Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/65

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(Don Pellegrino si passa la pezzuola su gli occhi).


(Un silenzio).

(L'orologio batte l'ora: le otto e mezza).
Sensitiva (in una cadenza eguale e triste:) — Una... Doie... Tre... Quatto... Cinche... Sei... Sette... Otto... (Poi, mutando tono, come il suono muta:) Uno... Doie... So' l'otto e meza.
Don Pellegrino (subito, ravvivandosi:) — È l'ora del riposo. Andiamo, via: la preghiera, e poi a letto. E a tutti raccomando, ancòra una volta, di rispettare il silenzio. La notte è fatta per dormire: e non per cucire, come fa Arcà; nun pe sunà 'o clarino, come fa Santino; (sottolineando le parole e guardando Fortunato:) e nun pe piglià aria e fumà, come fa qualche altro.


(Fortunato scrolla il capo, tristemente).
Arcà. — Quanno nun tengo suonno, cóso. Che ce sta 'e male?
Santino. — E io sòno. Tengo 'o permesso d''o Soprintendente.
Don Pellegrino. — Ripeto: la notte è fatta per dormire. Si lavora col sole (Una pausa brevissima). Su, via: l'orazione della sera. Ringraziamo il Signore di averci concesso un'altra giornata di vita.


(Tutti i ciechi si dispongono, in ginocchio, intorno al sacerdote, e incrociano le braccia religiosamente. Il guardiano Ardia si sberretta, e si curva appena. Don Pellegrino sta ritto nella turba prona, la berretta in mano, gli occhi all'insù).
La moltitudine (in unisona cantilena corale:)

Pater noster, qui es in Coelo,
scenda a noi la Tua clemenza!
Dà coraggio e resistenza
a chi guida e sol non ha!
...a chi guida e sol non ha!...