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Paggena:Teatro - Achille Torelli.djvu/25

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— E voglio servirvi anch’io! — aveva soggiunto Teresina.

Sicché le due ragazze, Punu più sollecita dell’altra s’erano

trovate con le mani al vassoio, disputandosi l’onore di servire

lo Zio Prete, ma s’accordarono subito portandogli runa da mangiare, Tal Ira da bere.

Tenendo la sinistra sulla sferica pancia, levato in alto con la dritta il bicchiere, godutosi un poco il rubino del vino e il suo aroma, lo Zio Prete sputò (altro segno di buona creanza) e prese a sorseggiare olimpicamente.

Intanto Filomena, per non aver potuto andare difilata da Donato, come avrebbe voluto, veniva verso Gennarino, l’amico di lui, proprio quello del cuore, e gli offriva da diritta un bicchiere gocciolante e da sinistra una manata di biscottini.

— Guardate, servo voi il primo, subito dopo lo Zio — disse la giovane.

— Scialo per conto altrui! — rispose lui, che non era sempre quel semplicione che tutti dicevano. E non tanto a signi ficare che era pericoloso accettare quel donativo, fatto con fine nascosto, quanto a scherzare sul nome di Donato, canticchiò: t aro mi costa quel che mi è donato!

— Come sarebbe a dire? perchè pensate a male?

— Pensa a male, che indovini! — soggiunse lui volendo fare

il grazioso.

— Come siete brutto! — mugolò la ragazza, che per ogni piccola cosa metteva muso; e si staccò bruscamente da lui, seguitando a brontolare tra i denti.

Fuorché Donato, gli altri, intanto, sgretolavano biscottini vd ingollavano Posillipo; particolarmente donna Francesca, che, volentieri, si sarebbe cacciato in corpo il fiasco con tutta l’impagliatura. Lei. per altro, più che del fiasco, era cupida di Gennarino, e quindi, non perdendolo d’occhio, ave’va notato Filomena che gli si era avvicinata con premura e se n’era scostata con un muso tanto lungo.

— Ohi, galantuomo -- gli disse a fior di labbra e con cipiglio

— avresti qualche intenzione per Filomena?

— Donna Francesca — rispose lui con accento supplichevoli: — mangiale i biscottini, che denti ne avete e buoni; invece, pei miei, Filomena è come un biscottino impossibile a masticajc! Vi canai’ita?

— No, tu con quell’uria da san Luigi Gonzaga, sei un furbonc che non mi capaciti!

Cotfì dicendo, gli rivolse uno sguardo bieco e gli diede al braccio un pizzicotto che il livido gli dura ancora.

— Mannaggia chi non vi suona la campana a morto! — scattò lui a dire; ma quella volpona, timorosa che gli altri, non avendo il colono negli orecchi, a quel gemito avessero potuto

i api re di che si trattava, urlò forte e con la sua voce baritoneggiante coprì quella ili lui, che andava sempre in falsetto.