!

Ans. Oh honora! tu mme rispunne co la superbia! te voglio spacca la capo... (s’avventa per bastonarla, Giuseppina fugge ed egli colpisce casualmente in testi al barone che giunge dall'appartamento)

Bar. Ahi! ahi!

Ans. Oh! scusate eccellenza.

Giu. Eccellenza scusate: gbella mazzata veneva a mme.

Bar. Ed io pe hó /atta fa ricezione! ahi! ahi!

Ans. Ecco ft bastone, eccovi le spalle... datemeatìe maùatè ’ ca io so ccontento.

Bar. Ardale al diavolo con questo carattere impetuoso!..sempre gridi, sempre Schiamazzi... Oh! signor maestro di’ casa sapete come va fatto? preparatevi per la fine del mese al rendicoulò df tutto.

Ans. A mme dicite?

Bar. A voi èì, a voi.

Ans. Bd io aggro da.’, abf non ve pozzo servi

Bar. No? si, corpo della mia baronia f sì: non sono forse il padrone di far quello che voglio? ’

Ans. (iwi /w0rt0)Coglitcmo nfraganza a na cattiva azione, e non solo licenziatemi, ma bastonatemi: pe na cosa da niente non se licenzia uu uomo onesto che da 20 anni sta in casa vostra e v1 ha dato non poche prove di fedeltà.

Bar. Ragione convincentissima: perchè dunque sei antico di casa vuoi assoggettarmi alle tue bastonate?,

Ans. È stato no sbaglio... io aggio corretta la mia ragazza.

Bar. Questo non h luogo di correzióne.

Ans. Ma ricòrdatève bene, eccellenza, che doppo [p. 8 càgna]la morte di mia moglie, V. E. m’accordò il permesso di ritirare con me Giuseppina, e...

Bar. Sissignore, tutto va bene, ma replico, questo non è luogo di correzione. Dovreste riflettere ch’è la casina del vostro padrone, luogo delizioso destinato pel sollazzo, per Va gioia, non già per urli e schiamazzi... povera Giuseppina! (carezzandola) è ragazza finalmente.

Giu. So rragazza signore mio...nón me vò compatì.

Bar. Non avrà neanche 20 aoui.

Giu. Gneruò: nce mancano 27 juorne.

Ber. Trapazzarla così!... uomo crudo!

Giu. Siguò, ne’è ppure l’omino euotto?

Bar. Uomo crudo... capisci? vuol dire Ù0$ocrudele...

Ans. Nzomma io mo non pozzo corriggere mia figlia? essa me risponne fco ssuperbia e io uoa la pozzo scmolià?

Bar. (a Giu.) Oh! oh! sta aate... rispondere il genitore eoo alterigia... ah! non va bene: ma caro D. Anseimo, vi replico, io non voglio veder bastonate.

Ans. Aggio capito: dimane te ariette sciallo e ccappiello, io te porto ncarrozza.a lo Granatiello, e Uà te conzegno na varriata.

Bar. (alterandosi) Non mi fate il trastullo signor quattrocchi... non sono fatto il vostro zimbello, capite?

Giu. (ride tra sè)(Ah, ah, ah!)

Bar. Uomo irruento!..

Ans. Ma...

Bar. Zitto, zitto, non mi fate uscir da’ gangheri!

Giu. (c. s.) (Ab’ ah, ah!)

Ans. (guardando dispettosamente Giuseppina dice fra denti) (tu ride!... haie ragione) [p. 9 càgna]Bar. (al servo che ha fra mani un abito di conseguenza abbenchè dì taglio antico) E lu clic fai colà piantato come un palo? rimetti quest’ abitaccio antico dal rivenditore sito al di fuori del mio palazzo è stato già da me incaricato di smaltirlo... su, via. (il servo si allontana) Ma ditemi il motivo del vostro Jitigfo.

Giu. E stata na cosa de niente, sigjioremio j io voleva fa na passiata dinto a lo Ciardino, e...

Bar. Vedete, vedete.,.per causa si innocente s’alza il bastone su d’un corpicciuolo così gentile!

Ans. Ma eccellenza, dovete conoscere...

Bar. Zitto; non soggiungete una sillaba.’.(0 Giuseppina coìi bel garbo) Va, va gioja mia, va a passeggiare... anzi cibati d’un frutticello, sai che il mio giardino è sorprendente per gli agrumi; togli cosi la bile che ti si è formata sullo stomaco.

Giu. Sissignore, me faccio passà la bile. (avviandosi)

Ans. (trattenendolo) Vuje che ddicite, signò... (a Gius.) Cionca lloco.

Bar. Lasciatela andare, vi dico.

Giu. V. E. tene no core de percocata! (avviandosi come sopra).

Ber. (rinnova il conto) E ne’beati Elisi Ove il piacer non muore’..

Bar. (la trattiene) Pia.„. pia... piano, (mette il capo fuori del cancello) Ah! ora compren do il motivo della tua passeggiata... sei malandrina!

Ans. Oh! ve site persuaso? mo nce vorriano li bastonate, sì o no?

Bar. Sulla vostra lesta? sì, sopo ben date. [p. 10 càgna]Ans. Comme! chellà voleva ire fora a lo ciardino, e lo...

Bar. E voi dovevate prenderla per un braccio e ricondurla sopra; capite, signor mammalucco! Vieni qua, Giuseppina, dì la verità al tuo padrone; sei invaghita di colui, eh?

Giu. (abbottando gli occhi) Che ddicite...

Bar. Tu sei diventata rossa...

Giu. A mme.’. gnernò, vnje sbagliate...

Bar. Non isbaglio no, non isbaglio: i tuoi occhi m’ accertano di tutto: via, via, non è poi disperato il caso... si vedrà di finalizzare...

Ans. Checcosa... viye che ddicite...

Bar. Zitto, diavolo f

Ans. Ma che zzitto e zz^lto...

Bar. Giuseppina, io ti do la mia parola di farti sposare Uonsiù Fricassè al più presto possibile.

Giu. Oh che ppiaceret che lo Cielo ve pozza fa allunga no parmo a lo juorno... ’

Bar. Graziè dèi buono augurio.

Ans. (tra sè) (Vi sto viecchio comme vo essere acciso!) Ma vitfe non conoscile ntrinsecamente chi è cchiilo signore; non se sa chi soaco li geniture suoje...

Bar. Io... iò non so niente, e so tutto. Voi non sapete quale sia la sua sobria condotta: quindici giorni fal’lio conosciuto nel caSedel Greco, ed bo scrutinato.isuoi pensieri in modo tale che si è rèso degno d’ entrare liberamente in. questo palazzo e disegnare nel mio giardino. Avrebbe potuto godere tal privilegio senza che io mi fossi persuaso del suo essere, e della sua condotta? corpo di Giulio Cesare! sapete che io sono vivo per colui? [p. 11 càgna]Giu. Comme) vuje Che ddloile? site vivo pe mmon-’ zìi Fricassè?

Bar. Precisamente: giorni scord io transitava lungo la strada di Portici; dal palazzo dei duca Terraferma òsci jreementemente la’ soa carròzza/ed in on baleno mi vidi nell’imminentè pericolo d’essere calpestalo da quegl’indemoniati destrieri; tnonsieor Fricassè si trovò pèr azzardo dietro di me, e nel darmi una «spiata e gettarmi oel muso per terrai fu un punito solo; egl’invece si eeposèalcimento e se il vetturino non era lesto a frenare i lacci, ne sarebbe a qnest’ora rimasto vittima. Ecco, non è colui un ottimo giovane? non si conosce apertamente che ha buone viscere?

Giu. (ad Ans.) Non si conosce che colai ha buone viscere?

Ans. Avrà fatta la enra de le ruà!

SCENA II.

Bernardo e detti.

Ber. (dal di dentro affittandola pronunzia efvn parigino "j Diable! questa non è creanza!... ve io dico miUe volte; io non ho soggezione di montar sopra e prendervi a schiaffi...

Bar. Che eos’.è?

Ans. (mette la testa al di fuori del cancello) E flomoozù Fricassè «be pparla co la gente de lo piano de coppa.

Ber. (comparisce dal cancello coti abito da viaggiatore, lunghi baffi, cartiera fra mani, ed oggeUidipUtmra)^otb\ii\ mi hannorovinato!

Bar. Che eos’ è caro mio?

Giu. Che cos’ è caro mio? [p. 12 càgna]Ans. (a Giu.) (Cionca lloco tu)

Ber. (al Bar.) Signore, e nn precipui», e una rovina inevitabile! Mon Dieu I vedete dM spettacolo l (apre la cartiera e mottra una veduta) Sono tre giorni ohe lo ho lavorato pesta veduta che dinota l’osteria nel cosi detto palazzo di Bonn’Anna a Pausilippofdalla loggia superiore hanno buttato il fango Sporcando che cosa? guardate; (t indica ) la visiera,pell’atto die si lavorano i bicchieripi di rosolio.

Bar. Peccato!

Ans. Vi che ssorta de veduta!.. ha fatto pure bicchierini)

Bar. Meschino!

Giu. E1 jruromaso senza bicchierino; (cut Ans.) mo comme fa sènza li bicchierini?

Ans. Arremmeria co li ccarrafede ’ecea!

Ber. Questa veduta appartiene al conte Dariafresca; si dovrèconsegnare, da qui a due ore... io ho in mio potere venti piastre..; egli e un poma furibondo... Vanlerblù! son rovinato, son rovinato!...

Giu. Povero signore, povero signore!

Ans. Statte ritta tu!

Ber. Com... com ’.v si rimedia... che disperazion!

Bar. Ma via, tranquillatevi... bisogna pregare il signor conte, e...

Ber.. E’ inalile... è. na nomo irragionevole.

Bar. Ecco, se qui fosse mio figlio avvocato, che trovasi.in Salerno per affari di saa professione, si sarefehe ora condótto da questo signor conte, e con la sua facondia...

Ber. Vi replico, è inutile... bisogna consegnar le [p. 13 càgna]e«rpo det Borita, dlMarsiglia,

Ant. (Mlì) (Ecmtutasti mmepirePanecoocolo, «he nos tme l lai» aggiocapHp: toiarrisse stoccouiàlo paèrooe, ma nonne combine niente!)

Ber. (tp aria tuppUtòevql»).Mon8Ìeur barone, fetvu pleùr...

Bar. boaria la tua demanda dtrisvMlost ad Ans.) Maestra di casa., il cattoaanoè rii’ ordine? dovrò conducisi ia Torre del Greco per...

Ber. Signor#. „ scusate «e vi domando «na grazia.

Bar. Soao avoi... (ad Aa’.) preparate ii ferrajudo, perchè può darai ohe. to resti oolà fino a sep’avanzata e...

Monsieur... voi poiresla...

Bar. A proposito, ilditca Rognose mi aspetta immancabiiioeate aUejHkve di Francia in casa, ora...

Ber. (infattidito) Sigpope, sevoleie sentirmi bene, ia altro caso...

Bar. Io v’ ho capito Moiwieur Fricassè, Torrette da me io>prontat»^danaro per.... «(^«Atteri, ma si dà la combiaiazìoae ohe io sono senza cornanti..:., vi reca «aera viglia? e pure è cosi. Ho presso di me carte bancali e somme tutte coasid#revoJi... ma a momenti attendo i miei coloui... se poteste pazientare...’ io capisco che •» debbo ia vii# e mi dispiace oftretuodo ii rifiutarmi a...comaodatenai però in tulio, jim per quest» affare è impossibile.

.. (via li’apparta meato)

Ans. Monzù mmio, pigliate no bicchierino de la Tiirera e rristorate ca co cchillo non ne combine niente; è no ciuccio carreco d’oro, ma è (lesena, e ppe ttreccalle se fauctia dà na [p. 14 càgna]scglioccolàta. Mo vi, sarranno SO juorne che è arrivato da Milano perchè avette la notìzia che schiaffaje de faccia nterca no frate sujo a Ssarno, e l’ha rummase cchiù de 200 milia durate. Ogge o dimane se portarrà de perzona Uà, pe se fa conoscere dall’Autorità... dall’ esattore, e ppiglià possesso co esiger^ subeto subeto no duje, 300 ducate..’ e cche te cride? fa vedè sempe che sta senza no grano... puorco, puorco! Te nne dico n’ auta che te farrà stordì! fora a la strada nc’ è no revennetore: va te nciaffaccia; tene no vestito de velluto appiso, chillo è dde lo barone, non se lo mette cchiù perchè è antico, e ssenzaavè scuorno li’ ha dato a bennere a lo revennetore pe ssè ducate...Ausuraro, ausuraro! ca non magnarria pe... tu ben mi capisci! (via sull’ appartamento)

Giu. Quanto me facite compassione! avite da c^ccià 20 pezze? potisseve arreminedià co pportarle u’accunto?

Ber. Si, sarebbe buono.

Giu. Io tengo agghiettate sette carrine e mmiezo; nce li bolite portà?

Ber. Sette carlini e mezzo! ah! è una bagattella... mersi, mersi.

Giu. Che v’aggio da fa? me facite spartere lo core... (avviandosiper Vappartamento) comme fa li 20 ducate Iff poverommo? auh! lo barone nce li ppoleva dà. (entra) Ber• (tralascia interamente il carattere digni• toso, e parlafra èè nelsuo vero aspetto) Oh I aggio fritto to (fegato! e comme faccio po pparti io poveromoio ¥ comme pago 18 dugate a lo locanniero pe ssè mise clie min’ iia dato fi mmangià? auh! aggio fatto lo cam [p. 15 càgna]- ~ itiarierode piartn, cflfwscostr «(risata mente no poco de lengua francese « ^pèrt^ me so filato foràstitert; n’ amico dàóm’ ba fatto sta TeduWj aggio tròvèW lo pretesto (ftgoenno de pKf&’dmio h 10 chtrmnò) che da coppa me l’banno sporcata jnsto pe sèeppà na som < - maa sto secafftìceaHè, ettBOo ttf è benuto fallo! mo comme arremtnedto? comme faccio pè ttoraà a SmlftràoettrOvà so rem a tauretla e Ccarmenella la pnamorata mia che nce ’ teoeo pwwto èi&è ’’> -ta’ bene che stantio a ppadrone co lo miedeco D. A rigelo Scippatore; lamogftera è na bona fcmmeaa cirè V - - ba criscinto a’siorema; non ne pozzo <fobità... irta., aia chi nciafe corpa a ttutto chesto? chili’ assassino de Ctiosemo Carcassa, patrio dè CarmèneHa che II’ha truffato 100 ducete ramraasedala mamma bonarma, morta a Ssarno; io co la cannarntizia de canoscerlo e ffarriW^e rik (kotecarella, so beau to a N&fpólfrhdd&feso (ìegozia de fratte.. a sso rrummaso senza CiedO e lo paoaro! comme faccio pe fìtitìrtì? me so mmenato a itanta Speculazione.:’;è ttutto Bi’è benuto contrario.. dàlie sciorta: non te stanca do menarme cngliose!...

SCENA III.

Pulcinella, Cosimo e detti.

Pul. (dui di dentro gridando) Mamma mia! ca chisto m’ è ncuollo!

Ber. (guardando ai di dentro) Che ccos’ è?. uh! chili’ommo vene secutato? chessarrà? met [p. 16 càgna]timmocc de oascuosto., (al frtom del cancello \,,’ -oW,x

Pul. (compariteefuggendo peria teena tpa&mtetto) Addò àie servo? (siale enfi1 apportomenta crrtM a IT utcifttftffft jigrfa d? entrata)

Cos. (frementi 4i rabbia)ifciM(De da Uoco oeoppa.. viene eoa.

Pul. Vanenoe, lu me li maqwwje, nen boglio scennere..

Cos. (c. s.) Mpesone de lapmalora! sciane eoa, te dico.

Pul. No, non boglio scenoeeevtu me ratte.

Cos. Goernò: lie.do pparoia^a non te faccio niente., scioae da ilooo scopra, li patruoe te one ponoo jcoccià.

Pul. No,no,noa me Io suBueclie... piccare tuoje stamattina non ne poto; cca sto buono.

Cos. (per ialite) Yiene oca..

Pul. (gridando) Non saglì, nonsaglì.. mariuolo.. mariuole!..,

Ber. (si fa avanti gridando) Chesehesqlè? (a

Pul.) Chi sei tu?.. alò., scendi..

Cos. E nliw)? scindoda lloco.

Pul. (a Ber.') Signò pe ccarità! ca chillo tene male menzione... io so no povero bardasciello senza mamma e ssenza patre..signò, ca chil^ lo me scotolea..

Ber. Ti scotolea f cosa sigoiQca?

Pul. Me scotolea, me 4è ssemmosza, me le mmenesta!.. so ttntti vocaboli conessatorj.

Ber. Ti scotolea! purqua?

Pul. Purquà, ca me vo scocozzà.

Ber. (a Cuo.) Patlevù, purquà così adirato contro questo semplicione? [p. 17 càgna]Cos. Sigrò, aigaò, non lo stafcawepti, ae moia sotto a la cascetta.. chisto ▼« a equaglie.

Ber. (a Pul.) Vai a quaglie?

Pul. E issa va a ocoraacchie..

Cos. fi no scemoqergflorsì, aia èffurboperò, me fa seape calli?’ servizie: signore mio, npa c’ è gghiuorao che non me fa rosecà la rezza

Pul. l^!h&ciò co Uuito^o cofe, sigooce mio, se A mmerita)o poveriello.

Ber. Ma «n che vi ha fallo? sentiamo.

Cos. 0& coeade niente! avite da sàpè ca io so sseftsale de frutte e sia co la casa a Ssarno. Soèenulo a Nuapole p’ esigere rrobba de nog8drema; ipe nnustrioa ffa losenzale e aggio pigliato ’la poche juorae sto ntrugfìone pe giovene. Chisto me fa dispera de nova «naneia: mo in’ ba fallo trova dialo a no goajo e ti1 auto ppoco me faceva essere acciso.

Pul. Goorsì, signò, ma pe scagno; che s’ ha dda fa? a sto QQuoDo nciavimmo <T adatta.

Ber. (ridendo a PuL) Ma com... coni... cosa... paflfem.» Pirf; ^tra j»)(^-Com’com, com—.,vt chislo, chiapchiare’a zzompariello comme parlava n’auto patrone mio.) Avite da sape...

Cos. Non signore, voglio parla io.

Ber. Parli lù, parli li. (indica Pul.)

Pul. (Co$:) Parli lu f e schiatta tu.

Ber. Parlate a lingua vostra io capisco.

Pul. Guì’ guì. Nzommaavite niiso ca isso i ssengaie de fruite?

Ber. G^f.

Pul. Avite da sapè ca io so ppassato pe la via de io Fiumicfcllo.. • sapevù lo Fiumi?iello che sta [p. 18 càgna]tra lo Pdfctedfe laMàdatea, « te satila jle It Jtftasfcftta?

Ber. Avanti. >

Pul. Guì. A cchella strata nae stevana fenestra

Ber. Vuol dire um signorina aBafiacstra... a vantf. 1

Pul. Guì gui.E a lo vicolo de’lo pòatont’..

Ber. Al pontone del tteelOi’. avalli’ ’•

Pul. E afputìtotìe del Vkk>teiic0Bf&¥a®aI). FranIfellicèo co nocftppoito fattoaegliararo; capile-, la pellegrina corta c&rta che arrivava m\Y ossfr groppaiorio: questo fumava no sicario e itenevtì mente a’la sigiMwSoa eo tt’uooehio a zeennariello. Avetfrcoujpfi?

Ber. Qui ^avanti.

Pul. AU’ auto pùntone èe vaschepòaggio vfcto n’ auto searfalietto chè ttenevaoo porpo ncuoilo; capevù ij porpo? so cchilli soprattò co la vita dilatata...

Ber. Sge compri, avanti -,

Pul. Chisftf pure<fèmava no sicarleU® e amiccèata la ceveuolella..Dirimpetto poi alla;suddetta schifiee nce steva affacciato fio mecchetiall©, co la fila de li cftpflle.fatta a mwaro devisorio: capile? no-bnccolo cctì, (’nastrando la testa a dritta) a Ir nuòve de Francia, e n’aulo òca (mostrando la sinistra) a 23 ore e tre qiraHe: eo na giacchetta Corta corta nctiollo, e «ulto addoruso de cannèlla, carofato, estratto d’alice salata, e ccaso eototto.

Ber. Insemina ia signorina faceva l’ amatore col Franfellicco, collo Scarfalietto,£ col ’Micchitrailo?

Pul. Qm. Il MIccMtielto mf hathtam<»ato parlannome co la stessa lengua vosta: (imita la voce d un zerbinotto) —^Ei coscio f veuevà [p. 19 càgna]sisi. So ssagliuto, e mm’ha ditto — Voi siete senzale? — Guì munzù — aggio rispuosto. — Ebbene portatemi questra lettera a quella madmuaseella che sta dirimpetto. Io sapenno ca isso è lo senzale principale, pe non le leva la professione, lo so ghiuto a cchiammà, e nciaggio mannato a isso, dicenno che s’aveva da combinà no niozio. Chello ch’è ssucciesso, ve lo cconta isso. (a Cuo.) ParJevù.

Cos. Signore mio, appena vaco pe tirasi lo palazzo... che dduje D. Leccarde.’.

Pul. (a Ber.') Lo purpo e l’ogliararo anzidetto...

Ber. Gui, gui.

Cos. M’Jianno sceppato la lotterà da mano; e ndovinateci che ccosa? di’ hanno fatto na caudata.

Ber. Una calciata!

Pul. Embò la sauzaria non se l’aveva d’abbuscà? Tu sì ssenzale?

Cos. Sfa sensale de frutte.

Pul. O de frutte, o de matremmuonie; sì sseo Zfilfrf •

Ber. Ah, ah, ah! sgiulì, sgiuli!

Pul. Goèrnò fuje Viernadì no Giovedì.

Ber. Sgiulì, ossia grazioso — come ti chiami?

Pul. Pulleceaella Cetnilo.

Ber. Oh bene! Citrioio t

Cos. (con disprezzo) Roba inutile < roba nzeihmentuta.

Ber. (à Cuo.) E voi?

Cuo. Cuosemo Carcassa.

Ber. (tra sè còn eccessiva sorpresa) (Cdosemo Carcassa! uh bonora! èhisto è fo patrio de Carmenella la nnammorata mia, chillo che io vaco trovanno pe mmareyeppe ttèrrtì!) [p. 20 càgna]Voi siete Cosimo Carcassa? mi ricordo, si: una volta ebbi una serva che si chiamava Carminella, e mi disse che voi eravate suo padrigno... anzi dovevate darle 100 ducati a lei rimasti dalla fu sua genitrice...

Cos. (con modo dispregebolissimo) Ll’aggio da dà la mmala pasca che se la vatta a essa, e ccomme aggio ntiso dicere a no cierto Bernardo che se ll’avrà da sposa... ca si l’arrivo a cconoscere e averlo dinto a li mmaoe, nce ne voglio summozzà quatto dinto a li feliette...

Ber. (nbn potendo più resistere V afferra per bastonarlo)

Cos. Signò... (intimorito)

Ber. Non parlar di summozzar, che ti sommozzo un calcio nel punto geometrich...

Pul. (giubilando) Oh! comme va bello! mo ave la seconna sanzaria.

Cos. Signò, e cche ncentra chesto mo...

Ber. Nel mio palazzo uon si dicono queste parole...

Cos. Scusate, aceellenza! io mme so trasportato...

Pul. (a Coi.) Bestia Africana 1 più rispetto, nel nostro palazzo, capisci?

Ber. Olà l (imponendogli silenzio)

Pul. (sommesso) Perdonevù!

Ber. (tra sè vinto da felice idea) (Bonora! ehisto vò truffa ii 100 ducate a Cearmenella! sì, mo noe vò na tràstola qualificata: aggio fatto li denaro pemme ne ire a Ssalfernol) Via, vi pèrdono e comprendo che la rabbia vi ha sedotto: a proposito) essendo voi sensale, con prate i frutti sugli alberi?

Cuo.Gnorri’ ncopp’ all’albere, cuòvete... [p. 21 càgna]Pul. Sicchè, nfracetate, comme volite v-oje.

Ber. Olà. (e. s.)

Pul. Parlevù. (c. s.)

Ber. Io ho il mio giardino (indica nel oaneello) pieno d’agrumi di ottima qualità: volete comprarli?

Cos. Comme volite, accellenzia.

Ber. Ebbene, venevù con muà.

Cos. (a Pul.) Aspetta lloco tu.

Ber. Attandon, monsin garzon, altandon. (entrano pel cancello)

Pul. (contraffacendolo) Ndì-ndà-mbom... Avimmo sonato mìezojuorno! povero principale, ha avuto chella scotoliata matino matino: mo non è ccosa cchiù de me ritirà có isso, sino na varriata non me la leTa manco Barbanera; zitto, mo che esce lo licenzo.

SCENA IV.

Giuseppina e detto, quindi un portalettere.

Giu. Papà sta vestenno lo barone, mo è lo tiempo de dicere na parola a loforàstiero...(fissando Pulcinella) Oh 1 chi è cchisto? che ffacda euriosa che tiene 1

Pul. (tra sè)i Cancaro! e oche tregiia fle mone I)

Giu. 1 cortesemente) Chi volete signore?

Pul. I c. s.) (Chi volete, signore 1 ebesta parta co la croscal « ccomine risponnó io mo? sè: no chiacchiareo comoda cchillo signore ch’è gghiuto dinto a lo ciardino.) Madam... («a, lutandola con caricatura) sge-suì song’ emnoa.

Giu. Site troffluMàe? [p. 22 càgna]Pul. (c. s.) (No\ so ccarrafone!) sge’sui so... so...mascolon, avevii capiton?

Giu. (burlandolo) Comme site porpettOQ!

Pul. Porpetton! ah, ah, ah! brava madamon!

Giu. (Comm’ è ccuriuso!) Vuje che pprofessione facite?

Pul. (Sè! mo dico ca so ccriatol) Io, sgesui mna.». sodo negoziante della Calabria di Marsiglia.

Giu. Negoziante! ah: venite da razza bona.

Pul. Giù: vengo da li bajescure.

Giu. Voglio dire, siete di buona schiatta;

Pul. Sia schiatta non la conoscon, nè la voglio conosceron..«verificatela vujon.

Giu. Io non troppo ve capisco, de che negoziate? Pul: Di fùcetole.

Giu. Vuje che ddicite! negoziate de fucetole!

Pul. Gui... (con grazia) e mmo ne sto acchiappanno una, che col suo beccolin, m’ha pizzicato le me mon cor.

Giu. Ah, ah, ah \

Pul. Madam, non risavù... diable! non risavù, che sgesui divento un fu! (comparisce il Portalettere e si dirige a Giusep• pina eolia massima tolkcitwifim.) jPrkflp, priesto: sta lettera a lo baione mo jtjropno.

Giu. Aspetta, perchè chillo...

Portalet. Ch’aspetta e aspetta!.. Chisto è nf affare segreto e dde gran premurai. corre,, oipp

Giu. Mo vaco, odo, n’allucca; permeate (FÌfL e, via sul? apparì.)

Portalet. Po dice.che u no s’ba dda ncojetà pe ffiwza: io so dde Salierno; nciaggio puosto no lampo a bbenì a Nnapole; nientemeno è ao mbruoglio che sta faoenno lo figlio 4® lo ba> rene... e cchella se Ut pigliava ytiuè •ciuèL. [p. 23 càgna]«mb&vMto perchè sserfimino? justo pe essere sollecite, e ddinto n n’aecasiooe fa conotòere.la bravura nosta!..

Pul. Tu mo perchè te piglio tanto apprètto vorria appara? a mme che.mute presse?

Portalet. E ttn non si dde casa?

Pul. tonon eotoioaMods meoMal..

Portalet. E mme farne sQata?

Pul. Eoefalte H’ ba priatò?

Portalet. Vi che soiorta de bestie caminiaaoQ pelo aaaroelt tberieffamieló » via)

Pul. Ora vedi’»!’’esose;cheste da mettessi dinto a io polioramio! uh! tèccote CdoseiDOSo to li/ guore ndt-nda^mbò..

SCENA V.

SkK&UBO, Cosino e dètti.

Cos. Vabenfcj.èstahiUto. E ducate e 4UHle UJrst; 4e setto» pe moe.

Ber. Na to aeao to tarato coaaUrapergqna, perciò vorrei una caparne perrè«ur«zsa.

Cos. E ragionevole. Justo tengo 25 dg^ate ^d’ argitolo seuolto, prettode na «ènaets fetta: eecoli eea. (glieli consegna)

Ber. (tra tè giubilando) (Eaai, qa te l’ aggio sanunoszatol) —

Cos. AereUeasia, ftcanao.potw.earrià?

Ber. Ouando ti piaoe.

Cos. tfaeo a ppigUà li eiueee?,

Ber. (tra tè) (Pe mmo nce siaje tu.)

Cos. l£uiieeoè, jammo..

Pul. Aechi? io faccio passo: serviiie mieje non oc pruove cebin, io. non ee cogito sta cchiù co uieo. [p. 24 càgna]— 14

Cos. Wo f. e a’anao «mmiezo doaMsaleebe t’aggte da dà, vanno a mmonte.

Pul. Sè, e mmo vediamo obi è ochiùddaparolà; lo non ti voglie adda.

Cos. Veramente dice?

Pul. Veramente.

Cos. E siatte buono ea non faje eoUà pe aw. (via)

Pul. Ah, ah, ab 1 (ride tggnffheraiameutt)

Ber. Perciò ridi?

Pul. Cbilló aè erede ohe ha fatto raniarrr a mme, e lo aggio tatto messere a Isso.

Ber. Come?.,

Pul. Accellenzia...non lo facite sapè annfociano; io (eneo dinto a la sacca 18 ducale de li suoje die ffim’ha coazignato lo paglietta pe ddarie a ìmo ’ sonco residue de no miojo de forra che rrnmmànette la mogliera soja a la figlia Canpendla.

Ber. (fra tè) (Roba de Carmefifetla! oli benora... mo m’aggio aeehiappà pare «tt 18 Ancate.) Evviva 1 tu hai fatto mesaece a lui, egli vuol for messan a te?..

Pul. Già.

Ber. (frati) (E ie fbedo «esserea fatte doje. Aggio fatto na trastoia annerata; Mo n’ aggio da fa ana sbtevognata pe ddà na risposta a sto barone paorco: sì, oso n’aocatto io vestito sdo da io reveoaetore... vaoo a Ssarno comm aggio ntiso da esilio saraeootto de lo masto de èasa, e...ebbi va io talento saio! chestft è na pensatainarrivàbllel) Oblia proposito; vuoi entrare a servir maà?

Pul. Servir lakli tra tè) (Chisto è ppadtont de ch«lla zenzella, e...) Gai monziù: quanto do [p. 25 càgna]nate a mmuà pe mmesata magnà e ccauzà?

Pul. Gui gg’h.

Ber. JSS22Veon m“à ’ beverai 0011 “uà- sei

Pul. Contentissimo.

Mer. Vieni con mila.

Pul. Ìammo ncoppa; mostratemi a tutto il corpo servizjaJon.

Ber. rfim»rdÌ;/ÌenÌ °ra C0D milà; Abbiamo fa£Za50rtanU88Ìma: », alè. (via per la strada)

Pul. Veng0 V ohl essi ca 8® ®ni8eria; co cchisto se nnf.« ’ ’e “"“e18 bu0D0 » e accossi me SJP0M “ GiusePPina mia- (via appresso)

SCENA VI.

Comparisce il Barone seguito da Anselmo e Giuseppina.

Bar. (nel colmo del furore) È inutile qualunque persuasiva: io son fuor di me, son >’.. £/op me!— figli® perverso!...

Ans. Ma che cos’ è?

Bar. Non voglio che m’interroghiate... lasciatemi gridare come un energumeno... lasciatemi strepitare, io non sono uomo, . ’®no un leone febbricitante!

Giu. 5Ja che v’è succiesso?

Ans. Nón potimmo sape.sta notizia che v’hanno scritta?

Bar. Sentite e raccapricciate, (legge) t Saler ’ no li ec. Signor Baróne. La sincera ser [p. 26 càgna]vita che da più anni vi professo, mi sprona a farvi conoscere che la vostra famiglia è nel procinto d’ essere sfregiata.

Ans. Essere sfregiata!

Giu. Essere sfregiata!

Bar. La mia famiglia!... specchio d’onore e dì sobrietà!...

Ans. Dicite appriesso.

Bar. « La venuta di vostro figlio in Salerno per affari di sua professione ha dato iuoc go, per codi dire, alla sua inevitabile perdizione: egli nel ’condursi in casa del suo cliente, il medico D. Angelo Rosa, s’ invaghì alla follìa d’ una tale Lauretta, cameriera di casa » —... innamorato d’ una cameriera!... mio avo sposò una duchessa, mio padre una contessa, e mio figlio una cameriera!. %. orrore... orrore!.. (seguita ^ a leggere) ia quale presentemente è stata condotta con la prossima Cognata ed un suo zio, dallo stesso vostro figlio, in 3arno >«. Condurre colei nelle mie ouovs proprietà... assassino! (c. s.) « La suddètta Lauretta, è germana d’uù tal Bernardo Uossa« sdutto, giovane onestissimo che trovasi in Napoli per suoi affari; e per esimersi dalla mormorazione non volea in verun conto seguirlo; ma egli, lusingandola, ha formato falsi documenti, e tra giorni diverrà suo sposo in Safno ».

Giu. Sposo!!

Ans.

Bar. Ah? che ne dite? posso sopravvivere a tal colpo?., ma però io sarò no tiranno... [p. 27 càgna]tra cannibale... Presto, presto: la vettura è pronta?

Ans. Voi avete ordinato 11 carrozzino.

Bar. Bene! monterò nel carrozzino, (avviandosi) voglio condurmi subito in Sarno.

Ans. Ma riflettete prinama...

Bar. Non vi opponete; lasciate che dia sfogo alla mia rabbia... apzi, sì... restate Lorenzo in casa, voi allestite il tutto, e quindi seguitemi in vettura: io vi prece; do nel carrozzino. Attività, amici, attività; e se per poco saremo negligenti f egli eseguirà l’infame progetto ed io senz1 altrò soccomberò dal dolore! (via precipitosamente)

Ans. Ora tu vide che auto riegoziò è cchistol ma nce lo bò, nce lo bò chili’ originalone! ba crisciuto lo figlio nzì all’ età de 24 anne senza farlo girà, senza farlo tratta, e cchillo a lò primmo viaggio ha fatto sta sciorta de pasticcio!

Giu. Nescia me) me sento.azzellì li ccarne!

Ans. (guardando per la comune) Vi, vi comme corre l... e ttu n’ autà siente semp’ a ppateto si vuò trovane contenta... Va, priesto, va neoppa; preparate, ca tra p<?co nciaviuomo da ncarrozzà.

Giu. Nciavite da ire vuie, che nce vengo a ffa io?

Ans. Non signore, non te voglio rommanì: acciocchè baje lo libero arbitrio da copp’ a la fenesta de fa li gghiacpvelle co cchillo francese ndiavolato!

Giu. Mo vaco, n’ ailuccate echio. (via suW appartamento) [p. 28 càgna]

SCENA VII.

Cosimo coll'asino e detto, quindi Giuseppina.

Cos. (dal di dentro>) Ab! a li muoffe de chi te dà a mmagnà... ah!

Ans. Chi è sto cafone che ttrase co no ciuccio?

Cos. (si presenta con V asino e s’ incammina verso il giardino)

Ans. (lo trattiene) Guè: addò vaje?

Cos. A ccarrecà., ’

Ans. A ccarrecà i che ccosa?

Cos. L’agrumme. (avviandosi e. ».)

Ans. Aspetta cancaro! qua agrumme?

Cos. Li pportualle, limone, cetrangole ogne ccosa che sta ncopp’ all’ arbore.

Ans. E cchi t’ba dato st’ ordenè?

Cos. Lo patrone.

Ans. Tu sì ppazzo?

Cos. Si ppazzo tu; io l’aggio conzignato pure 25 ducate de caparra...

Ans. A cchi? (gridando)

Cos. A lo patrone.

Ans. Tu è conzignato a lo barone...

Cos. 25 ducate.

Ans. Tu sì ppazzo... jesce fora.

Cos. Che haje d’asci fora li muoffe de -manimèta I Chisto e esanco mio.

Ans. Qua sangue tujo... jesce fora, non me £» ire nfantasio» (spingendolo)

Cos. A cchi vutte, ne, cerettola I che buò, die ppiglio lo ciucco pe la code e ite lo sbatto sfaccia!... Jo aggio da ire a ccarrecà.

Ans. (con impeto) Tu t’haje da ire a ffa squarta, lo patrone non ce sta, e ssi non aggio [p. 29 càgna]I’ ordene tn non può carrecà... mo t?» onco no ptinio cca; è capito stopparla?

Cos. E chiara marne lo barone.

Ans. E addò sta? chillo è gghiuto a Ssanio.

Cos. Sarno! Sarno! acciso dinto a lo mustamo che tiene!

Ans. Musiaccio! chi tene lo mustaccio?

Cos. Lo barone... lo patrone tujo.

Ans. Ah, ah, ah! lo barone Scassacancro co lo mustaccio! vuò dicere la perueca.

Cos. Perubca! chillo tene mustaccio e mmosca.

Ans. Aspetta) honora! tu è conzignato 25 ducale a cchillo che ttenèva lo mustacchio e la mosca?

Cos. Sè,

Ans. E isso ba ditto ch’era barone?

Cos. Sè.

Ans. È fatto na bella cosa!

Cos. (Jca che bonora è ssucciesso?

Ans. E ssucciesso ca’ t’è fatto fa messere: chillo non è lo barone, è no forastierò sconosciuto che beneva a ddisegnà dinto a lo crardino.

Cos. Chiammateme no nzagnatore! tu che bonora dice?

Ans. Dico che t’ è fatto porta pe la coda cchiù ggrossa de lo ciuccio che ttiene...

Cos. (nell’eccesso della disperazione) Uh! uh! uh! aggio perzo 25 ducate! uh!.’. io pe 25 ducate mme far ria dà 25 botte de cortielle... uh! uh! (dandosi degli schiaffi)

Ans. Guè, va te schiaffea fora.

Cos. Ma tu me ncanne, tu me mpapuocchie... io voglio parlà mo proprio co lo vero barone.

Ans. E bba te lo trova a Ssarno. [p. 30 càgna]Cos. Ora io mo proprio vaco a Ssarno, roe presento a lo barone perchè io li 25 duciate 1’ aggio conzignato a uno che s’ha pigliato lo nomme sujo, e ssi non me dà isso 25 ducate, io He donco 25 foche ncanna! Ah f ah! (sferza V asino e via)

Ans. Sè! te li ppiglie a lo banco de Io sciulio!

Giu. (comparisce cori cappello e sciallo) Gnò, ch’ è stato?

Ans. Capo sciacqua, testarda, bardasela senza giudizio!.. è visto chi è lo forassero?

Giu. È n’ommo de bone’ viscere.

Ans. Che bone vìscere... lo cancaro J chillo è no mariuolo.

Giu. No mariuolo! chi lo ddice?..

Ans. Chillo cafone che ramo se nn’ è gghiuto; lo quale iredennolo barone, ir ha conzignato 25 ducate. ’

Giu. Garosa me! che ddicite!

Ans. Viene, viene co minico, ca dinto ala carrozza te dico ìo ttutto.

Giu. Beue uaio! a lo munno non c’ è no parino de nietto.

Ans. Capo... capo... quanno non bolite senti li viecchie... se tutto è impostura, tutto è ffalzilà! (via)

Giu. Aggjo capito, addio forassero; mo mme piglio lo moretto ch’ è nnegoziante, e accossi potraggio ire co la carrozza pe Nnapolè.(via)

Fine dell'atto primo. [p. 31 càgna]ATTO SECONDO

SALA D’UNA LOCANDA IN SARNO Notisi che la detta sala condoce a diverse parti. A dritta mena nelle stanze interne, e da queste in an giardino che porta alla strada; a sinistra è l’entrata generale per, tatti, che sporge alla scala grande. Nel fondo V’è un armadio a muro; a dritta sai davanti una porla cooducente ad una gran loggia e da qoesta in vastissima cucina. A sinistra similmente snl davanti an’ altra porta che segna l’ingresso di ana stanza. Debbonsi marcare con attenzione quest’ entrate pel gioco degli attori che dovrà saccedere.

SCENA I.

Cosimo e Francesco.

Cos. (disperandosi) Lassarne sta, lassarne st%.

Fra. Ma che bonora, te ane vuò morì, o che?

Cos. Comme, a pperdere 25 ducate, e pperderle accossì vierde vierdèseoza’ lo sfizio mio, senza potè dà na ventina de panèsiglie a lo mariuolo!.. eh! ma isso cca ba dda ve [p. 32 càgna]dì; lo barone Scassacancro cca ha dda capità.

Fra. (con sorpresa di gioia) Comme comme» lu a isso vaje trovanno f uh ccompagnone mio, che bella combinazione!

Cos. ()h? è stato?

Fra. Io t’aveva da manna a cchiammà a Nnapòle, io t’ aveva da mannà sta lettera justo pe... tè, tè (lo abbraccia e bacia)

Cos. Tu vuò parla; che mmalora t’afferra?

Fra. Zitto... che nnisciuno nce sente: tu quanto è perzo?

Cos. 25 ducate.

Fra. E ssi è perzo 25 ducate io nne faccio guadagna 100 a tte, e 100 me n’àbbusco io. Sì ccontento?

Cos. Contentode: ma comme?

Fra. S’ha dda fà na piccola operazione; (con tu ita precauzione) s’ ha dda fa spari lo barone Scassacancro dà copp’ a la terra.

Cos. Nespola! e ttu?...

Fra. Zitto: nisciuno nce sente: tiene cca sta lettera, te la ’manna D. Ciccio, lo patrone de casa tujo, e l’ esattore de lo fratiello de T antico’barone che mmorette tiempo fa: liegge. ’

Cos. E lloco te voglio; io pe lleggere leggio, ma li llettere non canospo tanto bone. (interpreta stentatamènte) c c, a, r, car; r, o, ro: carro...» e ch’ è nniozio de vino?

Fra. Tu che hbino! liegge buono.

Cos. Non è ccosa pe mme Francì, liegge tu.

Fra. Cuò., breve breve, l'affare è cchisto; l’esattore de lo muorto che se chiamma D. Ciccio Pacchia, a p prò fi «annose de la bontà de lo patrone sujo ntiempo ch’era vivo. [p. 33 càgna]ha spaccato, pesato... nzomma ha fatto no pasticcio. de na nova manera ncoppa a li pproprietà... capisce?

Cos. Aggio capito; ha falto de tatto pe ddichiararse otto carrìao manco no rano.

Fra. Sè; e cche bò di: otto carrine manco no rano?

Cos. Quanto fannb otto carrine manco no rano?

Fra. 79 grana.

Cos. 79 dinto a la smorfia non fa lo mariuolo? ergo 9 D. Ciccio è stato sempe ed, è otto carrine manco no rano.

Fra. Basta, chello ch’ è stato è stato, onne mo non se po piglià principio de ii rrennete pe ttanta cincorenza ch’ ha menata sto cancaro de D. Ciccio... ma Cuò, è rroba Bgruosso, che berefecannose ile spettarla no muorzo de ^galera. Lo barone Scassacancro, che ccomme se dice; pe ltreccalle se farria accidere, ha dda veni dimane pe ppiglià possesso de tutto...

Cos. Dimane! chillo si non è arrevato, a minomente te lo vide a Ssarno.

Fra. (fuori di sè per la gioia) Veramente! tiene cca, tiene cca. (lo àacia)

Cos. Va dicenno mo.

Fra. D. Ciccio tene tutte li speranze soje ncopp’ a ddoje perzone fidate: ncopp’ a mme, e ncopp’a tte; lo remmedio nuje duje 1l’ avimmo da dà a sto nuovo erede ch’ ha dd’arrivà... capisce? sto barone... si4erede se nn’ ha dda zompà nietto, nietto. Appena ch’è arrivato, co ia sduSa de portarlo a la casa de T esattore D. Ciccio,- te lo carrìe a la.

via de la massaria, e Uà... capisce? [p. 34 càgna]Cos. Me faccio meraveglia! io non faccio stl

, ccose.

Fra. Mena mo... non è lo primmo affaruccio che avimtnp fatto: ar ricordate, noa faciste mo, ri mogliereta magnanno ova toste?

Cos. Ma la facette morì sazia.

Fra. E cchisto lo faje morì diuno.

Cos. Sta barone tene partente?

Fra. No figlio che io non canoseo... ma D. Ciccio ha ditto ea pò è ppenziero sujo de farlo sparì.

Cos. Vuò sapè la verità 9 io tenco no guarzone chiammato pe ssoprannomme Strozzogalle; appena comparesce lo barone lo farraggio servì da Strozzagalle.

Fra. Mo va buono vi, so cciente ducate pedono che nciabbuscammo e ppotimmo fa n’affare de li nuoste. Miette cca la lettera.

Cos. No 9 scusarne, la voglio |eoè dinto a la ’sacca mia; Chisto è lo brevetto pe nce fa esigere li 200 ducate. (la conserva nella sua saccoccia) A pproposeto, sto barone io non faggio maje conosciuto.

Fra. Non ce penzà, lo ssaccio io che cchià dde na vota l’ aggio visto a Noapole: isso assomma, io te faccio lo siguale, e ttu...

Cos. Lo porto a la scola 9 aggio capito.

Fra. (guardando per la porta comune a sinistra) Veneno gente...

Cos. (senza fissar lo sguardo per V indicato luogo) Non me voglio fa vedè a nnisciuno, perchè tutto Sarno sape ca io sto a Nnapole: mo che avimmo da fa sto carezziello a lo barone, non?orria.

Fra. Haje ragione; mo è nnecessario de sta nascunto all’ uocchio de lo vecenato; sa [p. 35 càgna]che baò fa? scianetenae pe lo ciardino, e ppe cchella pohicella te truove dinto a la casa.

Cos. Dice buono. (via frettoloso per la dritta)

Fra. Si non fa Chisto l’amiciziella a lo barone, nce la fa n’auto, e sse perde sta bella pròverenzia.

SCENA II.

Bernardo presentasi con l'abito del barone che aveva fra mani il servo nell’ atto primo; e Pulcinella indossa una ricca livrea.

Ber. (con la massima vivacità) Bongiur Monsiù.

Pul. (imitandolo) Bougiur...

Ber. Ebbien? (impone silenzio a Pul.)

Pul. (sommesso) Parlevù.

Ber. (a Fra) Set volr otel?

Fra. State a Pportell? gnernò state a Ssarno.

Ber. Noa Portei... olel otel.

Pul. (c. s.) Prattel > prattel, avevù compri?

Ber. (a Pul.) Ebbien?..

Pul. (c. s.) Parlevù.

Fra. Sigoò, si non parlate napolitano io lo svizzero non,lo canosco.

Ber. Svizzero!

Pul. Noi parliamo puzzolano..

Ber. (e. s.) Alòns)

Pul. (c. s.) Parlevù.

Ber. Questa è locanda?

Fra. (morsi, è la primma e U’ uneca locanna bona che sta a Sarno.

Ber. Ditemi: conoscete il barone Scassacancri?

Fra. (tra sè) (Negammo.) Gnernò, signò, s’ aspetta a namomente. [p. 36 càgna]Ber. Lo sò: è vero che fya molte pertinenze?

Pul. É vero che ha fatto impertinenze?

Fra. Io non eapesco; pertinenze che bò dicere?

Ber. Ha delle vistose proprietà?

Fra. Sicuramente, quase tutto Sarno è le sujo; figurateve che tutte stanno anziuse de vedè sto barone.

Bar. Come 1 non l’ hanno mai veduto?

Fra. Gnernò; non lo conosce manco l’ esattore ’ sto barone è stato sempe fora, e dda no mese è arrevato a Nnapole.

Ber. (tra sè giubilando) (llh! ccomrae va bello!) Ebbene, andate dall’ agente, da’ filiamoli,- e dite loro che preparassero qualche somma...

Fra. Vuje che ddicite? cca nc’ è Don Ciccio l’esattore. Iter.,Che Cciccio e Ppasticcio 7

Pul. Pallòttola... eccetera...

Ber. Allons! andatè subito, e dite a tutti che il barone è arrivato.

Fra. È arrivato! uh òche ppiacere! ftra sè) (nce simmo bonora!) Mo ve servò. (<avviandosi)

Ber. Attandrè. Pul (contraffacendolo) A ttre a «re.

Ber. Questa stanza è di passaggio?

Fra. Chesta gnorsì, (indicando il tutto secondo V annotazione fatta al principio del secondo atto) perchè da Uà se va a lo ciardino che ppure sporge a la stradù maestra: Chisto è no stipo a mmuro,chesta è ha stanza; e cca è l’ entrata de na loggia che ntroduce a na gran cucina.

Pul. (inebriandosi) Cucina! bel, bel cucina!... Alè, alè, mandate subito una eotta di ver micelloii.

Fra. Mo ve servo.,(avviandosi per la cucina) [p. 37 càgna]Ber. (trattenendolo) Ah, neppà... più tardi.

Pul. Perdonò monsiù; sge aveva il cancaro ncuorpo e voglio mangè.

Ber. Ma questo non è il momento di pranzo; io mangio sempre alle quattro di Francia.

Pul. È io mangio alle 12 d’ Italia^ di Francia, e di Pozzulo. Alè...

Fra. Va bene, mo mino ve servo, (via per la parte del giardino)

Pul. (risentito) Eccellenza, sge sui e vvù mo avimmo da, mangè, sino io faccio lo quarto; capevii?

Ber. Bien, bien. (facciasi il seguènte dialogo con tutta precauzione) Donè muà. (mette la mano per esiger danaro)

Pul. Che sciosc?

Ber. Arsgià.

Pul. Avete asciato? che cosa?

Ber. Donemuà il danar che hai in saccja.

Pul. E quello è mion.

Ber. Lo conservo muà.

Pul. Ah! lo conserve tuà? gui, gui: piglievù. (glielo dà) ’

Ber. (conserva la borsa in sacca f e quindi rincula in un cantone sul davanti, parlando tra sè, senza curarsi di ciò che dice Pulcinella.) (Oh! lassarne fa sto cunto mo: io teneva 25 ducate...) (seguita a conteggiare)

Pul. (con tuono) Io di questi 18 ducati, eccellenza, avrebbo pensato di comprarmi una pareglia di storni.’ comme vi pare?

Ber. (Aggio spiso 10 ducate li vestite, e vvinte carrine so sservute pe lo viaggio.)

Pul. No, no; ajggio penzato meglio, me voglio compra due ciucci, eccellenza; per [p. 38 càgna]chèli cavalli abbaiano troppo: comme ve pare?

Ber. (Rummaneno 31 ducate, e cco La penzata che aggio fatto fìgnennome barone, na centenaro de pezze l’ avraggio da remmedià; e ppò... e poi si batteranno le calcagna.^

Pul. No; manco li ciucce j sti ppovere bestie sono soggette alle convulsioni eteriche; mo m’accatto due porci, eccellènza.

Ber. (entusiasmandosi ira sè) (Oh comme va bello: me porto a Ssalierno...)

Pul. Sì, due pprci: animale grasso e ssaporito: comme vi pare eccellenza? Monzù, comme vi sembra la mia ponzata?

Ber. (Trovo sorema Lauretta, me sposo Carmenella...)

Pul. Monzù,e rispondè muà...oh! Monzù, monzù, a tte dico monzù...

Ber. (senza rammentarsi deir assunta finzione gli risponde con tutta rusticità) All’ anca de li muoffe de mammeta e de pateto! tu che mmalora vuò da me?

Pul. (fuori disè) (Chesto chedè! monzù parla comme a no vastaso de dogana!)Ne, monzù...

Ber. Chedè, parla? che ccancaro scopierto t’è succiesso?

Pul. — Cancaro scopierto! — eccèllenza, cancaro scopierto pur’ è vocabolo francese?

Ber. (prorompendo in riso) Tu che francese e (francese...Ah, ah, ah...

Pul. Eccellenza... monzù...vuje site lo barone?..

Ber. Ah, ah, ah!

Pul. Eccellè, non ridere.«.eccellè, fatte asci lo spireto...

Ber. Ah, ah, ah!.. [p. 39 càgna]Pul. Eccelle, ca nuje nce pigliammo a ccauee. Eccellè, damme li 18 ducate mieje.. •

Ber. Sè! mo 11’ haje cchiù

Pul. Eccellè damme li denare^ o Io le schianta eccellenza e buono.

Ber. Tu ch’ eccellenza» io aò no paccariatone sfasolato che non saccio comme fa pe ccampft.

Pul. Uh eccellenza mariuolo 14 non si Io barone!

Ber. Tu qua barone?

Pul. Damme li 18 ducale mi^je.

Ber. Ah, ab, ah!

Pul. No, damme li denare, ca sino vaco a rincorrere.

Ber. Va ricurre... va ricurre.,.e bt si non haje 12 anne de galera.

Pul. Vaco ngalera f

Ber.. Già, il denaro tu non l’haje trafugato?

Pul. L’aggio affocato! gnernò.

Ber. Commeno, comme no... mariunciello che ssì: tu co cche ccoscienza pretienne sto denaro; tu co cche’ccoscienza lo puorte dinto alasacpa...

Pul. E ttu co cche.ccoscienza te li’ haje pigliato?

Ber. Io Paggio fatto pe te sgravà.

Pul. E io voglio e$sere prieno; aggio da dà cunto a tte?

Ber. Oh! abbreviammo, si non le stqje zitto mo le lasso e mme ne vaco.

Pul. (tra $è) (Io mo cpmme faccio? sub... in una sponda straniera... auh I comme nce só ccapi tato...)

Ber. Statte zitto, eoa stonco io pe tte, non te mo» rarraje da la famma.

Pul. E ttu chi si? comme te chiamate?

Ber. Io me chiamino Bernardo Uossasciutto. [p. 40 càgna]Pul. (con vivo cuore) Uossasciù, ca io so nelle tue mani sa... Uossasciii, ca io sto cchiù asciutto de te... Uo&asciù, non aie ngannà.

Ber. S’è ccapito va...pe te fa conoscere quanto te voglio bene: tè. (lo bdcia)

Pul. E cchisto chedè? ’

Ber.; No vaso. (

Pul. E ttu pe no vaso vuò 18 ducate?

Ber. Nò, voglio dicere che cchisto è no signale d’amicizia; non dubità, lo carattere tujù è bonaccione e tte voglio sempe co mmico.

Pul. É lo vero? (giubilando)

Ber. (con insinuazione) Me spasso io, te spasse tu.

Pul. È lovè. (c. 8.)

Ber. Me vesto io, te vieste tu.

Pul. Che bella cosa!

Ber. Magno io, magne tu.

Pul. Magno...bello verbo attivo!

Ber. Sto ddiuno io, staje diuno tu.

Pul. Bruttò verbo difettivo 1 Ber è Va,’siente tao e zzitto: io m’aggio puosto sto vestito, sta perucca è aggio fatto mettere sta livrea a tte, saje perchè?

Pul. Perchè?

Ber. Perchè io m’aggio da fegnere lo barone Scassacancro, e ttu lo criato.

Pul. Uh bouora 1 e pperchè mo Chesto?

Ber. Perchè sto barone ha dda veni cca pe se fa conoscere, e avrà dda esigere no sacco de mbrumma.

Pul. Ah! dice tu mo, che Ile sparagnammo nuje Io 1 ncommodo de veni...no momento; ma li deìpare chi ir avrà da esigere lo barone o lo , crjato?

Ber. Lo baroae. [p. 41 càgna]Pul. B cquanno è cchesto,tèceote la livrea, voglio fa io lo barone.

Ber. Non signore/ tu non tiene la faccia pronta comm’a la mia.

Pul. Ma pò quanto mme ipettarrà?

Ber. La romita.,

Pul. Uh! cche bella sciorta I una cosa te prego, subeto che aggio fatto dènarè voglio ire a Nnapole a sposare Giuseppina mia.

Ber. Che ddice scioccone!

Pul. No, no, non q’ è sceroccone che ttengo: ncopp’a la legge non c’è lo core; chelta figliola me ntereèsa, me fa compassione, e io Paggio da sposà, e ffarla erede di tutte le mie miserie.

SCENA III.

Francesco, quindi Ciccillo Tuppè e detti.

Fra. (comparisce dalla dritta) Signò, scusate, so benute cierte foraggere pe lo ciardino, hanno da passa pe cca, permettile?

Ber. Gui, gui. (Francesco rientra)

Cic. (comparisce dalla cucina e con tutta flemma dice) A lo couimauno de voscelleozia: cca sta Ciccillo Tuppè lo priiumo ^iovene de la cucina; si volite che ve inengo...

Pul. Addp?

Cic. Si volite che ve mengo duje scule e ramagne...

Pul. Vuoi dire due giungili, ossia vermicelli? Cic, Accellenzia sì.

Pul. E ba non perdete tièmpo: mèneno pe ramo no miezo cantaro, po te riegole, e...

Ber. Cbe mezzo canfàro... che di te... ora non èr [p. 42 càgna]tqmpo di mangiare, se se parla piò tardi.

Cic. Comme commanna l’accellenzia vosta.

Pul. Che celiiù Uardo, io mo voglio mangia perche lo viaggio m’ ba mòppito una irregolare felippina.

Ber. Ho detto piò tardi, andate Ciccillo.

Cic. Non ce vò auto. (avviandoti)

Pul. Ciccì, portarne lo mmagnà.

Cic. Ma l’accellenzia sua commanna accossì e accossi ba dda essere, Ciccillp Tuppè sape l’obbrego sujo»

Pul. (minacciando) Tuppè, portarne lo mmagnà, Tuppè ca io te donco no caucio nell’ entremè...

Cic. V’aggio dittcr ca io sto a lo conqmanno, quanno sua accellenza me dà la voce io ubberisco. (rientra)

Pul. Io t’aggio ditto che ttengo famma, io voglio magna.

Ber. Cchiù ttardo, bonora!

SCENA IV.

D. Carlo, Carminblla e Francesco.

Car. (dal di dentro) S’è capito, s’è capito; questo quartino non fa per noi. ’

Ber. (fuori di sè per aver ascoltata la voce della sua fidanzata) La voce de Carmenejla la nnammorata mia! (fissa lo sguardo a dritta) Sì, la vi Uà, vene co na setiglia. (si toglie veementemente V abito, e lo consegna a Pulcinella) Tiene cca.

Pul. Perchè?

Bar. Tiene, fuss’ acciso I miettete sto vestito, [p. 43 càgna]« ddamme la livrea loja. (scambiano gli abiti ed i cappelli)

Pul. Ma pozzo sppè lo pperchè?

Ber. Carmenella non m’ha visto maje vestuto da barone, me potria scombina... li bìcca ca veneno: auh! quanto pagarria pe ssenti de che se tratta: aspetta mo, m’ annasconno dinto a lo stipo, (sì cela nell’armadio)

Pul. Tu vi che auto sette! m’ha vestuto da barone e ssi... eccoli cca, mettimmoce cca ddereto e sentimmo de che setratta. (resta nel fondo)

Fra. (comparisce dal detto luogo precedendo i suddetti attori: notisi che Carminella indosserà abiti nobili e cappello corrispondente) Signorina, non andate in collera; quando non vi piace quel’ quartino a pian terreno, io vi farò vedere un altro quartino da quest’ altra parte, (indica a sinistra).

Carl. Precedici un tantino.

Fra. OrH vi servo, (via)

Carl. Cara Carminella, questa novità mi sorprende! far trattenere Lauretta con tuo zio in casa d’ una sua conoscente! e perchè?

Car. (sottovoce, in modo che• nè Pul. nè Bernardo possano ascoltare) (0. Cà; chel o che ve prego, non mettìte vocca a ccheilo che ffaccio io, ca sino nce guastammo.)

Carl. (Ma...)

Car. (Che mma e rama Carmenella ve pò ngannà?)

Ber. (mette la testa at di fuori delV armadio e domanda furtivamente a Pulcinella) (Ne, cg9ha ditto?) [p. 44 càgna]Pul. (Ca sè vo nzagnà.) (Bernardo rientra e chiude)

Car. (Quanno veniste ve a Ssalieruo ncasa ’de lo miedeeo cliente vuostò, e ve nnamrnorasteve de Lauretta la cammarera, a cebi lo cconfidasteve apprimmo? a Ccarmenella la serva: (indica sè stessa) chi ge frapponete ih questi amori nobili e ignobili? Carmenella... chi ave accompagnata Lauretta? Carmenella... chi ve guida, chi ve consiglia...

Carl. (Sì, hai ragione: tu sei la mia protettrice ed in simili affari godi la predilezione, perchè hai un’abilità sorprendente.)

Car. (Chià chià... badate comme parlate ca io so mmatarazzo e no saccone, e io pure tenco lo ncappato mio... e ppò si mme mpegno, chella m’ha dda essere cainata onne...)

Carl. (Ziua zitta; non montare in Collera.)

Car. (E cche non montare in collera... vuje compromettite la repetizione mia...)

Carl. (Replico -non mostrarti adirata, perchè io P ho detto ’ per celiare.)

Car. (B cceliate di altra maniera: non mi mettete nella professione pollastriatória.) (parlano fra loro)

Ber. (ripete la ste s’ azione, dicendo) (Haje capito niente?)

Pul. (Àggio capito quaccosa.)

Ber. (E cche? j

Pul. (Che stara mo smiccianno na torcia a cquatto lucegna.)

Car. (Vuje volite trova no quartino pe Llauretta e gnore zio? giacchè v’ è zzompato lo schiribizzo de sposà cca e nno a Noapole, volite fa li ccose in regola? ve pare [p. 45 càgna]- arche Llauretta va nzunxoUanno pe tutto Sarno? non sitespuse ancora, perzò me pare

die non conviene de farve vede pe ssotto

a lo vracoio: ma chesta che stravaganza è? perchè non sposate a Noapole a la casa t de lo patre vuosto?)

Carl. (. Perchè voglio recare una dolce sorpresa al genitore presentandogli la mia amata consorte. (tra sè) (Se fosse a tua cono! scensa che tutte le carte sonosi falsificate per ottener la mano di Lauretta...)

Car. (Ah! mo aggio capito; pe Ile fa na copro)

Ber. te. s.) (Che ddiceno?)

Pul. (Yo fa na campagnata.) (Bernardo ti chiude di bel nuovo)

Car. (Che ppiacere!... sposane no galantommo de chesta manera; Lauretta non era degna de...)

Carl. (Anzi: le sue gentili maniere, il suo tratto docile sono le belle prerogative che la distinguono, e ragionevolmente devesi accompagnare con un galantuomo.)

Car. (Òh! no lo ffaccio pe ddicere, ma comme chiacchiarea cognatema, manco la prirnma crosca: chella è stata cresciuta da la mamma de latte ch’ era Romana mammema pò era de lo Mandracchio, e per questo nelle mie chiacchiariate nce sentite no rrorrò obbricato, comme fosse \scherzevole) so ccaruta pe la rariàta, e. m’aggio rutto lo ritillo piccerillo de lo pere.

Carl. Ah, ah, ah! sei graziosa, ma graziosa all’eccesso. (prendendole la mano)

Car. (inchinandosi) Oh! oh! è la vostra quèllita. [p. 46 càgna]Ber. (da.lt armadio quoti per inveiti) (Ah! oca moli’sbenfro!)

Pul. (tra sè) (Chtete duje se vroccoleano, Bernardo se contorce, e io smiccio 1 fi comae va bello!) (lart. Vedrai, vedrai Carlo di che sarà capace appesa successo lo sponsalizio. (pronunzia casualmente quest’ ultima parola u voce aita e seguita « parlar sottovoce)

Ber. iit’Pul.) (Aggio nliso lo sposalino! tra obi?)

Pul. (Tra me...)

Ber. (Tra,te! e eco cchi?)

Pul. (confuso) (Co cqhì? oo He.)

Ber. (Ta mortalor’ dice!)^.

Pul. (Tu die ccancaro one vulte!) (Bernardo novellamente si chiude nell’ armadio) ar. Grazio grado’, ne «> ppersuasa. (s’avvede di Pulcinella) Oh! cca non starnino sule.....

Carl. (inchinandosi a Pài.) Signore ’ i mia rispetti. ’

Pul. (similmente) Le mie tribulazioni.

Car. (c. s.) Vi salmeggio.

Pul. (a s.) Vi rispooneggk).

Carl. (tra sè) (Quell’ abito non ni e nuovo.) (fissando gli arnesi di Pulcinella)

Car. Chi site si è liecito?

Pul. Il barooe Scassacanchefo.

Car. Nfaccia alei

Pul. Gt8z1^

Car. (trà si) (Scassacancro! barone, costui ha preso il casato di mia famigliai., amerei conoscere di che si tràtla, perchè ia sua persona potrebbe giovarmi nella presente

circostanza.) [p. 47 càgna]

SCENA V.

Francesco e detti.

Fra. (dalla sinistra) Signò, Io quartino a lu 2.° j>iano è pronto per voi; volite vedè si ve piace? venite pirfe pe lo Giardino.

Carl. Eccomi, (a Pul.) Signor padre, vi bacio la mano.

Car. Padre!

Pul. (tra sè) (E, sto figliò quanno maje lf ag« gio figliato 7) Che dite?

Carl. Che dico? siete voi il barone Scassacancro?

Pul. Già. Car/.Ebbene, non conoscete vostro figlio D> Carlo Scassacancro? (indica sè stesso)

Pul. (tra sè) (E si’ auto cancaro da dò è asciuto?)

Carl. Bramerei parlarvi da solo a solo: diamoci un appuntamento; dove credete?

Pul. Al caffè deljs chlerchie Carl. Non comprendo.

Pul. Al caffè delle mezolle, capite? del zuco d’ agresta. CarP Aggio capilo: vò dicere a la cantina.

Pul. Ecco, vedete quella signora ch’ è nnata nella zona torrida del Molo piccolo, come conosce questi’ luoghi.

Carl. Oh! oh! un barone in cantina! ci vedremo al caffè della...

Pul. Disperazione forse?

Carl. No ’ della Felicità. Vi bacio novellamente la destra.

Car. (inchinandosi^ Mille condoglianze.

Pul. (c. s.) Mille patimenti. [p. 48 càgna]Car. (avviandoti) (A cebi nce to male!) (via con Carlo e Francesco per ia destra).

Ber. (spalanca le pòrte dell’ armadio ed esce furibondo avviandosi pel luogo ove tono entrati i precedenti attori) Na inasta, na mazza mmalora!

Pul. (trattenendolo) Cb’ è stato?

Ber. Lassarne: voglio caccià Io core a cchella fauza briccona!

Pul. Aspetta, addo vajè?

Ber. Non me parla ca co no muorzo t’ àbbeleoo,! (entra fuori di sè)

Pul. E cchisto ha perzo li tittole co ttnttò 16 cornicione. Uh bonòra! e io mo che ffacciò cca? ’

SCENA VI.

Ciccillo Tuppè’, quindi i/Babone Scassacahchi

Cic. (dàlia cucina) Cca sta Ciccillo Tuppè.

Pul. Che buò?

Cic.,Mo pozzo apparicchià la tavola?

Pul. Apparecchia.

Cic. E ppozzo mena li vermieielle?

Pul. Mena.. C&. Non ce vo auto. (rientra) Pul- Oinmacaro me potesse fa na magnata prinma che assommano ‘li pàeèare, perche io sento no brutto lieto de sto genere molignatorio,

Bar. (dal di dentro) Tutte le locande ia moto, tutte,, per Giove I (comparisce dalla porta comune a sinistra) mi si è detto che mio figlio sia prossimo ad impalmare la civettuola... ho lasciato D. Anselmo in [p. 49 càgna]dietro, e son corso qui comme un de» monio. /

Pul. (fra sè) (Chi sarrà sto scorpione?)

Bar. (sem? avvederti di Pul.) Locandiere, cajmerieri, dove siete? non s’incomoda nessuna bestia a ricevermi? (lo fissa) ah! eccone una.

Pul. (ritenuto) Contate bene perchè siamo dne.

Bar. Signor mio, voi avete dèli’ arroganza...

Pul. E voi della tracotanza.

Bar. Sapete ebe io sono un barone?

Pul. E sapete voi che anch’io vengo dalla stessa digestione?

Bar. Digestione!

Pul. Ossia effervescenza.

Bar. Effervescenza!

Pul. Ossia discendenza, reminiscenza, convalescenza... che ffuss’ acciso to e Donna Vicenza

Bar. Uh! uh! che confusione: dovete dire — schiatta—

Pul. Dovete dire — crepa —

Bar. A me crepa!.. signore, io mi fornisco di stocco!

Pul. Sigoore, io mi fornisco di baccalà!

Bar. I9 vi sfido.

Pul. Io vi sbudello.

Bar. Ah imbecille, codardo...

Pul. Coda de lardo al barone Scassacaocaro!

Bar. (sorpreso) Al baione?...

Pul. Seassacancaro.

Bar. Al barone?..

Pul. Seassacancaro, che te pozza scassà dinto a la noce de lo cuollo!

Bar. (tra tè) (Come I costui ba preso il mio 3 [p. 50 càgna]- » nome. e... per Diogene! (fissa tabito) Non m’ era avveduto deir abito che indossa.: sì, è precisamente quello da me consegnato al rivendugliolo... bo capito! per presentare il mio carattere e dar braccio alle indegne operazioni di mie figlio! Uh! uh! uh!...)

Carl. Cbe mmalora l’afferra?

Bar. Birbante!• dpv’ è?

Pul. Chi?

Bar..Non fare lo stordito: mio figlio dov’ è?

Pul. È io che ssaccto?

Bar. Non lo sai, eh? assassino, manigoldo!

Pul. Belli titoli baronali!

Bar. Ma però non la vincerete., no: non giungerete alia perfida esecuzione... io potrei avyalarmi detta mia autorità, potrai dar delle dispostatooi per... ma. no: voglio sorprenderlo nel tremendissimo momento che... assassini! ingannare ’ un barone! un sangue puro! un sangue nobile \ ma l’ avrete da far con me, sì I’ avrete da far con me, (entra.usila loggia che conduce in cucina)

Pul. Bene mio cca ch’è ssucciesso?... avesse d’ ave quacche mmazziata!

SCENA VII.

Ciccillo, indi Berna ano.

Cic. Io aggio menato.

Pul. Uh! n’ auta vota Tuppè: Chisto che sseccatura è?

Cic. Volite quacche piatto dellicato? [p. 51 càgna]Pul. Sèi

Cic. Mo ve faccio na mbomma. (rientra)

Pul. Ncopp’ a la noce de lo cuo Ilo!

Ber. (ritorna fremente di rubbia) Auh bonoral.. so asciuto tutte duje pe lo ciardino: ma mo hanno da torna...

Pul. (sottovoce, e nella massima agitazione) Berna...)

Ber. (senza badargli e parlando fra sè) Gallaria de li desterrate, mo mmo nce vedimmo.

Pul. Uossa9ciù?...

Ber. (e. s.) N’acciso e nompiso aggio da fa.

Pul. Uqssasciù?.,.

Ber. Comme, fa sto ppatenno tanto pe mme la sposa, e essa briccona mme tradesce pe no Dòn Liccardo!

Pul. Berna, mm&lora... Berna, cancaro... Derni, discenzo...

Ber. Chedè?

Pul. Cca è benutò nrauto barone, avpssemo da trovarce co lo feudo in dibattimento?

Ber. N’ auto barone! comme?.

SCENA Vili.

Cosjmo e detti, quindi Francesco (I)

Cos. (dal di dentro e propriamente dalla parte del giardino, dice a voce aita) Franci, (1) Wotinsi con particolarità le seguenti annotazioni [p. 52 càgna]bonora! io barone è arrivato, Io l’aggio saputo.

Pul. (JUori di sè) La voce de Cuosemo lo priacipale! leva, leva cca, damme la livrea; ca si Chisto mme vede, me scombina. (scambiano gli abili)

Ber. Lo senzale! e addò fuimmo?

Pul. Mpizza, mmalora! (indossa la livrea) Cos< (c. s.) Cca ncopp’ è ssagliuto: mo veco io.

Ber. Vene da cca! anoasconnimmoce... (entra nell’ armadio e chiude frettolosamente, in modo che Pulcinella non ha tempo di celarsi)

Pul. Aràpfe, aràpe.

Cos. (comparisce) Ne bell’ ò? avisse visto.. uh! (ravvisandolo) tu staje lloco!

Pul. (intimorito) Statte cojèto, ca io tenco na livrea baronale, sà; slatte cqjeto, ca piglio Io padrone co tutto lo feudo, e tte lo sbatto nfaccia! (retrocede in modo che Cosimo trovasi di spalle vicino all’ armadio)

Cos. A mme! ah! cca io te voglio... (mette la mano in sacca per prendere un coltello, cava in prima il fazzoletto e quindi n’ estrae l’arma; per la fretta si fa cader dalla saccoccia la lettera letta nel principio deir atto, Bernardo che fa capolino se ne avvede, la raccoglie e subito si rinserra nell’armadio)

Cos. Te voglio passa 1l’ arma! (quasi per ferir Pulcinella)

Pul. Ajuto 1 (alle grida accorre Francesco e sì frappone) [p. 53 càgna]Fra. Che rroba’ è?... Cuò, Cuò... staje mbriaco! te pare tiempo Chisto...

Cos. (minacciando) Haje ragione, ma a bello e nc’ è ppoco.

Pul. (per la venuta di Francesco prende coraggio e con finta bravura dice) Sè... mo mme fa je mettere appaura co sto licoliamiento! te voglio dà na capozzata al basso ventre che t’ a^gio da scamazzà lo campanaro co ttutte li campanielle!

Cos. Mosca... mo non parlo.

Fra.- Nzomma tu che stive dicenno?

Cos. (sottovoce) (Lo barone è arrivato.)

Fra. (Tu che ddice? e addò sta? io non Faggio visto trasì.)

Cos. (Starrà fora all9 auta cammera.)

Fra. (Va vide tu; io vaco abbascio a lo ciarlino perchè sto acconcianno no quartino pe do passaggiero, e non pozzo lassà: si lo vide mme daje na voce.) Co’. Va bene.’ (a Pul.) compà, parlarrimmo. (piano: Francesco pel giardino a dritta e Cosimo per la porta comune a sitaatra.) ’

Ber. (mette la testa al di fuori dell armadio) Pulicenè!...

Pul. Puozz’ avè na fuoa ncanna! te ne trase tu sub Iloco ddinto, e io mo era acciso da Cuosemo.

Ber. (con tutta precauzione) E ccaduta na lettera da dioto a la sacca de Cuosemo I che ssarrà? (legge sottovoce e quindi con eccessiva sorpresa dice) Misericordia! che orrore! nientemeno s’ha dda portà no signore dinto a na massaria, e lià s9 ha [p. 54 càgna]d’accidere! è cchi sai;rà sto sveiy arato? Eh! io non me parto da cca, voglio mena mazzate comm’ a n’ aguzzino.

Pul. Mo m’afferreno fi discenzielie! bene mio quanta mbroglie!

SCENA IX.

Barone e Ciccillo.

Bar. (dal di dentro a voce alta) Questa è Ip cucina, lo so, lo so, diavolo! ma □ locaodiere dove ri trova?

Ber. (nell’ ascoltar la voce del barone, tramortisce) Lo Barone Scassacancro ccà f ah! cca mo so ffritto... priesto, cagnammo li vestite: damme la livrea n’ aula vota.

Pul. Ria...

Ber. Damme la livrea » priesto!

Carl. Mannaggia 11’ora che l’aggio visto! fscam• biano gli abiti)

Ber. Eccolo cca che bene. (rincula in uji cantone nascondendo il volto)

Cic. (precede il barone dicendogli) Non ve nco 4 jetate signò, mo v’accompagno io (a Pul.) Accellenza, aggio menato li maccarune.

Pul. Fuss’ acciso tu e lloro!

Bar. (a Cic.) Sbrigati, diamine!

Cic. Eccome cca! (viano per la comune a sinistra)

Ber. (a Pul.) Comme! lo barone steva cca, e ttu non me dice niente, mo comme s’arremmedia?

Pul. Bernardo mio, io sento na puzza de varrate! [p. 55 càgna]

SCENA X.

Cosimo, Barone, quindiFrancesco, poi Ansiamo e Ghjseppina. in seguito Carminella, ed in fine’ novellamente- Cosmo, Francesco e Ciccillo; tutti a concerto.

Cos. (di dentro a voce ulta) Lo locanniero sia da chella parte..

Pul. La voce de Cuosemo I damme la livrea e tteccote la sciammeria. (scambiano gii abiti)

Ber. Dàlie, diavolo!

Bar. (dal di dentro c. s.) Siete tutti infami; voglio il locandiere, replico.

Ber. La Voce de ìo barone, damme la sciainmeria... (nell1 eseguire lo scambio s’ ar restano)

Pul. Statte ca veneno... annasconnimmoce. (Si celano entrambi neIV armadio)

Cos. (comparisce dicendo) Ma vuje chi site V Bar„ Sono il malanno: voglio il locandiere.

Cos. ì (chiamano a voce alta) Fratfcisco Fran

Cic. S ciscoi

Bar. (tra sè) (Qui dev’ essere mio figlio; la di loro confusione ma lo accerta.)

Fra. (comparisce) Eccome cca. (osservando ri barone) Uh! eccellenza vi bacio la ina no. (sottovoce) (Cuò, chisto è IT amico.)

Bar. (a Fra.) Assassino!..

Cic. (intimorito) (Nocchio! scappammo) (entra in cucina)

Fra. Signò, pe ccarità...

Bar. Confessa la verità o cadrai vittima del mio furore: D. Carlo mio figlio è qui? [p. 56 càgna]Fra. AcceHenza, io non lo canosco.

Bar. Lo conosci bifolco! lo conosci: tutti volete ingannarmi; mio figlio vi ha salariato per impalmar furtivamente colei che lo ha sedotto. (Bernardo apre una fessura delI’ armadio e mette V orecchio)

Fra. Signò, cCa nisciuno è stato salato.

Bar. Fuori scherzi o vi fiacco le ossa di legnate^: dov’ è mio figlio?

Cos. (tra sè) (Statte ca mo nce la ficco.) AcceHenza, io saccio addò sta lo figlio VU0810.

Bar. Svela il tutto,o paventa del mio furore; dove trovasi 1? indegno?

Cos. Sta nascuosto dinto a no quartino in fondo d’ una masserìa.

Ber. (tra sè) (lu fondo d’ una masseria! lo bi? Chisto ha dda essere lo disgraziato.)

Bar. Andiamo dunque., > •

Cos. Ma è no luogo solitario.

Bar. Sia anche nel centro detta terra; voglio assolutamente Carlo nelle mie mani.

Cos. Mo v9 accompagnammo nuje. (si piantano entrambi per farlo passare avanti)

Ber. Eh! non servono queste caricature... precedetemi, diavolo! (li spinge ed ambidue viano per la dritta)

Ber. (si slancia e trattiene il barone dicendogli sottovoce e col massimo impegno) (Non andate signore si tratta della vostra vita.)

Bar. Come! voi qui... che...

Ber. Zitto: entrate colà... (additando la prima porta a sinistra)

Bar. Che dite, io voglio [p. 57 càgna]Ber. Non v’ allontanate, la vostra persona m’interessa...

Pul. Cca nc’è no pasticcio!

Bar. No...

Ber. Ve lo cerco in grazia, entrate..

Bar. Ma...

Ber. Entrate, entrate... (lo spingono a viva forza nella suddetta stanza) ’ ’Ans. (comparisce dalla comune) Dov’ è il barone?...

Ber. Zitto... entrate. (lo spingono similmente in detta stanza)

Giu. (comparisce come sopra) Addò?..

Ber. Entrate là, e zitta.

Giu. Ma...

Ber. Entrate le non parlate. (Giuseppina si oppone ed egli lu prega tenendola per mano, in questo mentre comparisce Carminella e resta nel fondo)

Car. (Comme! Bernardo mio co na giovena!)

Ber. Ma non siate ostinata, mi preme anelli la vostra vita. (la spinge similmente e chiude la por:a)

Car. (facendosi avanti) È bravo! ah! perche sto non site tornato cchiù a Ssalierno, perchè avite acquistata una nuova amante.

Ber. (furentissimo) Briccona, briccona!.. che fuss’ accisa tu e baveta!

Car. Comme! chest’ appriesso doppo che stive...

Ber. No,, no, non me fa l’abbattitora... va, va curre da lo ncappatiello... curre da la seliglia. /

Car. Che ddice!.. io...

Ber. Faccia finta!.. che ccagnà no nnammorato è ccomme lagnasse na vesta. [p. 58 càgna]Car. Ah n fame! tu faje l’ammore co cchella...

Ber. Sì, sì; nce faccio l’ ammore pe ffarte dispietto e ttu iqrepa, e ttu schiatta!

Car. A mme! (lo schiaffeggia) Àccossì te rispoado io. (via)

Ber. Na paccariata da na femmeoa! addò sta na mazza, addo sta... (la raccoglie dal suolo)

Cos. (ritorna con Francesco) Signor barone... che! (fissando Èemardo) ah! ttruffajuolo!.. damme li 25 ducate...

Ber. Tè, tè!.. (bastonandolo)

Fra. Ah ssangue de na cevettola!.. (per inveire)

Ber. Arrete lloco! (tira bastonate alla rinfusa e quindi fugge inseguito da Cosimo e Francesco),

Pul. Fuimmo... «

Cic. Accellenzia la tavola...

Pul. Sbattammella... mo sa che ddiceva... che fuss’ acciso tu, Bernardo, Francisco, Cuosemo..

Cic. E l’ accellenzia vosta. Fine deil’atto secondo. [p. 59 càgna]ATTO TERZO Seguita la stessa sala come nell’ alto precedente.

SCENA I.

Cosimo, Francesco, e Bernardo vestito in livrea.

Ber. (usa la mentita pronunzia, e con pistola fra mani impedisce che i due bricconi eri trino nella stanza ove trovami Anse Imo, il Barone, e Giuseppina) Non v’accostate o vi mando le cervella per aria.

Cos. Ah mmariuolo assassino! chesto appriesso doppo che mm’ è trastoliato buono buono.

Fra. Comme! sto signore l’ha trastoliato?

Cos. Signore! qua signore...Chisto è lo truffajuolo che mui’ ha dda dà 25 dricate.

Fra. Nientemeno!

Ber. Sì, ho truffato 25 ducati, ma però consolatevi, perchè invece di 25 ho esatto 43 ducati: gli [p. 60 càgna]altri 18 li ba riscossi Pulcinella per tuo eooto io Napoli.

Cos.’ Ah cca so scasato!..martuolo, mariuolo! te ~ voglio caccià lo teorei (per inveire)

Ber. Non v’ avanzate o le polpettine, ve le dirigo nel venticello, (presentandogli la piatola)

Cos. Ne, Francì, e ttu te one staje? alò I jammo a cchiammà la guardia.

Ber. La guardia! (giubilando) sì, sì fate venir la guardia...voi mi obbligherete in modo d’aver sempre memoria delle vostre persone... allons! mon cor — fetvù plesir...

Cos. Cca nce capimmo si o no?

Fra. To nce cuffie! mo vide si non te facimmo carcera.

Ber. Alè... alè... monsiù lazzaron, alè monsià bifolcon...fetvù venir la guardia...fatemi questo favore...fetvù venir la guardia., ah, ah, ah! (li beffa ed entra nella stanza del barone)

Cos. Franci?

Fra. Cuò?

Cos. Tu nne capisce niente? ’

Fra. Io capesco stilo ca pe ccausa soja nc’è sfajutn la quaglia; capesco ca mo vaco a cchiammà la guardia e lo faccio carcera comm’ a mmariuolo chedè... anze tu’ va da D. Ciccio l’ esattore e ddille tutto chello che nc’ è stato, e io vaco a cchiammà la guardia pe Io fa acciarrà.

Cos. Faccio no zumpo e ttorno; p’ arrivà cchiù ppriesto mo mme ne vaco pe lociardino. (via Cosimo per la dritta e Francesco

per la sinistra) [p. 61 càgna]

SCENA, IL

Bnnuoo, quindi il Basorb ed Anselmo.

Ber. Se DDe so gghiute pe ddojeparte opposte: chesto jeva trovauno: mo... che iroba è? (vedendo uscire veementemente il Barone con Anselmo) Dorè andate?

Bar. Voglio uscire, voglio uscire assolutamente.

Ber. Voi che dite!.. (trattenendolo) vojete rovinare ogni mio progetto.

Ans. Ma cca che ppasliccio s’è (fatto, se po ccapi?

Ber. (tottovoce e col massimo interesse) Non dovete capir niente; dovete capir soltanto che se non era per me; voi, il vostro padrone e tutti, sareste stati massacrati.

Ans. No cchiù de sto ppoco 1

Bar. Queste sono frottole per trattenermi nella stanza e non farmi vedere il figlio.

Ber. Ma che state dicenno? io so ccapace de nganuarve?

Bar. Si, si, corpo di Nettuno! e per prova con-. vincente d’inganno avete per Ubo cambiato pronunzia: che significa questo parlar goffo?.. vi siete smascherato da voi stesso.

Ber. Vuje che ddicite... si sapisseve... e ccomme: io pe ssalvà la vita vostra mi esposi al pericolo d’ essere scamazzato da li cavalle... e potete dubitare di me?

Bar. Ma perchè tramutar discorso: ora italiano, ora francese, ora parolacce del volgo...

Ber. Perchè... perchè... a suo tempo saprete tutto: io adatto la pronunzia secondo la circostanza. [p. 62 càgna]Bar. G questo è na agir da imbroglione... voi...

Ans. Ub! (guardando per la dritta) ecco Uà Io figlio vuo^to.

Bar. Ora...fperinemtlrarlo)

Ber. (quasi spingendolo nella sua stanza) Ora dovete (testare per poch’ altri momenti chiùso e sentire vói stesso di che si tratta.

Ans. Via, contentatelo, (sottovoce) (Nuje starnino dinto, a la veletta; Sinc’ è ccosa poveriello a isso!)

Bar. Ebbene, voglio compiacervi: badate però a non tradirmi o pagherete il fio colla propria vita. (entra con Anielmo),

Ber. D. LLccà, ta te sì ppuosto a ffa l’ammore co Ccarmenella, e atmo te scombino io: pò nnante a ttutte quante la licenzio. S C E N A III. Carlo e detto, quindi il Barone che fa capolino.

Carl. Son fuor di me, son fuor di me! furtivamente ho inteso che mio padre sia arrivato in questa locanda... e se s’incontrerà meco, io sarò irrèmisibilmente perduto!... Lauretta e Carminella sono nel giardino e.temono d’ascendere... il locandiere si è reso invisibile, e... (osservando Bernardo) Signore.

Ber. (con mal garbo) Cosa volete?

Carl. Che significa un tratto così villano?

Ber. Significa, che io 8to co li cancare mieje e vaco trovanno de m’appiccecà pure co lo Sole, (il Barone mette la sola testa al di fuori della porta, e resta precisamente [p. 63 càgna]alle spalle di Bernardo per nasconderti alla vista del jS$&o)

Carl.(tra sè) (Che altro carattere è eostdi!) Sapete dove trovasi il locandiere?•

Ber. Che ssaccio addò sta? rompileve fi gamme e gghiateve ite «ovale.

Carl. A me si dice —Irompetevi le gambe!— ~fr- “ V0‘: c’è du rispóndere? Cari, L aate più rispetto, «ignare, perebè io so DO •. •

Ber. (con tuono) Siete un Dono come lo sodo 10: e ppoche chiacchiere, che se monto ia furie^.. se moofo in ferie... te canto tutte 11 ccaleane de la n&fctita della tua mammà e del tuo papà.

Bar. (sottovoce) (Grazie.)

Ber. (c. s.) (Poco a servirvi!)

Carl. Voi così parlate al figlie del barone Scassacancri?

Ber. Cosi parlo al figlio del barone Scassacancri t e se vi fosse il padre gli direi a voce sonora — signor barone, siete una gran Desila.—

Bar. (e. s.) (Grazie)

Ber. (c. 8.) (Poco a servirti.)

Carl. (fremendo) Come trattenere il mio sdegno..

Ber. Perchè mi èt&te guardando con quesraria infiammabile V credete forse di farmi specie?

Carl. La mia momentanea circostanza Boa permette che... basta, a suo tempo parleremo.

Ber. Quando volete amico mio; in qualunque luogo, in qualunque tempo vi dirò io stesso. Voi non sapete rispettare il vostro grado, voi disonorate il vostro casato. [p. 64 càgna]Carl. Perchè?

Ber. Perchè avete donalo il rostro cuore ad noa vilissima serva.

Bar. (e. s.) (Bravo!)

Ber. (e. s.) (Grazie!) (il barone rientra)

Carl. Ma come sapete, to!?..

Ber. Eh l amico mio, al mondo tutto si sa: io conosco che voi amate quella giovane, e vi dico dippià che quanto siete lungo, altrettanto siete animale, perchè la signorina è. invaghita d’ un tal Bernardo>

Carl. Possibile!

Ber. Possibilissimo: a momenti ve lo mostrerò. (chiude la porta ov’ è rinchiuso il Barone, ne toglie la chiave e via per la si~ nistra)

Carl. Che intesi! Lauretta ama un tal Bernardo, ed io... ah I uomo vile! espormi a tanti pericoli per una falsa, per un’iniqua donna!

SCENA IV.

Lachktta, Carminella e detto.

Car. (dalla dritta) Traqe, trase non avè appaura.

Lau. Mia cara Carminella, il nostro scabrosissimo stato merita considerazione.

Car. Ecco cca D. Carlo: nè, D. Cà, cca che se combina? l’ altare me pare mbrogliato: vuje non volite presenta Lauretta a lo padre vuosto, vuje lo jate fujenno; cca de che se tratta?,

Carl. E ardite tuttora mostrarvi con imperterrita fronte ai miei sguardi? la signora Lauretta [p. 65 càgna]col masto della semplicità ba saputo ben fingere: ma la sua celata corrispondenza mi si è finalmente palesata; correte neUe braccia del vostro Bernardo, e Carlo dimenticatelo per sempre, (via) lati. E che significa ciò?

Car. Ah, ah, ah! comm9 è gghiuta bella 1 D. Carlo se sarrà ncontrato co Bernardo, e... non te mettere appàura, ridetenne de iraria cattiva, <Jca sta Carmenella pe tte. (guardando per la sinistra) Uh I che bella combinazione! mo vene lo barone da chesta parte, Chisto è lo patre de D. Carlo» parlace, jèttate a li piede suoje, e ddille ogne ccosa, perche io aggio appaura che Io padre non ciavarrà piacere de sto matremmonio.

Carl. Ma io temo...

Car. De che? faccia tosta e nniente paura.

SCENA V.

Pulcinella coll’ abito baronale e dette.

Pul. (tra ’ è) (Bernardo m’ha daio la chiave de la porta addò sta lo barone, e ttnn’ ha ditto: — Non far sortir nessuno da quella sortita; perchè io sorto per sortire e risortire subito —

Car. (sottovoce) A tte, sacce fa; ca pò vengo io appriesso.) (resta nel fondo)

Lau. (si presenta a Pulcinella con tutta sommissione) Bacio le mani all9 E. V.

Pul. (tra sè) (A cchi dice chesta?) Con chi " l’avete? [p. 66 càgna]Lau. (con tuono supplichevole) Eccellenza, parlo con V. E. e se l’E. V. m’ accorda Tonore d’ascoltarmi, io son sicura d’ ottener la grazia dal cuore magnanimo. $i V. E.

Car. (Quanto è ttrosca! che belìo pparlà!)

Pul. (tra sè) (Aggio avuto sti cquatto, eccellenze! scontammo, vedichmo de che £e trat - ta.) Bene!.. (con tuòno imperioso) depositate le vòstre deposizioni.

Lau. Come avete detto, eccellenza Ì

Pul. Parleggiate.

Lau. Eccellenza, io sono una disperata.

Pul. Non venite per denari, perchè S. E. sta più disperato di voi.

Lau. Nò, -no, per tutt’ altro. » eccellenza.

Pul. Bene, sermoneggiate.

Lau. Eccellenza: sè ad una povera ed onesta fanciulla di vii condizione si offre un partito luminoso... capite?

Pul. Ho capito: — luminoso — come fosse un lampionaro.

Lau. No, luminoso, vai quanto. dire vantaggioso.’ per esempio un giovane avvocato, un baroncino, che nulla curando i riguardi della sua nascita si prende tutta la eura di sposarla: la giovane deve o pur no accettare una simile offerta?

Pul. Come avete detto? io sto affiussionato con gli occhi, non ci sesto ben’?.

Lau. Se una cameriera s’invaghisce d’un nobile avvocato e questi la vuole impalmare: deve la giovane accettarlo?

Pul. Un nobile.avvocato? bisogna vedere se cotestia ha fatto il corso degli studi e conosce il codice di processura. [p. 67 càgna]Lau. Com’ eccellenza?

Pul. Cara mia; la tegge insogna che si mastica e dal marito e dalla moglie; perchè facimmo caso che P avvocato marito scapezza, ossia, cade malato, chi m a difeDnere la causa? la moglie / essa se piglia le pustole di Cicerone, e le sentente scadute dei tre fratelli Marco, Tt)l!io,«e Cicerone, coi protocolli di Virgilio (primo chirurgo e salassatore privilegiato) e corre in Tribunale. Lo stesso poi, ributtando la malatia del marito, si cootenta dei scorpioni eruttanti dalla moglie e... ne tu che mmalora pretieone da me?

Lau. Eccellenza, voi sapete tolto e fingete di non conoscer nulla.

Pul. lo saccio tutte? no cara mia.

Lau. Come! vostro figlio non ve lo ha scritto?

Pul. Figliemo me scrisse che... (tra si) (io non so nzurato, sto figlio da dò mmalora è scapulato?)

Lau. Io ho abbandonato i miei padroni e sono qui venuta con Carminella e suo zio.

Pul. E a mme che mme preme?

Lau. Come! non v’ importa / se io sono giunta qui per ordine di vostro figlio, avendo promesso di sposarmi in Sarno.

Pul. lo non saccio niente de- chesto.

Lau. Non sapete nulla! non sapete nulla! ah! che egli mi ha ingannata... ab! che la povera Lauretta è stata troppo credula a quelle sue lusinghe... oh Cielo! ritornando mio fratello i’ Salerno, che dirà di me? Eccellenza, eccomi a vostri piedi, (prostrandosi) eccellenza io son disperata!.. [p. 68 càgna]Pul. (similmente s’inginocchia) Cheste so B bère lemmosene!.. tu che buò da me?

lau. Il vostro consenso.

Pul. E sposatiHo. «

Car. Che! (recandosi innanzi con sorpresa)

Lau. Come!

Car. Vuje site contento!

Lau. Voi. mi accettate per figlia!

Car. Oh! barone de zuccaro! (badandogli la mano)

Lau. Cuor generoso! (c. s.)

Pul. (tra sè) (Me sento fa li ccarne pectine pecune!),

Car. fa Lau.) E visto mo? te credive ca lo barone foèse stato n’ urzo, no Itone, a echi? chiste so barune majateche! Accellenzia, D. Carlo è gghiuto da chefla parte, mo tornarrà cca, e non sape che vuje avite canosciuta la sposa soja; onne mo nce vò na mprovisata. Laure, trase cca, (indica la porta della loggia) e na’esciarraje quanno sarrà ttiempo.

Lau. (amorosa) E mio padre non mi dice niente, non mi abbraccia?

Pul. Ah! cara mia, sì, vieni al mio patriarcale 8eao, disponi di tult’ i miei debiti.

Car. Evviva, evviva! che bello carattere! trase frase, Lauretta; (entra la suddetta nel descritto luogo) essi: a ccrisce a ccrisce! chiste so nnobele strigliate che non teneno superbia... Voscellenzia è sciampagnone.

Pul. Seiampagnone! vuò pazzia: tu-poco mme canusce, io me la faccio co tutte li banchiere. [p. 69 càgna]Car» Banchiere 1 volite dicere chille òhe notosiano.

Pul. No, chille che ffanno a pprete.

Car. Vuje che ddicite?

Pul. Sè, sè: la mia baronia la faccio sla sempe appesa a lo feudo, non me nè ncarico: io barone e buono me menco lo toecariello, me magno na zoppa de marozze... so seiampagnone.

Car. Oh! chesta è na meraviglia! (guardando per la tiniatra dice tra tè) (uh! Bernardo se nne vene da chesta parte, mo te servo io.) (parla tottovoce con Pulcinella)

SCENA XI.

Bhuurdo e detti, poi Gìotbppiim, quindi Carmi nut ed in ultimo tf Battona, A usuilo e Cablo.

Ber. (osservandoli ti carretta) (E cchisto che ffa co Ccarmenella?)

Car. Signor barone, re usurate cchiù?

Pul. Sto ncaparrato.

Car. Co cquacche baronessa?

Pul. No, co na cammarera che se chiamma Giuseppina.

Car. Comme! e vige v’abbassate?..

Pul. Ma si te dico ca so pportato pe la roba rustica.

Car. (con etagerazione) Auh! ddisgrazia la mia...

Pul. Chedè ne bella figliò?

Car. lo mo sarria stata fortunata si vuje...jatevenne... (con mentila ingenuità)

Pul. Bella figliò chedè? [p. 70 càgna]Car. Si vùje me gnardaitlssevfe de bona cera, io...

Pul. Figlia perchè, no, to bai unostraripamento straordinario, ed io volonlieri ti accordo la mia baroneaei baronia.

Car. Uh 1 barone mio de zuccaro!

Pul. Ubl tajassa de melorosàto.

Ber. (inffelesjto dice tra sè) (Ahi flàiixa! pare co cchista!)

Pul. Ma di la verità, tu, avisse da fa l’ammore?

Car. (inarcatamente per far dispetto a Bernardo) Faceva l’ammore, ma mo lo nnammonato può è schiaffalo de faccia. Bterra, nzarvamiento nuosto.; e io non ce penzo cchiù. Attendite; a volerne bene, e Ccarmenella Catarozzella sarrà la sposa vosta. (entrando nella Stanza di Lauretta dica guardando. SQt? occhio Bernardo) (Schiatta, crepa; fauzo, briccone!) (via)

Pul. Ora vi sta Catarozzella comtu’è rròsecarelia.

Ber. (con amaro sorriso) Te place Catarozzella? e smiccia mo sta lanternella; (apre la porta ov’è rinchiuso il barone con la sua gente, è chiama) Giuseppina’, Giuseppina.

Giu. (comparisce e resta all’ uscio) Db! monzù miò. (novellamente si mostra CarminelAè resta in osservazione nel fondo)

Ber. Che, stai agitata?

Giu. No core mio.

Pul. (preso da gelosìa) No, no, cheste non so ppazzie, lassa sta a Giuseppioa.

Ber. Perchè non esci qui a ppiglià no poco d’ aria? [p. 71 càgna]Giu. Co ttutto Io core. (recandosi innanzi) ^

Pul. Oh bonora 1 Giuseppi, io sta cca; me vidfsi o no?

Giu. Core mio, la nobiltà me trasporta; Chisto è no signorone..(additando Bernardo)

Car. (recandoti innanzi) Che, che, che! ah, ab, ah! ebbiva la signora sbrlffia! (contraffacendola)—Chisto è no signorone—...è la mmalapaèca che (è nfrascal Chisto è no canpmariero de piazza!

Ber. (con impelo)’ Ah ffacciq tosta! jesce fora.

Car. (gridando) k echi, a cchi jesce fora?., jesce fora tu mbroglione!

Bar.) (accorrono alle grida) Che cos’ è que sto chiasso?

Car. fife faccio meraveglia de Io barone Scassacancro che non te scassa la capo, trapalante, briccone!,

Ber. Io so ttrastulante! Tu faje l’ammore co D. Carlo lo figlio de lo Barone.

Bar. Costei dunque è la briccona?

Ber. Questa, questa... è la faccia de pepièruo!

Car. A mme! io faccio l’ammore co io baroncino! nè, si barò (mostrando Pulcinella) risponnile vuje.

Giu. Che, che, che, che! Ah, ah, ah! ebbi’va la signora sbriffia. (a Pul.) — Signor barone risponnile vuje—...Chisto è barone! è la mmalapasca che te nfrasca! Chisto è no guarzone de parzonale.

Car. No cchiù!

Ans. (a Pul.) Ah meleoso temerario! è tu ardisci di prendere il nome di sua eccellenza! [p. 72 càgna]Pul. Io! è stato Bernardo che mm’ba fatto fe «nere barone. iusto per scovrire l’ amore di vostro figlio.

Bar. villana insolente! dì, parla, dov’ e quell’assassino di nrio figlio?

SCENA YU.

Cablo e detti, quindi Laubetta

Carl. Eccomi signor padre. Perdonate i miei trascorsi, ho fatto male, sì, lo confesso, ma ora obbediente ai vostri cenni, giuro d’abbandonar qualunque, idea favorevole a prò di colei che fu causa di farmi perdere il cervello.

Ber. (con vendicativa gioiaì Ben fatto, (a (Jarm.) Signora baronessina, il feudo v’ è ccaduto ncopp’ a la noce de lo cuollo!

Carm. Ma vi ca sì cciuccio! st’ affronto è benuto nfaccia a tte che ssì lo frate de la nnammorata de sto signore.

Ber. Comme!

Carm. Nuje stevamo a Ssàliemo co lo miedeco; 0. Carlo se presentaje a Llauretta, e co ccarte fauze (pe cquanto pozzo capì mo,) e eco cchiacchiere ncopp’ a cchiacchiere, facette si che Llaurètta se fosse licenziata da lo padrone, e nce facette veni cca pe sposarla dicenno ca lo padre era contento. (s’avvicina al luogo ove trovati Lauretta.) Jesce cca tu; parla -, bonora!

Lau. Cosa volete che dica? io sono il bersaglio di tutti! fratello mio perdonami... [p. 73 càgna]Car. (fuori di tè) (Che «ento T ella dunque è sua sorella!.. Oh mia confusione!) (via)

Ber. Comme comme! cca se parlava de Laurptta, non de Carmenella... e allora va bene: signor barone, resta tutto combinato, mia sorella sposerà vostro figlio, e...

Bar. Sposerà nn cavolo! vuoi che mio-figlio s’avvilisca a dar la mano ad una femir miccia di strada!

Ber. Ah chesto oc’ è: addò sta chillo signorino? se nn’ è gghiuto 1 mo lo vaco a tirata, e isso m’ha dda rennere canto de raffronto fatto a la famiglia mia. (per andare impetuotamente)

Bar. Come!

Ans. Fermatevi.

Carm. Che fai? Lau.

Ber. Non sento, lo uri credo offèse dell’ Incanno fiuto a mia sorella; io son figlio d’nn impiegato e per fatalità mi trovo a servire, lo sono nel Caso di maneggiare qualunque arma... 10 vogUo sventrb... (c. s.)

Carm. (trattenendolo) Bernardo mio.

Pul. Ave ragione: io so «casetta sojae ssi nciavfee che ddicere... aBeUe a Vi vàscio. Zitto to.

Pul. Cbe estuo e stitto.. tte so nfocato! ho la benda sul naso., scentaife abbdscio.

Ans. M’ vuje mo che ppretennite che ne baroncino..

Ber. Voi non entrale in questo affare.

Pul. Ta coccia Uà. [p. 74 càgna]Bar. Via, via, inatto sfrenato! perchè, se monto in furie, farò...

Ber. (fuori di sè) Che cosa... che... credite forse che l’ essere barone ve faccia aizà la voce, e ve faccia credere d’ave dritto ad insultarmi? v’ ingannate, il vostro feudo non lo calcolo un fico!

Pul. (alle sue spalle dice sottovoce) (Ebbiva! dàlie.)

Ber. E se io esposi ia mia vita per salvarvi da quel pericolo in Portici, ora me ne trovo pentito, giacchè gli esseri venali...

Bar. Ho capito: vuoi esser compensato della tua beir azione? vuoi esser rifatto della spesa che ha sofferto la tua germana?.. eccoti una borsa, (offrendogliela)

Ber. (la getta al suolo) La prezzo tanto, quanto calcolo la vostra baronia!

Pul. (c. 8.) (Ebbhra! càrreca.)

Bar. Ma che vuoi che io acconsenta a questo matrimonio? non doveva tua sorella dare orecchio alle voci di mio figlio; non doveva con questa donnaccia lasoiare il padrone, e correr dietro alle lusinghe...

Car. (gridando) Vuje co cchi l’avite? si isso..^

Ber. Zitta voi: (al barone) s’incolpa la dabbenaggine di mia sorella, e non si rimproverà la condotta di vostro figlio? ma perchè sto signor baroncino ha ammaliato il cuore d’una povera ragazza cresciuta in casa di onesti padroni? perchè l’ha lusingata con melatisgime parole? perchè farla venire in Sarno, esporla alla critica del mondo, per poi con carte false - divenirne manto; e cchiste so tratte de [p. 75 càgna]galantuommene... de uommene onesti?... ma chi credete voi di essere? qual ragione T ba obbligato a mentire, a spacciar tante promesse?... voje cocchi credite de parla... (quasi piangendo per rabbia) 10 so rummaso orfano de 18 anne, essa n’aveva tre... io fino all9 età de 10 anne T aggio cresciuta co li sudori miei, colle fatiche di sangue... V aggio affidata alla cura di una donna esemplare... l’onor 8uo era depositato nel cuore della sua buona padrona... anzi della mamma soja che T amava comme a na figlia, sì comme a na vera figlia... figlieto V ha fatto perdere lo ppane... figlieto l’ha sceppata da 11 braccia de chella onestissima famiglia., e ffiglieto, sì, figlieto me la pagarrà co lo sangue sujo.

Ans. Ma piano.’» non tanto fuoco.

Pul. (gridando) Vuje co cchi l’avite... vuje co cchi parlate: cca nce facimmo na stracciata sempe che bolite... Bernardo appesta d’ annore, e ttu barone dei miei prericordj, tu 119 avisse da vasà li mmane e ii piede, perchè la seconna vota t’ ha scanzato d’essere acciso...Alò (a Ber.') mostrale chella cancaro de lettera.

Bar. Che lettera?

Ans. De che se tratta?

Ber. Eccola... (mostra la lettera di Cosimo) leggete.

Bar. (legge sottovoce e si sorprende eccessivamente) Misericordia! che orrore! [p. 76 càgna]

SCENA VIII.

Comparisce Francesco col Cancelliere e la forza.

Fra. (alla forza) Eccolo cca, arrestatelo, (indica Bernardo)

Bar. No, arrestate lai che ba tentato d’assassinarmi! leggete, (mostra la lettera al cancelliere)

Fra. (guardando sottocchio dice tra sè) (La lettera de D. Ciccio che io conzigoaje a Ccuosemo!... so pperduto!)

Bar. (a Fra.) Che rispondi adesso, uomo perfido?

Fra. Dico e sostengo che sta lettera è stata fatta da isso, (mostrando Bernardo)

Tutti. Come!

Ber. Che ddice!

Pul. Che te faje. asci da dinto a sta vocca d<| nfierno?

Fra. (a Ber.') Tu U’ haje scritto, e ttu avive con certato d’ accidere lo barone dint’ a Li massaria.

Bar. Orrore!

Ber. E ttu tifarne la condótta mia, tu!... ardisce de diedre che io... (guarda casualmente per la dritta e dice tra sè) (Bonora! vene lo compagno da chella parte... ah! ssi lùe riesce...) (afferra veementemente Francesco dicendo) Tu dice che io so stato... e statte lloco ddinto chiuso, fino a cche boglio io!,.(lo sbalza nella stan’ za del barone e chiude frettolosamente dicendo a Pulcinella) Tu statte nfaccia a sta porta e non lo fa asci: signure miei zitte [p. 77 càgna]tutte e llassate fa a mme perchè cca se tratta de la unocenzia mia.

SCENA ULTIMA.

Cosmo e detti.

Cos. Oh 1 che ffolla de gente!

Car. (ravvisandolo) Sbrerognatone! cca staje! damme li 100 ducate che mme rommanette mammema.

Pul. No, haje da dicere 50 ducale, perchè 1l’ aule 50 l’ ba depositati nei nostri depositi.

Ber. Va, dito mo, non s’ ba dda penzà a st’ inezia: (a Cosimo con franchezza) Va: aiza ai.

Cos. Cbe ddipe?

Ber. Vattenne co sta gente, (indica la forza) ca pò se nne chiacchiarea de sto fatto.

Cos. Chisto che nne rotta?

Ber. Mo nce pierde I» sciato: va, signure mieje, mettiterille mmiezo e pportaterillo.

Cos. Cca che ccosa è ssucciesso?

Ber. Oh 1 signor barone, bisogna dirvela chiara e palpabile: siate vigilante su tutt’ i rostri dipendenti, perche questo signore (indica Cosimo) ha tentato quest’ oggi di ammazzarvi.

Bar. Misero me!

Cos. Cbe dice si’assassino?

Ber. Assassino si Ito, perchè volive accidere lo barooe dinto a na massaria.

Cos. A mme! io non ne saccio niente.

Ber. (con mentita ingenuità) Non ne saje nien [p. 78 càgna]te! ah! Ffrancisco briccone! a nfamà sto poverommo ch’ è naocente; isso è stalo carcerato e ha ditto che pe ordine tnjo 8’ aveva d’ accidere lo barone.

Cos. Gnernò, pe ordine sojo Io barone s’aveva d’ accidere dinto a na massaria.

Tutti.Cbe!

Pul. Compà è fatto assaje! (apre la porta e dice a Frane.) Jesce jè, ca s’ è (fatta l’operazione.

Cos. (nel veder Francesco tramortisce dicendo) Comme!...

Fra. E ttu...

Pul. E ttu e ttuteretù, e mmo site frustate tutte do^e co lo barone appiso ncanna.

Ber. Alò, camminate a la galera assassine! (viano i due bricconi fra le guardie)

Ber. Che ne dite signor barone?

Bar. (con tutta espressione) Giovane sensibile! è la seconda volta che m’ hai salvata la vita. Or via, bando ai riguardi: si, Lauretta sarà la sposa di mio figlio, e tu qual mio novello esattore formerai la situazione di quest’altra giovane. (indica Carminella)

Tutti.(meno che Pulcinella) Evviva il barone!

Pul. Pe mme è mmùórto.

Bar. Morto!

Pul. E già, che bene mm’ è fatto, sentimmo? clie mmalora mm’è dato? niente; mm’è fatto assaporà qualche tuo crepuscolo? no: ergo si mmuorto pe mme.

Bar. Ah, ah, ah! tu verrai nel mio palazzo e sarai il mio buffone.

Pul. Obbligandomi di abboffarvi secondo le cir [p. 79 càgna]costarne, ed obbligandomi ancora di sposarmi questa zenzella (indica Giuteppina) che mi ha ferito le me-mon-cor.

Lau. (at barone) Mi si accorda ora ia grazia di baciarvi la mano qual mio secondo padre?

Bar. (abbracciandola) Si, amata figlia: debbo attestarlo con riva voce; i tuoi adorabili costumi e quelli del tuo germano formano io splendore delle vostre bell’ alme; se non se! fornita di ricchezze e di titoli, hai però il vanto d’ un ottimo ed illibato cuore! questa è la dote spettante al mio figliuolo, e questo sarà 1’ unico pregio che formerà la mia e la vostra interminabile felicità! ngB D&LLd GQUH&Dld. 410 tC