Circo equestre Sgueglia/Atto 2
Preludio
Tela, La scena.
Appare l’interno del circo visto dal lato posteriore. A metà scena, la parete che limita la pista da uno spazio, in cui s’affaccia, a sinistra, il vano dello spogliatoio comune degli «artisti» ed a destra quello della stalla. La pista — con il suo muretto circolare intorno, al di là del quale vi sono le rozze scranne di legno per gli spettatori — s’intravede attraverso un ampio vano centrale che s’apre nella parete e le cui tende son tirate su. Nel centro della pista, l’albero che regge l’intera costruzione del circo. Dal soffitto dell’arena pendono anelli e trapezi. A terra, soffici tappeti per le prove dei salti mortali. Lo spazio, davanti, è ingombro dei più svariati arnesi di lavoro; fra i quali, a destra, alcuni strumenti a fiato.
È il giorno dopo. Una domenica, nell’ora meridiana: quella del riposo. Samuele è solo, verso destra; intento a lavare una maglietta sopra una breve tavola appoggiata all’orlo d’un secchio che è incastrato in una sedia di paglia sgangherata. Il poveruomo ha un’aria rassegnata e compie il suo strano lavoro con movenze stanche, preoccupato che non vadano a finire nell’acqua due pedalini da rattoppare che ha sulla spalla. Fuori i suoi compagni cantano il ritornello: «Cammino su cammino…». Ad un tratto dal fondo della pista appare Roberto e si ferma a spiare un attimo a quell’ingresso, dal quale entra sgusciando Nicolina, tutta fremente per il desiderio di parlare al suo uomo. La ragazza però scorge Samuele ed esce, contrariata, stizzita.
Roberto (contrariato a sua volta dal contrattempo, viene a passi lenti verso Samuele e, fingendo di considerarlo, mostra chiaramente l’intenzione di mandarlo via) — Ma è cosa che puo’ ffa’ tu, chesta…?
Samuele (guarda Roberto, seccato del rimprovero; poi rassegnato) — E quando mia moglie nun m’’o ffa… Tenevo sta maglia (la mostra inzuppata d’acqua) a quinnice[1] juorne ’ncuollo[2]. Era addiventata marrò[3]! Non me la dovevo cambiare? (Pausa).
Roberto (è attento a vedere se Nicolina ritorni). Samuele — Nun tenevo manco ’o ssapone. Sto arremmedianno[4] cu ’o ssapone d’’a barba! (Pausa) È nu guaio passato! (Lava).
Nicolina (rifa capolino, ansiosa, trepida).
Roberto (la scorge, le fa un cenno furtivo che non se ne vada; a Samuele) — E tua moglie mo dove sta?
Samuele — Mia moglie? (Marcando, con sarcasmo) E andata a Messa! (Roberto ha un moto di sorpresa) Stamattina s’è alzata all’alba, s’è messa la veste nuova ed è andata a Messa. (Pausa) Se n’è gghiuta a Messa! Cheste, po’ so’ ccose ca, a Giesucristo, ce l’avess’à dicere[5]… «Giesucri’, io aggio lassato[6] a maritemo lavanno… Si no chillu pover’ommo nun se puteva cambia’…. E io me so’ vestuta[7] bella, e so’ venuta addu te…». Ce l’avess’à dicere… E io so’ sicuro ca Giesucristo lle diciarrie[8]: «He[9] fatto malamente! Susete[10] e va’ a llava’[11]! Si no, mentre mme ’prieghe[12], cummiette[13] nu sacrilegio, nu peccato murtale…». (A Roberto) Non è così? Pecche, cheste nun so’ ccose ca l’hann’a fa’ ’e ffemmene? (Con un piccolo moto d’ira trae l’indumento dall’acqua e si bagna il volto) Ma, comme se dice? Dio non paga il sabato!
Roberto — Proprio! (Fa un gesto a Nicolina che si mostra impaziente).
Samuele — …E intanto tu, Ddio, permiette[14] ca muglierema esce, ca io lavo (nel fregare l’indumento si punge ad uno spillo che vi era nascosto)… e ca na spingula[15]… (Ritraendo la mano dall’acqua e premendo il polpastrello del dito che gli sanguina) mme struppea[16] nu dito! (Roberto ride. Samuele batte il dito sulla tavola dove lava perché il sangue si arresti; quindi toglie la spilla dall’indumento e se l’appunta al bavero della giacca).
Roberto (ad un nuovo gesto d’impazienza di Nicolina, eccitato, impaziente a sua volta, a Samuele) — Embè e che ce faie tu sulo ccà dinto? Vattenne fore…
Samuele — Me metto a llava’ ’miez’’a via? E chille, ’e guagliune, chesto vonno vede’: a Don Samuele ca lava ’e panne[17]. Facimmo ’a rappresentazione primma d’’o tiempo[18]… (Smette di lavare e si accinge a rattoppare un pedalino; ma non riesce ad infilare l’ago. A Roberto) Pe’ favore, ’nfilame[19] st’ago…
Roberto (vi si prova) — E a che ora è asciuta mugliereta? Samuele (contorcendo la maglietta per farne sprizzare fuori l’acqua) — Chi ’o ssape? Credo verso ’e nnove. Che ore sarranno, mo?
Roberto — Quase ’e ddoie…
Nicolina (esce, con un gesto di collera).
Samuele (prende l’ago infilato che l’altro gli porge, macchinalmente; la sua attenzione è concentrata sul calcolo che va facendo sulle dita) -… Nove… diece… undice… dodici… Cinque ore dint’’a cchiesia[20]. Tene[21] assaie peccate a se fa’[22] perduna’. (Vorrebbe accingersi al suo nuovo lavoro, ma osserva l’ago: è sfilato; a Roberto) Aggie pacienza[23], ’nfilame st’ago… (E mentre Roberto vi si prova ancora una volta, a lui, con interesse) ’O tuscano sta fore?
Roberto — Nun l’aggiu visto.
Samuele (trae un amaro sospiro; poi, con una risatina sarcastica, prende l’ago infilato dalle mani di Roberto) — Sarrà juto[24] ’a cchiesia pur’isso! (Pausa) Sul’io’ songo n’eretico! E cchiù eretico diventarraggio[25]! Mannaggia! (Si accorge che nella foga dei nervi ha nuovamente sfilato l’ago: ci rimane male).
Roberto — Zitto: si no quanno muore vaie all’inferno! (E ridacchia).
Samuele — Pecche, fino a mo addo’ so’ stato? E mo addo’ sto? ’mparaviso[26]? È Paraviso, chisto? Io stongo dint’’e prufunne[27] ’e casa-diavolo[28]! (Con altro tono) Pe’ favore, ’nfilame st’ago.
Roberto (seccato) — Uh!
Samuele (borbotta) — Avesse fatto mai una gentilezza! (Prende le sue robe ed esce per il fondo).
Roberto (rimasto solo, emette un sibilo in sordina).
Nicolina (accorre guardinga).
Roberto (con viva ansia) — Perché non hai risposto al biglietto che ti ho dato ieri?
Nicolina — Mammà non mi lascia un momento. Ora ho potuto scappare perché sta parlando con una guardia… Dice che è venuto l’ordine di smontare il circo.
Roberto (attirando la fanciulla a sé) — Hai riflettuto a quello che ti ho scritto?
Nicolina — Ci ho pensato tutta la notte.
Roberto E che hai deciso?
Nicolina — Vengo!
Roberto (la stringe, con trasporto). Zenobia (entra dal fondo; i due, vedendola, indietreggiano di qualche passo) — Eh… statevi, statevi… (Bonaria) Che so’ gelosa io? Allora proprio per una cretina mi pigliate? (Al marito) Io non sapevo che parlavate; è stata Bettina che me l’è venuto a dire…
Roberto — Bettina, eh?!
Zenobia (al marito) — Su, dammi dieci’ o dodici soldi, che mando a prendere il caffè… (Tende la mano per prendere il danaro; a Nicolina, che istintivamente abbassa gli occhi, con tono di semplicità) E sai perché non sono gelosa? Perché so che una donna che ruba il marito ad un’altra donna, non se ne vede bene… (Con voce stranamente sentenziosa) Non si fabbrica la propria felicità sulle lacrime di un’altra…
Nicolina (abbassa gli occhi, colpita).
Roberto (seccato) — Ma che l’hé ’a dicere[29] mo a chella?
Zenobia — Su, dammi li solde, damme li solde… (Glieli strappa di mano) E bene che certe cose le capisca»… (A Nicolina) Siente a me: ricordati bene: chi abbandona la moglie in un momento di abberrazione, abbandona l’amante in un momento di riflessione! Povera a quella disgraziata che si lascia insozzare l’anima e il corpo. Attenta a te, che, la ragazza zita[30], pe’ la strata de la vita, ’ncappa[31]!
Nicolina (riesce a stento a frenare le lacrime).
Zenobia (la carezza) — E tu che c’entri? No… Tu? Tu sei una madonna, figghia[32] mia! devi fare un bel matrimonio, devi formare tutta la gioia di mamma tua! (Le solleva il capo; al marito) Roberto, guarda quanto è carina! Guarda quanto è carina!
Roberto (imbarazzato, fa spallucce).
Nicolina (singhiozza forte, nervosamente).
Zenobia (è confusa e mortificata. Mormora) — Uh, l’ho fatta piangere! (Al marito) Poverina! S’è commossa alle mie parole!
Roberto E tu te miette a ffa’ ’a predica.
Zenobia — Sfatte zitto! Sfatte zitto! E che queste possano essere tutte le lacrime della vita sua!
Nicolina (a Zenobia, asciugandosi le lacrime) — No.
Zenobia — Meglio che piange adesso, così dopo non piangerà…
Roberto (spingendola) — E te ne vai? Vattenne! (Pausa).
Zenobia (senza scomporsi, a Nicolina, indietreggiando verso il fondo) — Hai visto come mi ha spinto? Prima non mi spingeva. Adesso mi spinge. E questo è un marito buono. Figurati se lo capiti cattivo! Apri gli occhi! Apri gli occhi! (Esce).
Nicolina (dopo una pausa) — Hai sentito che ha detto?
Roberto (con una risatina da finto ingenuo) — Che ha detto?
Nicolina (impressionata) — «Chi abbandona la moglie in un momento di abberrazione…».
Roberto (completando la frase, con ironia) — «… abbandona l’amante in un momento di riflessione…». (Con passione) E te pare ca te pozzo abbanduna’? Te pienze[33] ca pecche songo ’nzurato, mme faccio passa’ ’o capriccio e torno da mia moglie? No; quella è morta pe’ mme!
Nicolina (avvinta, si stringe a Roberto, lo bacia di scatto ed esce per il fondo. Pausa).
Samuele (entra, precedendo una guardia municipale: un uomo di mezza età, triste e malandato in salute. Come continuando un discorso) — Ma venite a vedere…
La guardia — Che devo vedere?
Roberto (verso Samuele) — Fallo entrare… così si rende conto… (Esce).
Samuele (alla guardia) — Favorite[34].
La guardia (osserva l’ambiente con viva curiosità).
Samuele — Vi pare che io, oggi, domenica, dopo di aver fatto dieci o dodici spettacoli, invece di buttarmi a terra come uno straccio, faccio la nottata per smontare il circo? Domani, poi, ci dobbiamo mettere in cammino, per vedere dove ci dobbiamo accampare… E quanno me reposo? Quanno moro[35]?
La guardia (impassibile) — Io sono un esecutore di ordini! (Impazientito) Ah! (Come ripetendo una lezione a memoria) Domani, alle otto precise, debbo trovare tutto smontato.
Samuele (fa un comico segno di no, con la testa) — Voi, domani alle otto, troverete smontato solo a me! ’O resto come sta, così rimane.
La guardia (un po’ interdetta) — Ma cercate di trovare almeno uno che vi sostituisca in questa fatica…
Samuele (con intenzione, rivolgendo il pensiero all’amante di sua moglie che è la sua ossessione) — L’ho trovato un tale che mi sostituisce… Ma non in questa… in altre fatiche…
La guardia — E si: perché non è giusto che dovete fare tutto voi!
Samuele (sorpreso e con amara ironia) — È ove’[36]? Facciamo a turno.
La guardia — Giusto. Uno monta… (Allude naturalmente al circo).
Samuele — …E l’altro smonta! (Sogghigna all’involontario ed atroce lazzo della guardia) Jh comme trase a tiempo[37], sah! (Pausa).
La guardia — Voi, qui, siete una sola famiglia, eh?
Samuele — Prima, no. Adesso, pare di si. Chisà a che grado ’e parentela simmo arrivate!
La guardia — Come sarebbe a dire?
Samuele — …Vivendo da tanto tempo assieme… si finisce sempre col diventare una sola famiglia.
La guardia — Ah, ecco… (Si aggrappa agli anelli che pendono dal soffitto e tenta di provarsi i muscoli, facendo sforzi inutili).
Samuele (stando soprapensiero non s’è accorto di nulla; si rivolge alla guardia con l’aria di fargli una domanda incidentale) — Ditemi un po’, voi, che siete un agente… (Si volge, sorprende l’uomo buffamente aggrappato agli anelli; tra sé) Chi l’ha fatto agente a chisto… (A lui, con dolcezza) Lasciate stare…
La guardia (tocca terra, senza però lasciare gli anelli).
Samuele — Ditemi un po’: come deve regolarsi un marito per fare arrestare la moglie per reato di adulterio?
La guardia — E semplice: deve sporgere una querela al commissario della sezione.
Samuele — Ah, ecco…
La guardia — Ma deve far sorprendere la moglie in flagrante, però… Se no si può anche buscare una contro-querela per diffamazione!
Samuele (sfiduciato) — E chesto ce mancarne[38]: curnuto e mazziato[39]!
La guardia (lascia gli anelli e si porta verso destra, incuriosendosi, ben presto, agli strumenti musicali, che comincia ad esaminare. Entrano dal fondo: Bagonghi, Bettina, Barrella, Gisella e Cadetto, in vesti borghesi e parlando animatamente. Alla vista di Samuele, però, ammutoliscono).
Barrella (avvicinandosi al clown) — Di’… La signora tua dove sta?
Samuele (trasale; ma scrolla le spalle e risponde a mezza voce) — A Messa.
Gisella — E dove sarà andata che a quest’ora non viene?
Samuele (con sarcasmo) — A Pompei… A Montevergine… Alla Madonna dell’Arco… Chi ’o ssape addu chi Madonna[40] è gghiuta!
Bagonghi (a Samuele, confidenzialmente) ― Ma… avite fatto chiacchiere p’’o fatto d’aieressera?
Samuele (con aria innocente) — Macché! Manco na parola. Stammatina muglierema s’è vestuta…
La guardia (prova a suonare la tromba. A quel suono stridulo tutti si voltano sorpresi).
Barrella — Ch’è venuta a ffa’ sta guardia?
Samuele — E venuta a ppurta’ l’ordine ca s’ha dda smunta’[41] ’o circo…
Bagonghi — Pure?!
Samuele (ripigliando il suo discorso) — Stammatina muglierema s’è vestuta e m’ha ditto: vaco a Messa. ’A verità, po’, ’a sape[42] Ddio! (Pausa)…
Bettina (piano, al marito) — E ’o tuscano manco ce sta… (Tutti guardano la «donna serpente» come agghiacciati; Bagonghi le tira il braccio con violenza).
Samuele (guarda a lungo Bettina, poi le dice sul muso, sillabando) Lo so!
Carletto (per creare un diversivo in quell’atmosfera di pesante incertezza) — E comme se cumbina[43] cu ’o spettaculo?
Barrella (con rumoroso ottimismo) — Eh… ma io credo che tanto Giannina quanto Giannetto a momenti verranno…
Samuele (con pacata amarezza raziocinante) — Quando uno alle volte dice: La coincidenza… Chella mo, ched è? una coincidenza… Ma pure ’o tuscano… La guardia (suona di nuovo la tromba, emettendo stavolta un suono pronunziato, e provocando quindi una più decisa reazione di fastidio da parte di tutti).
Samuele (con un impulso d’ira, a stento frenato, si rivolge alla guardia) — Lasciate stare, vi ho pregato… (Rimette lo strumento a posto).
La guardia (ripigliando lo strumento) — Ma io volevo provare…
Samuele (glielo toglie ancora di mano, con più decisione e torna fra i suoi compagni, esclamando) — Mo ce ’o dongo[44] nu cazzotto… e me faccio arresta’! (Ripiglia il discorso, mentre la guardia, cocciuta, prende nuovamente lo strumento, non lo suona, ma prova il movimento delle dita sulla tastiera della tromba)… pure ’o tuscano — dicevo — è asciuto stammatina e fino a mo nun è turnato ancora.
Carletto — E ssape ca è dummeneca[45], che se accummencia[46] ampressa…
Samuele — Ed io non voglio pensare a male… Ma tu… (La guardia suona la tromba) dico a mia moglie… (E senza interrompersi, si avvicina alla guardia, toglie all’uomo la tromba di mano, la mette con gesto nervoso sotto il braccio e ritorna nel gruppo) …hai visto che mi sono impressionato, mi vuoi tranquillizzare? Mostrati un po’ più gentile; sta nu poco ’e cchiù vicino a mme… Vide che mme sierve[47]… che mme manche… Fammello[48] magare pe’ finzione, ma fammello… No! Tiene na tarla ’mpietto[49]? E sta tarla ha dda scennere ’o core[50]! Stammatina, ampressa, se veste e se ne va. E a chest’ora nun vene. È comme a chillo ca dice: Tu chesto nun vuo’? E io chesto te faccio! E nu turmiento fernesce… E n’ato accummencia…
La guardia (suona, stavolta, il trombone, emettendo un suono grottesco. Tutti sobbalzano).
Samuele (mostra la guardia esasperato) — E io lle levo ’a tromba? E chillo piglia ’o trumbone! Ah, San Martino beneditto[51], prutieggeme[52] tu! (E si mette a passeggiare, dando sfogo ai suoi nervi).
Barrella (risentito alla guardia) — Ma voi che volete?
La guardia (piccata) — Domani si deve smontare il circo!
Samuele — Embè, ce ’o smonto mo, abbasta[53] ca se ne va!
La guardia (allontanandosi minacciosa) — Arrivederci!
Samuele — Addio! (La guardia esce. Pausa).
Zenobia (entra dal fondo, sorbendo una tazza di caffè; a Samuele) — Ma che è? Giannina non è venuta ancora?
Samuele (ch’era andato a rimettere a posto la tromba) — Mo ve ne siete accorta?
Zenobia — Adesso l’ho saputo, perché ho sentito Roberto che lo diceva a Don Ciccio. Bettina — Ce manca pure’o tuscano!
Zenobia (stupita) — Gué!
Samuele (guarda Bettina e riabbassa il capo come accasciato. Gli altri fulminano con occhiatacce la «donna serpente»).
Bagonghi (avvicinandosi a Samuele) — Embè, e a chi aspiette[54] ca nun vaie a vede’?
Samuele— Addo’ vaco? (E si rode l’anima).
Gisella — A Giannina le fosse capitato qualche cosa…?
Samuele — Che ne saccio?
Barrella (incitandolo) -E va’… Pigliate ’a giacca e ’o campiello.
Samuele — Addo’ corro? Addo’ vaco sbattenno[55]? Mo se mette porta[56]…
Zenobia — E, Madonna! ’o spettacolo se rimedia.
Bettina — E comme se rimedia? Ccà ce manca ’a mugliera e ’o tuscano… (Silenzio tragico).
Samuele — Avite capito, Donna Zeno’? Ah, vuie nun capite? Mancano muglierema e ’o tuscano… (A Bettina) È vero?
Bettina (è immobile, con un’espressione di circostanza).
Samuele — Mancano tutte ’e dduie! (Con amarezza sconsolata) Tutte ’e dduie so’ asciute ’a stammatina e tutte ’e dduie nun so’ turnate ancora. (A Bettina) È così? (Agli altri) E pe’ chi sa[57] io me scurdasse[58] ’e sta circustanza, Donna Bettina m’’a fa subbeto[59] ricurdà’! E pe’ chi sa io me vulesse illudere ca manca sulo muglierema, Donna Bettina me fa sape’ ca manca muglierema e ’o tuscano! E si stu core vò credere, pe’ pute’[60] truva’ nu poco ’e sullievo, ca ’a mancanza d’’o tuscano nun have niente a che vede’ cu ’a mancanza ’e muglierema, Donna Bettina, cu na serenga[61] ’e veleno dint’a ll’anema, me fa riflettere ca ’a mancanza ’e muglierema coincide cu ’a mancanza d’’o tuscano. E ca ’a causa d’’a mancanza d’’o tuscano s’ha dda cerca’[62] dint’’a mancanza ’e muglierema. E ca nun songo ddoie mancanze: no, è na mancanza sola: mancano muglierema e o tuscano… (Avviandosi verso la stalla, esasperato, ripete grottescamente cantilenando)… ’o tuscano e muglierema e muglierema e ’o tuscano… ’o tuscano e muglierema e muglierema e ’o tuscano… ’o tuscano e muglierema e muglierema e ’o tuscano… (Esce).
Barrella (mentre gli altri circondano Bettina scandalizzati per l’accaduto) — Donna Betti’… siete stata troppo imprudente.
Zenobia — È mancato poco che ce lo avete fatto capire.
Bagonghi — Che te pozzano ruseca’ ’e surice[63]! Bettina — Giesù, chillo Samuele ’o ssapeva ca manca pure ’o tuscano…
Bagonghi — E che ce ’o rripetive a ffa’[64] ogne mumento?
Carletto — Pe’ chi sa s ’o scurdava. (E ridendo della sua stessa ironia, comincia a vestirsi per la «parata» nei pressi dello spogliatoio).
Bagonghi (solenne agli altri, mostrando la moglie) — Questa è la vera «donna serpente»: nun arape ’a vocca[65] si nun sputa veleno! (Gli altri ridono).
Bettina (rimane impassibile, in atteggiamento di dignitosa fierezza).
Don Ciccio (entra dal fondo, sollecito, e chiede con precauzione) ― Neh… Samuele addo’ sta[66]?
Zenobia — Nella stalla, perché? (Tutti si raggruppano intorno al padrone).
Don Ciccio — E zitte… (con compunta circospezione) ’A mugliera se n’è scappata cu ’o tuscano! (La notizia, per quanto presagita, suscita un’eco dolorosa nell’animo di tutti). Eh! (Come dire: Proprio cosi!) So’ gghiuto a vede’ dint’’a carovana… S’ha purtato tutt’’a rrobba, e ha rimasto sta carta… (Ne legge il contenuto) «Non cercarmi. Giannina». (Lacera il biglietto. I presenti commentano con vivacità. Son frasi mozze di sdegno per Giannina e di pietà per Samuele).
Zenobia — Uh, poveru figlio!
Bettina — E chillo mo ca’o ssape…
Don Ciccio (brusco) — E nun l’ha dda sape[67]!
Gisella (a Bettina) — Per carità…
Bettina (spudoratamente) — E chi vulite ca ce ’o ddice?
Bagonghi (alla moglie, terribilmente minaccioso) — Mo me mangio ’a capa[68]…
Don Ciccio — Già mancano duie nummere[69] d’’o programma: Giannina e ’o tuscano. Si manca pure Samuele, che le dammo[70] ’o pubblico? fernimmo[71] ’e fa’ ’o spettaculo?
Zenobia — Madonna mia! E quello adesso Samuele sorte per cercare la moglie… (Entra nello spogliatoio).
Don Ciccio — Accumminciateve a vvesti’, ca ce parl’io. (Bagonghi si toglie la giacca; Carletto affretta il suo abbigliamento; Gisella entra anch’essa nello spogliatoio) Nun le facite capi’ niente. Me so’ spiegato? (Con voce ferma) Si no chillo, p’’o schianto, nun fatica… E ogge è dummeneca, io aggi’a fa’ ’e solde pe’ ve da’ a magna’ pe’ tutt’’a settimana. Ce simmo capite? (I presenti con gesti calmi assicurano la loro massima discrezione in proposito, ma Don Ciccio non sembra convinto ed aggiunge con tono perentorio) ’O primmo ’e vuie[72] che arape ’a vocca, senza paga! (Barretta esce a sinistra; Bagonghi con uno scatto improvviso copre la testa di Bettina con la giacca e la spinge verso lo spogliatoio. La donna sentendosi soffocare protesta, ma le grida):
Bagonghi — Cammina, affogate[73], pierde ’a lengua[74]! (Escono).
Don Ciccio (a Cadetto che, completamente vestito da scena, ride dell’accaduto) — Priparateve! (Mentre Cadetto esce per il fondo, batte le mani, ostentando una voce d’indifferenza) Samue’, simmo pronte o no?
Samuele (appare dalla stalla acconciato per uscire: giacca nera lunga, solino di celluloide con cravatta a farfalla, cappello a bombetta marron: sembra un pupo tragico).
Don Ciccio (lo apostrofa sorpreso) — E che ffaie accussi cumbinato?
Samuele — Tenevo sti panne d’’a strada[75] dint’’a stalla, e me so’ vestuto.
Don Ciccio E quanno te pripare[76] p’’o spettaculo?
Samuele — Aggi’a asci’[77]…
Don Ciccio — Addo’ vaie[78]?
Samuele (un po’ interdetto) — Me faccio nu giretto pe’ tutt’’e cchiesie…
Don Ciccio — E pecche?
Samuele — Muglierema è gghiuta a Messa, e nun è turnata cchiù.
Don Ciccio (cinico) — Nossignore, chella è venuta e sta fore.
Samuele (emozionatissimo, si slancia per uscire).
Don Ciccio (lo trattiene) — E che hê ’a fa’, mo? (Con aria volutamente severa) Accussi nun sapite fa’ ll’uommene[79], vuiate[80]… E ’e ffemmene se ne pigliano[81]! Statte cca[82]! Essa è venuta a chest’ora? Nun fa niente. Falla crepa’ ’ncuorpo[83]!
Samuele (tentennante) — Faccio nu poco ’o sustenuto[84]?
Don Ciccio — Proprio. Comme si nun te ne fusse accorto ca c’è mancata stu tiempo. (Con altro tono) Accussi tu l’adderizze[85]! Si no faie peggio! ’O vi a Ruberto comme tratta ‘a mugliera? E chella travede p’’o marito!
Samuele (è ormai convinto dalle argomentazioni di Don Ciccio: assume un atteggiamento autoritario e, come se parlasse alla moglie, bruscamente l’apostrofa) — Stu tiempo che he fatto? addo’ sì stata? Niente! nun me riguarda! (A Don Ciccio) Va bene così?
Don Ciccio — Ecco. Non ti riguarda!
Samuele (imitando l’ipotetica risposta di sua moglie, dal tono di scusa) — «Ma guarda…. Ma siente…».
Don Ciccio — Non ti riguarda. Samuele — Ma…
Don Ciccio (infastidito) — Ah! E allora è inutile.
Samuele — Giusto! (Stringe la mano di Don Ciccio con esagerata effusione di virilità e si mette a passeggiare spavaldo, mormorando) Che he fatto? Addo’ si stata? Non mi riguarda! (Stringe di nuovo la mano di Don Ciccio, che, in cuor suo è soddisfatto della piega degli avvenimenti. Pausa). E essa pecche nun trase, mo?
Don Ciccio (un po’ confuso) — E chella sta dint’’a carovana. Se sta vestenno[86].
Samuele (con un sorrisetto, sforzatamente cattivo) — E già… Chella mo vene, ’o mumento che ha dda fatica’.
Don Ciccio — Nun ’a da’[87] retta. Manco na parola.
Samuele No! (Come dire: Neanche per idea!).
Don Ciccio — Si saie fa’ ll’ommo[88] tu l’adderizze, si no ’a pierde[89].
Samuele (gli stringe ancora una volta la mano, in segno di gratitudine. Pausa) — E… ’o tuscano è turnato?
Don Ciccio — …’O tuscano? Io aieressera l’aggio licenziato. Stammatina ha fatto ’a valigia e se n’è gghiuto.
Samuele (colpito dalla improvvisa rivelazione di Don Ciccio — il quale, resosi conto della sua enormità, è vigile per fronteggiare ogni eventuale situazione — resta un attimo stordito; quindi si sente come liberato da un incubo, e quasi sorride, mentre il suo volto si sbianca. Don Ciccio gli appoggia una mano sulla spalla; ed egli, riavutosi dal suo felice sgomento, mormora) — No.
Don Ciccio (conferma la sua menzogna, ma, questa volta, impietosito) — Si.
Samuele (con uno slancio di commozione bacia le mani di Don Ciccio, che le ritrae istintivamente; quindi lo abbraccia e lo bacia, mentre le lagrime gli solcano il volto patito. Don Ciccio lo conforta. Ad un tratto il clown s’inalbera, s’irrigidisce, assume un aspetto di esagerata forza d’animo e, di corsa, va al secchio e tuffa il volto lagrimoso nell’acqua sudicia per tergerne le stimmate della sua debolezza. Risolleva poscia il capo grondante e, levatosi il cappello, se lo rimette a sghimbescio, parlando con impelo come se rivolto alla moglie) — Che?! Che vuo’?! Che?! Addo’ sì stata? Nun me riguarda! (Sicuro del suo stesso tono, in una nuova euforia di gratitudine abbraccia e bacia Rodi scatto ancora una volta Don Ciccio, prima che questi possa ritrarsi per non essere bagnato).
Don Ciccio (protestando) — Eh!
Samuele (esce a destra, con una risata spasmodica).
Carletto (ricompare dal fondo) — E allora?
Don Ciccio — Jammo ch’è tarde! (Entra nella pista e chiude alle sue spalle le tende del vano centrale, gridando) Attaccate!
Musica
(Giunge dall’interno la musica caratteristica della «parata», il suono della campana ed il rullo del tamburo. Su questo pedale, le voci distinte di Carletto e di Nicolina che invitano il pubblico ad entrare nel circo).
La voce di Carletto — Andiamo, che si principia!
La voce di Nicolina — Ultimo giorno di nostra permanenza a Napoli! (Si ha la sensazione dell’irrompere del pubblico, che s’affretta all’accaparramento dei posti. Polifonia di voci, di risate, di schiamazzi. Rumori di scranne smosse. Domina sul frastuono la voce di Don Ciccio).
La voce di Don Ciccio — Non vi affollate… Soldi alla mano…
Samuele (rientra trepidante, ma soddisfatto. Ha un attimo d’indecisione: andare o non andare dalla moglie? Meglio no. Decisamente disfa il nodo della cravatta, sbottona il solino, si toglie la giacca).
(Frattanto la musica cessa, mentre s’odono ancora le voci di Nicolina e di Don Ciccio).
La voce di Nicolina — Facciano i biglietti!
La voce di Don Ciccio — Interessantissimo spettacolo!
(Il vocio decresce. La tenda si apre: appare Roberto disfacendo anch’egli la sua cravatta).
Samuele (lo affronta, lo abbraccia, lo bacia ed al cavallerizzo che è rimasto interdetto esclama) - È tornata!
Roberto (si concentra un attimo, poi risponde freddamente) Ah; si… Me l’ha detto Don Ciccio…
Samuele — Sta dint’’a carovana! (Con lo stesso tono euforico di poco prima) «Che hai fatto? Dove sei stata?» «Non mi riguarda!» «Ma senti… Ma guarda…» «Niente!»>. (Orgoglioso) Eh? (Come dire: Che tene pare? Poi, sentenziando) Così si mortifica la donna!
Roberto (scettico) — Eh! E sì arrivato… Samue’, figlio mio… (col tono di voler dire: Come fai ad illuderti, così?).
Samuele — Ma allora tu a muglierema nun ’a saia[90]? Rube’, chella quanno saparrà[91] ca me songo arrepezzato ’e cazettielle,… lle vene n’accidente!
Roberto (con una risatina sarcastica) — Credi?
Samuele — Altro che! (Con tono di dispetto) E io dimane me lavo ’a cammisa[92] e ’o sottocazone[93]… ’A faccio campa’ tre gghiuorne[94] (Esce a destra).
Roberto (gli grida dietro con tono canzonatorio) — Sbattele[95] pure ’e matarazze[96]… Accussi ’a faie muri’ ’e subbeto[97]! (Mormora suo malgrado) Pover’ommo! Carletto (riappare in fretta dal fondo; a Roberto, che si toglie la giacca) — Neh? Che dice Samuele? (Scioglie l’ultima fune che, attraverso la tenda centrale, regge uno dei capi del trapezio).
Roberto — Che ha dda di’? E nu povero malato. Si ’o vide, si è subito rianimato, pecche ha saputo che ’a mugliera è turnata.
Carletto (impolverandosi le mani di talco; con una punta di ironia) — Se invece ’e Giannina, se ne fosse scappata Zenobia… eh? Te fusse rianimato tu!
Roberto (cinico) — E pecche? Io a muglierema ’a voglio bbene.
Carletto (gli urla nelle orecchie) — Vattenne! (Esce attraverso la tenda. Lo accoglie all’interno, un piccolo applauso. L’orchestra del circo suona un valzer).
Musica
(Ancora la voce di Nicolina).
La voce di Nicolina — Avanti, che lo spettacolo è incominciato.
Zenobia (completamente vestita da cavallerizza, entra nello spogliatoio e si avvicina a Roberto intento a guardare attraverso la tenda) — Robe’, abbottonami dietro. (Roberto esegue di malavoglia) Hai visto di che è stata capace quella baldracca di Giannina?
Roberto (per sviare il discorso) — Ccà ce manca nu bottone.
Zenobia — Mettici una spilla. (Se la toglie dalla Mouse e punge la mano del marito).
Roberto (colpito) — Ah! Ma che ssì pazza?
Zenobia — E non lo sai che la spilla è spartenza[98]?
Roberto (ironico) — Mo nun ce spartimmo[99] cchiù! (Con altro tono) Miette ccà, nun me fa’ tucca’ ’e nierves[100]!
Zenobia — Povero Samuele! E dove se l’aspettava una scossa simile?
Roberto (ridacchia) — Eh! Bisogna essere preparati a tutto nella vita! Si deve essere fatalisti.
Zenobia — Eh, è na parola: essere fatalisti. Vorrei vedere che tu adesso, finito di lavorare, avresti la notizia che io me ne fossi scappata. Faresti il fatalista, tu? Un accidente ti verrebbe!
Roberto (sotto forma di scherzo) — Per la gioia?
Zenobia — Non per la gioia, per il dolore.
Roberto Ne sei sicura?
Zenobia — Fai il superuomo, tu! Fai il superuomo! (Intenerita) Perché sai che mai io te lo farei, un tradimento simile. Io, lasciarti? Madonna mia! (Si avvinghia al suo uomo, appoggiandogli la testa sul petto).
Nicolina (apre di sorpresa la tenda, scopre la scena e, con voce scherzosa ma carica di bile) — E facitevelie[101] dint’’a carovana, sti debolezze! Ccà s’ha dda fa’ ’o spettacolo! (Entra nello spogliatoio). Roberto (spingendo in malo modo Zenobia) — Va buono [102]? (Con ira) Mannaggia!
Zenobia (addolorata, mettendosi a sedere) — M’hai fatto male!
Roberto — M’hè a fa’ ave’ cierte osservazioni… (Entra nella stalla. Lunga pausa).
Zenobia (comincia a singhiozzare; quindi si asciuga gli occhi e si soffia il naso con un lembo del gonnellino) — E Come potrei essere più buona di così… Eppure… spinte, maltrattamenti, umiliazioni… (I singhiozzi ora la soffocano) E non è a dire che non mi vuole bene, no! Fin troppo me ne vuole! E chi sa che l’ha pigliato[103]
(Si ode dall’interno un «Oplà» di Carletto, alla fine di un esercizio. Applausi del pubblico, smorzati da zittii).
Samuele (entra dalla stalla su un minuscolo triciclo e fa un mezzo giro grottesco. È in veste di clown. Scorge Donna Zenobia, che va riasciugando il suo pianto, in fretta) — Donna Zeno’, è tornata, sta fuori… (Ripete il leitmotiv di poco prima, come un gioioso lazzo) «Questo tempo, che hai fatto? dove sei stata? Non mi riguarda!». (Continua a girare sul triciclo) «Ma guarda… ma senti…». (Ripete il gesto, come dire: non mi interessa). E allora è inutile essere forti! (Gridando) Donna Zeno’, io ’o marito ’o saccio fa’! (Si ode di nuovo la voce di Carletto).
La voce di Carletto — Et voila! (Applauso nutrito. L’orchestra suona un galoppo).
Musica
Samuele (ripigliando a girare, come parlando a sua moglie) — «E dimane, cucina ampressa, eh! pecche io mangio ’e ddoie. E po’ he ’a jtta’ ’o sango a llava’[104]!»>. M’aggi’a cagna’[105] nu fazzuletto, ogni tre gghiuorne. M’aggi’a fa’ quanta sciusciate[106] ’e naso voglio! Troppo ormai me songo abbassato! Mo basta! Basta! Basta! (Fanno eco al suo grido le voci interne del pubblico che va assistendo a esercizi pericolosi).
Le voci — Basta! Basta! Basta!
Samuele — ’O vi? «Basta!» (Felice) Voce di popolo, voce di Dio! (Di nuovo>, la voce di Carletto).
La voce di Carletto — Et voila! (La musica cessa, con un accordo tenuto. Applausi).
Samuele (afferra Carletto che appare dalla tenda e lo bacia, esclamando) — Muglierema è turnata!
Carletto (interdetto) — L’aggiu saputo…
Samuele — Sta fore, se sta vestenno dint’’a carovana! Jh che servizio! (Girando velocemente sul triciclo). «Stu tiempo che he fatto? addo’ sì stata? Non mi riguarda!» (A Carletto, perentorio) Dimane tu mange cu mme!
Carletto (sbalordito) — Grazie!
Samuele — All’una e meza stammo a tavula.
Carletto — Va bene! Samuele — Tenisse panne spuorche[107] ’a te fa’ lava’?
Carletto — No. (A Zenobia, che Samuele si è allontanato) S’è mmiso a ffa’ ’a lavannara[108]?
Samuele (imita il verso del galletto per fare l’entrata comica nella pista; quindi avviandosi verso la tenda, esclama) — Carle’, io ’o marito ’o saccio fa’! (Carletto gli apre la tenda e Samuele esce, rifacendo il verso con accentuato tono di buffoneria, accolto da una salve di applausi e di acclamazioni).
Carletto (a Zenobia, stranito) — Giesù, e chillo mo jesce pazzo! (Si accorge dello fotostato d’animo della donna) Donna Zeno’… Ma che avite fatto, chiacchiere cu Ruberto?
Zenobia (con voce di pianto) — Ca[109] quale chiacchiere… Ca quale chiacchiere.… Ca niente…
Marietta (entra dal fondo, cautamente, con l’evidente intenzione di voler sorprendere Nicolina a parlare con Roberto; dà uno sguardo nell’interno dello spogliatoio, si accorge che la figlia è sola; si avvicina a Zenobia) — Ch’è stato?
Carletto (scorgendola, preoccupato) — Vuie?
Zenobia — Niente… Niente…
Marietta — Come? Voi piangete!
Zenobia (singhiozzando) — Chi l’ha detto che piango? Io non piango! (Guarda Carletto che le fa segno di parlare) Niente… Niente… Che quella… Donna Nicolina… ha visto che io stavo con la testa appoggiata sulla spalla di Roberto mio… Avesse detto: «Fatevele nella carovana queste debolezze!». Mio marito, voi lo sapete, porè un uomo serio… Si è mortificato e m’ha dato nu spintone… (Singhiozza più forte, mentre Marietta, che ha tutto capito, guarda Carletto). E non è a dire che non sa mi vuole bene, no! Fin troppo me ne vuole! E chi sa che l’ha pigliato! (Carletto, per non compromettersi, esce per il fondo. Marietta mette una mano sulla spalla di Zenobia, per confortarla).
Zenobia (con un’espressione di riconoscenza, esce asciugandosi gli occhi).
Roberto (appare dalla stalla, in abito di cavallerizzo, guidando un cavallo perfettamente bardato per la corsa; nel vedere Marietta, si turba).
Marietta (con tono di contenuto sdegno) — Rube’?! embè io vi pregai…
Roberto (facendo lo gnorri) — ’E che?
Marietta (a Nicolina, che dallo spogliatoio compare in abito da cavallerizza per fare il numero con Roberto, secca, recisa) -Va te spoglia[110]!
Nicolina — Ma pecche?
Marietta — Spogliate, t’aggiu ditto!
Roberto (sottovoce, per giustificarsi) — Ma vuie ve sbagliate… Io nun me so’ muoppeto[111] ’a dint’’a stalla. (Marietta lo guarda, vorrebbe inveire, si frena a stento).
Nicolina Ma che ve so’ vvenute a ddi’? Che ve so’ vvenute a ddi’? Marietta (non vuol discutere, ma è ferma nel suo proposito) — Viestete! (Nicolina esita) Nun voglio ca fatiche!
Nicolina Ma vuie che vulite ’a me? Che vulite ’a me?
Marietta — E ch’aggi’a vule’! (Si torce le mani).
Nicolina — E che ssaccio! vuie state ’mbriaca[112]! (Rientra nello spogliatoio, stizzita).
Marietta (le grida dietro) — Staie ’mbriaca tu, schifosa che ssì! (Accorrono Barretta e Gisella, pronti per il loro numero e con gli strumenti musicali in mano) Ma io te faccio passa’ ’a sbornia! (Ai due nuovi venuti) Attaccate appriesso[113]… (Allude allo spettacolo) ’E musicale… (E, mentre i due escono per la tenda, senza fiatare, a Roberto) E stasera avite fernuto! (Fa per uscire).
Roberto — Ma sentite…
Marietta — Vuie vulite distruggere ’a casa mia? Nun ve bastano ’e llagreme ’e Donnina Zenobia? Vulite fa’ chiagnere pure a mme? Oggi o dimane facimmo ’a siconda edizione d’’o tuscano cu ’a mugliera ’e Samuele?
Roberto (toccato a segno) — Ma che state dicenno?
Marietta (al colmo dell’esasperazione) — E che aggi’a di’? ca esiste Ddio e nun ve fa jtta’ ’o sango[114]! (Esce per il fondo).
(S’ode uno scoppio d’ilarità, misto ad applausi. Dopo un attimo ricompare Samuele, che, più volte, è costretto a ringraziare il pubblico per le ovazioni ottenute. Quindi, a Roberto).
Samuele — Robe’, è tornata……
Roberto (seccato) — Uh! Me l’hê ditto!
Samuele (mortificato) — Scusa! (Gli lancia un bacio attraverso la groppa del cavallo, al di là della quale sta Roberto, sopra pensiero) E mo vide ca manna[115] a Don Ciccio… (Con forza) Ma nun ’a sponta[116]… Stavota[117] nun ’a sponta… Si nun vene cu ’e piede suoie a cercarme[118] scusa, io non mi dò! (Con altro tono) Eh… L’avesse fatto primma! avrei ridotto mia moglie una seconda Donna Zenobia.
Musica
(Dalla pista giunge l’«assolo» di violino di Barretta: una musica triste, una melodia disperata. Roberto, infastidito del dire di Samuele, lo pianta in asso, senza che il clown se ne accorga. Il poveretto, difatti, carezzando la testa del cavallo, crede sempre di parlare al cavallerizzo) Eh! Capisco… Il torto è mio… Sono stato un po’ debole… Per mia moglie non ci volevo io, ci volevi tu… Sotto a te steva fresca, steva… (Si accorge di essere solo) Eh! Sto parlanno io e ’o cavallo! (Guarda il povero animale) Eh! (Pausa) E tu sì ll’unico ccà dinto ca me può cumpati’[119]: compagno mio di lavoro e di malepatenze[120], Tu pure, comme a mme, a gira’ sempe attuorno[121] ’a pista. Gire, gire e nun arrive maie! E quanno è ’a sera, me pare nu ’mbriaco e te muore ’e famma[122]. Che ce vuo’ fa’, core mio? ’A vita è fatta di grandi disparità! E comme io songo ’o Don Samuele ’e ll’uommene, tu sì ’o Don Samuele d’’e cavalle! (Rimane un attimo in solidale tenerezza a carezzare la bestia tranquilla. L’«assolo» di Barrella ha termine. Applausi fiochi. Samuele si scuote. Compare dallo spogliatoio Nicolina in abiti borghesi: è nervosissima ed esce per il fondo, incontrandosi con i due «musicali» che rientrano e sono sorpresi di vederla andar via. Samuele, anch’egli meravigliato, chiede a Barrella) Nicolina nun fatica?
Gisella (mentre Barrella si piega nelle spalle) — La madre l’ha fatta svestire.
Samuele — E pecché?
Barrella — Mah! (Non vuole compromettersi).
Bagonghi (entra dallo spogliatoio, in abito da lavoro, seguito da Bettina che ha fra le braccia la cagnetta; chiede) — Neh? chi esce, mo?
Samuele (mostrando il cavallo) — ’O nummero ’e pista. Ma Niculina se n’è gghiuta.
Barrella (a Bagonghi) — E chiamma a Donna Zenobia.
Bagonghi — Chella sta chiagnenno….
Samuele — Pure?
Bettina (con atroce incoscienza) — E chiammate ’a mugliera ’e Samuele!
Bagonghi (dandole un pizzicotto) — A mugliera ’e Samuele jesce all’ultimo… (Tra i denti) Mo mme mangio ’o cane!
Barrella (dissimulando) — E poi, sapendo che c’è tempo per lei, starà ancora mezza nuda.
Gisella — Mentre che se trucca…
Samuele — No: io credo che a quest’ora sarà vestita. Chiamatela!
Bagonghi — Ma… Giannina fa ’o trapezio. Ccà ce vò chi va a cavallo. (Il pubblico strepita).
Carletto (entrando dal fondo) — Neh: e chi ha dda asci’, ccà?
Samuele (dopo un attimo d’indecisione generale, chiamando verso la stalla) — Robe’! (Il cavallerizzo riappare, di umore nerissimo) Tocca a te. Ma Niculina nun ce sta. Dice che ’a mamma l’ha fatta spuglia’.
Roberto — Embè, e cu echi esco?
Samuele — T’hè ’adatta’ cu Zenobia…
Roberto — Macché!
Carletto (sottovoce agli altri) — Ma ’a vò nu bbene pazzo!
Bettina — Chillo po’ sta affiatato cu Niculina…
Bagonghi (fremente, alla moglie) — Mo accummience n’ata vota?
Samuele (a Roberto, che non sa decidersi) — E si no, nu spettaculo ’e circo equestre senza manco nu cavallo? (Il pubblico inizia un battimani cadenzato d’impazienza). Barrella (che ha guardato attraverso la tenda) — Presto! che Don Ciccio si affaccia all’ingresso, perché non sorte nessuno.
Samuele (incitando Roberto) — Meh!
Roberto (chiamando Zenobia, con accento d’ira) — Gué! Jesce ccà!
Zenobia (entrando, con le lagrime agli occhi) — A me?
Roberto (indicandole il cavallo) — Saglie[123]! He ’a fa’ ’o nummero ’e Niculina!
Zenobia (atterrita) — Madonna! Ed io non lo so fare lu salto mortale!
Don Ciccio (dal fondo, infuriato) — Neh! ma a chi aspettate?
Roberto E mo toccava a vostra figlia.
Don Ciccio (in tono di discolpa) — E quanno chella ’a mamma nun ragiona! (Supplichevole) Donna Zeno’, aggiate pacienza.
Zenobia — Ca io non li so fare li salti mortali.
Roberto — E faie na capriola mortale, na caduta mortale…)
Samuele (sardonico) — Facite na cosa, abbasta ca è mortale!
Musica
Don Ciccio — Jammo figlio, meh! (All’incitamento, Roberto aiuta Zenobia a salire in groppa al cavallo).
Zenobia — Robe’, nun me lo far fare lu salto mortale!
Roberto — Sagliel saglie! nun te mettere appaura[124], ca tu nun muore!
Zenobia (si fa il segno della Croce e prende un atteggiamento da cavallerizza, mentre il cavallo la porta nella pista, tenuta per la briglia da Roberto. Si udranno, dopo qualche attimo, nel silenzio imbarazzante, i comandi secchi del cavallerizzo ed i colpi di frusta).
Samuele (dopo una pausa, con apprensione) — Don Ci’, embè… e ddicite a muglierema… si ce vò fa’ ’a carità ’e trasi’… A mumente tocca a essa…
Don Ciccio (brusco) — Renza[125] a tte. Ogge[126] ’o prugramma è lluongo[127], se salta ’o nummero ’e mugliereta. (Esce per il fondo).
Samuele (rimane colpito, quindi risolutamente) — Carle’! (Carletto, imbarazzato si avvicina) L’hè vista a Giannina?
Carletto (non sa cosa rispondere, chiama) — Barre’!
Samuele (a Barrella che gli, si è avvicinato) — Giannina è turnata?
Barrella (si stringe nelle spalle; a Bagonghi) — Siente Samuele che vvò.
Bagonghi — E che me chiamme a ffa’? (Un grido lacerante all’interno. Zenobia è caduta da cavallo).
Spezza la musica
Carletto — È caduta! (Ed apre la tenda. Roberto compare con la moglie fra le braccia, svenuta).
Roberto È niente, è niente! (Entra nello spogliatoio. Bettina lo segue. All’apertura della tenda s’accalca gente del pubblico, incuriosita ed impressionata).
Don Ciccio (al pubblico) — Niente! E niente! Seduti! (A Bagonghi) Va’ tu! Va’ tu! (Accompagna Bagonghi nella pista. Escono. La calma sembra ritornare).
Samuele (che ha seguito Roberto fino alla soglia dello spogliatoio e s’è assicurato della poca gravità dell’incidente, si rivolge ora a Barretta con concitazione) — Chiamma a muglierema. Pare brutto[128]…
Barrella (gravemente) — Pienze a tte!
Samuele — Barre’… (Lo fissa con occhi sbarrati) Ma ce sta o nun ce sta?
Barrella — E nun l’hê capito ancora?
Samuele — Se n’è gghiuta? (Barrella si stringe nelle spalle, contristato. Samuele rimane allibito. Un nodo alla gola gli mozza la parola e gl’impedisce il pianto. A Roberto che rientra con Bettina) Come se sente Zenobia?
Roberto — No, è niente. S’è fatta male dint’’o ginocchio.
Samuele (si dirige barcollando verso la stalla).
Roberto (chiede a Barrella con un fil di voce) — Ce l’avete detto? (Barrella è costretto ad e ammettere la verità, con un cenno del capo. Ora Samuele comincia a spogliarsi. Roberto gli si avvicina) E che ffaie? te spuoglie?
Samuele — Oramaie… (Entra nella stalla un attimo e ritorna recando un sudicio panno che si strofina sulla faccia. Poi, alla vista di Bettina, comincia a ridere) Donna Betti’, nun sapite niente? Mo ve dongo na bella nutizia: muglierema…. muglierema se n’è scappata cu ’o tuscano!
Musica
(Continua a struccarsi ed a ridere. La «donna serpente» tace; forse anche lei commossa, come gli altri, che guardano Samuele, ormai senza trucco, bianco come un morto).
- ↑ quinnice: quindici.
- ↑ ’ncuollo: addosso.
- ↑ addiventata marrò: diventata (color) marrone.
- ↑ arremmedianno: rimediando, arrangiando.
- ↑ ce l’avess ’à dicere: gliele dovrebbe dire.
- ↑ lassato: lasciato.
- ↑ vestuta: vestita.
- ↑ diciarrie: direbbe.
- ↑ He: hai.
- ↑ Susete: alzati.
- ↑ llava’: lavare.
- ↑ prieghe: preghi.
- ↑ cummiette: commetti.
- ↑ permiette: permetti.
- ↑ spingula: spillo.
- ↑ mme struppea: mi fa male.
- ↑ panne: panni.
- ↑ primma d’’o tiempo: prima del tempo.
- ↑ ’nfilame: infila per me.
- ↑ cchiesia: chiesa.
- ↑ tene: ha.
- ↑ a se fa’: da farsi.
- ↑ Aggie pacienza: abbi pazienza.
- ↑ juto: andato.
- ↑ diventarraggio: diventerò.
- ↑ ’mparaviso: in Paradiso.
- ↑ prufunne: profondità, abissi.
- ↑ ’e casa-diavolo: della casa del diavolo (cioè: dell’inferno).
- ↑ Vhè ’a dicere: le hai da dire.
- ↑ zita: zitella.
- ↑ ’ncappa: incappa.
- ↑ figghia: figlia.
- ↑ Te pienze: pensi.
- ↑ Favorite: fatemi la cortesia (di entrare).
- ↑ moro: muoio.
- ↑ È ove’?: è vero?
- ↑ trase a tiempo: entra a tempo (interviene al momento giusto).
- ↑ mancarne: mancherebbe.
- ↑ curnuto e mazziato: cornuto e bastonato; cioè: dopo il danno la beffa.
- ↑ addu chi Madonna: da quale Madonna; per dire: in quale strano luogo.
- ↑ smunta’: smontare.
- ↑ ’a sape: la sa, la conosce.
- ↑ se cumbina: si combina, si può rimediare.
- ↑ dongo: do.
- ↑ dummeneca: domenica.
- ↑ accummencia: incomincia, inizia.
- ↑ mme sierve: mi servi; sei indispensabile.
- ↑ Fammello: fammelo.
- ↑ na tarla ’mpietto: un tarlo che rode il petto.
- ↑ ha dda scennere ’o core: deve scendere al cuore.
- ↑ San Martino beneditto: San Martino benedetto. San Martino è noto come il patrono dei mariti traditi.
- ↑ prutieggeme: proteggimi.
- ↑ abbasta: basta.
- ↑ aspiette: aspetti.
- ↑ vaco sbattenno?: vado sbattendoci?
- ↑ Mo se mette porta: ora si consente l’accesso in sala.
- ↑ pe’ chi sa: se per caso.
- ↑ me scurdasse: dimenticassi.
- ↑ subbeto: subito.
- ↑ pute’: potere.
- ↑ serenga: siringa.
- ↑ cerca’: cercare, qui nel senso di attribuire, collegare.
- ↑ Che te pozzano ruseca’ ’e surice!: che ti possano rosicchiare i topi!
- ↑ E che ce ’o rripetive a ffa’: per che fare (a quale scopo) glielo ripetevi.
- ↑ nun arape ’a vocca: non apre la bocca.
- ↑ addo’ sta: dov’è.
- ↑ nun l’ha dda sape’!: non lo deve sapere!
- ↑ ’a capa: la testa.
- ↑ nummere: numeri.
- ↑ dammo: diamo.
- ↑ fernimmo: finiamo.
- ↑ ’O primmo ’e vuie: il primo di voi; chiunque di voi.
- ↑ affogate: affogati.
- ↑ pierde a lengua!: perdi la lingua! Per dire drasticamente: non parlare.
- ↑ panne d’’a strada: panni da lavoro.
- ↑ pripare: prepari.
- ↑ Aggi’a asci’: devo uscire.
- ↑ Addo’ vaie: dove vai.
- ↑ ll’uommene: gli uomini.
- ↑ vuiate: voi altri.
- ↑ se ne pigliano: ne approfittano.
- ↑ Statte ccà!: resta qua!
- ↑ crepa’ ’ncuorpo: crepare.
- ↑ Faccio nu poco ’o sostenuto?: mi do un tono? Sto un po’ sulle mie?
- ↑ l’adderizze: la raddrizzi, la indirizzi sulla buona via.
- ↑ vestenno: vestendo.
- ↑ Nun ’a da: non le dare.
- ↑ ll’ommo: l’uomo.
- ↑ pierde: perdi.
- ↑ nun a saie?: non la conosci?
- ↑ saparrà: saprà.
- ↑ cammisa: camicia.
- ↑ sottocazone: mutande. Anche sottacazone.
- ↑ ’A faccio campa tre gghiuorne!: la faccio vivere tre giorni! Cioè: le faccio venire un colpo tale da non sopravvivere più di tre giorni.
- ↑ Sbattele: sbatti per lei: al posto suo.
- ↑ ’e matarazze: i materassi.
- ↑ ’a faie muri’ ’e subbeto!: la fai morire di un colpo improvviso!
- ↑ spartenza: divisione. La spilla è spartenza, cioè auspicio di divisione.
- ↑ spartimmo: dividiamo.
- ↑ nun me fa’ tucca’ ’e nierve!: non farmi urtare i nervi!
- ↑ facitevelle: fatevele.
- ↑ Va buono?: va bene?
- ↑ l’ha pigliato: gli è preso.
- ↑ hê ’a jtta’ ’o sango a llava’!: devi assolutamente lavare! (ma il tono è intimidatorio ed offensivo).
- ↑ cagna’: cambiare.
- ↑ sciusciate: soffiate.
- ↑ Tenisse panne spuorche: hai panni sporchi.
- ↑ ’a lavannara: la lavandaia.
- ↑ Ca: che (è un pleonasmo).
- ↑ Va’ te spoglia: va a svestirti!
- ↑ muoppeto: mosso.
- ↑ ’mbriaca: ubriaca.
- ↑ Attaccate appriesso: continuate, iniziate il numero seguente.
- ↑ e nun ve fa jita’ o sango!: e non vi fa morire!
- ↑ manna: manda.
- ↑ nun ’a sponta: non la spunta.
- ↑ Stavota: questa volta.
- ↑ a cercarme: a chiedermi.
- ↑ cumpati’: compatire.
- ↑ malepatenze: sofferenze.
- ↑ attuorno: intorno.
- ↑ muore ’e famma: muori di fame; per dire: hai tanta fame.
- ↑ Saglie: sali.
- ↑ mettere appaura: avere paura.
- ↑ Penza: pensa.
- ↑ Ogge: oggi.
- ↑ lluongo: lungo.
- ↑ pare brutto: sembra brutto (espressione tipica del dialetto napoletano); per dire: non è abbastanza gentile.