Paggena:Rimatori napoletani del Quattrocento.djvu/58

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Mora mora che lamorte
Lq tene aperte le porte
Ad nisiuno sappra forte [1]
Che adme non midole ancora [2]
Mora mora sta. ludea [3]
Che mi auczide con proffla [4]
Mora sta inimica mia
Questa eh adora la torà [5]
Mora mora sta pagana
Crudele napulitana
Mora ca no e cristiana
Poy chi cossi vole che mora.
Mora mora questa ingrata
Crudele despiatata
Mora chi uagia dannata
A lo inferno a la malora.

  1. Sapprà forte = saprà forte = dispiacerà: la fraàe i ancora vira in parecchi dialetti meridionali .
  2. Cha = giaccìiè. Intendi: Giacché a me neppure dispiace; non an- cora = né pure
  3. Il copista doveva scrìvere India, per la rima.
  4. Leggi: Che mi uccide con perfidia. Proffia = profdia =zprogidia.
  5. Trattandosi d^unn per fida giudea, discendente di quelli, che ado- rarono il vitello d'oro, la torà potrebbe qui signiflcare la fenìmina del toro.