Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/58

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Ardia. — « Ri-posó! ».


(La moltitudine si sbanda. Ma Fortunato non si stacca da Serafino).


Voci della moltitudine. — Ce sta! — Ce sta! — Nun ce sta!
Santino (rapido, movendosi tutto, al cieco Amitrano:) — Vuó fa' i' na scummessa?
Amitrano. — Scummettimmo!
Santino. — Io dico ca ce sta.
Amitrano. — E io dico ca nun ce sta.


(La turba si accalca presso il verone, come attratta da avidità intensa. Fortunato e Serafino si appartano, sul davanti, nell'angolo di sinistra. E Serafino porta alle nari e poi nasconde la sua rosa di maggio).

(Il guardiano Ardia siede a uno sgabello, nell'angolo di destra del davanti: mette gli occhiali, e si immerge nell'esame di alcune bollette del Lotto).


Sensitiva (è alla balaustra: passa le mani sul davanzale, e invoca, d'un tono accorante, nel silenzio della compagnia:) — Luna, lu'?...


(Rispondono, sommesse e sospirose, poche voci della moltitudine).


Voci della moltitudine. — Luna, lu'?... — Ce sta? — Ce sta?
Santino (sempre vivace e romoroso:) — Arcà?
Arcà (senza muoversi:) — Che?
Santino. — Sentimmo che ne dice Arcà. Arcà, ce sta 'a luna?
Arcà (dopo una brevissima meditazione:) — Aspetta.


(I ciechi si allontanano dal verone e si aggruppano in semicerchio intorno al loro decano).