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Scalo marittimo


accompagnati da facchini. Il maestro di casa vista i passaporti, e li avvia sul piroscafo. Entrano alcuni venditori, fra i quali Meneca, una vecchia venditrice di limoni).

Meneca (dà la sua «voce») — «’E llimone p’’o viaggio! ’E llimone p’’o viaggio! Arance, mandarine! Purtualle[1] ’e zucchero!»

Il facchino — …Pecche ’e vuo’ avvelena’ a sti ppovere ggente? (Prende dal cesto della venditrice un’arancia, l’osserva beffardo) Cheste so’ bbone pe’ sceria’[2] ’a ramma! (Musica)XI.

(Rientra Ermelinda, al braccio del suo Vittorio. Ciccillo che li segue, consegna la valigia dell’amico al facchino, che la porta sul piroscafo; e si avvicina al maestro di casa, al quale fa osservare i documenti del partente. Spezza la musica).

Vittorio (ad Ermelinda) — A che pienze?

Ermelinda — A té! A te, ca vaie tanto luntano.

Vittorio — E ’e che te miette appaura? Cchiù nuie ce alluntanammo, e cchiù ’e core nuoste s’avvicinano.

Ermelinda — Sarrà accussi?

Vittorio — E ne dubiti? (Ritorna il facchino, Ciccillo lo paga).

Il maestro di casa (guardando la fotografia del passaporto di Vittorio, chiede a Ciccillo) — Il signore?

Ciccillo — Eccolo! (Chiama) Vitto’!

Vittorio (si volta).

Il maestro di casa (lo guarda) — Sta tutto bene. (Riconsegna il passaporto a Ciccillo. Dall’alto del piroscafo, un passeggero chiede a Meneca un limone).

Meneca — Nu limone? Uno sulo? Na lira e meza!


Il facchino (beffardo) — Fa’nu sacrifizio: dancillo[3] pe’ vintinove solde! (Entra tra gli altri passeggeri, Miss Mary, un’americana, accompagnata dal suo interprete, in divisa nera)

Vittorio (a Ciccillo, che si è avvicinaio a lui) — C’erano delle irregolarità nel passaporto?

Ciccillo — No, ha voluto vedere se eri quello della fotografia.

L’interprete (sorridendo) — Miss Mary, spero che porterà un grato ricordo di Napoli.

Miss Mary (con accento esotico) — Ah, grande ricordo. Voi altri napoletani non sapere quant’essere bella Napoli!

L’interprete (sorride) — Eh! Ormai a furia di sentircelo dire dai forestieri, lo sappiamo anche noi. (Sale la passerella; la Miss fa vistare il passaporto).

Ermelinda (Stretta a Vittorio) …Vularrie[4] ca ’o tiempo nun passasse maie!

Vittorio — Anze, prega a Ddio ca ’o tiempo vola: accussi cchiù ampréssa[5] fernarranno ’e tturture d’’a luntananza!

Il facchino (al maggiordomo) — Scusate, toglietemi una difficoltà.

  1. Purtualle ’e zucchero: arance dolci come lo zucchero.
  2. sceria’: strofinare, fregare, lucidare; scerta’ ’a ramma: lucidare le suppellettili di rame.
  3. dancillo: daglielo.
  4. Vularrie: vorrei.
  5. ampréssa: presto.