ATTO TERZO
Atrio di un palazzo. A sinistra scalinata che mette al corridoio del 1° piano, in cui di prospetto si vedono due porte, la prima con campanello. A la quinta a sinistra» casotto del guardaporta col finestrino dalla parte del pubblico. Infondo sotto al corridoio del 1° piano porta di una rimessa. A dritta, portone di entrata — A dritta lampione a gas acceso.
SCENA 1.
Antimo, e Carmela.
Antimo — (Uscendo dalla 1* porta del corridoio e scende le scale.)—D. Ersi, restiamo intesi, chiunque mi andasse trovando, io sto nel caffè a leggere il giornale.
Carmela — (Dalcasotto)— Caro D. Antimo.
Antimo — Sei tu, cuore ai selce.
Carmela — Lassateme sta paglie, che stasera tengo na brutta cimma de scerocco.
Antimo — Che t*è succieso?
Carmela — E che m a da succedere, tutte so buone a comannà dinta a sto palazzo, ma quanno se tratta de paga chella miseria de mesata, a ognuno le vene lo rango dinta a li mmane.
Antimo — A me non puoi dirlo, perchè jeri so venuto ad abita ccà, e per te l’ho fatto, pe te sta vicino, pe con~ sol arme guardanno sta bella faccella toja. (si ode il cane che abbaia nella rimessa).
Carmela — Mo accomminciite n auta vota.
Antimo — Ma io te lo d’ciarraggio sempe, non essere na gatta forestera co me. (cane c. s.). Tu spuaannete a me diventeresti la moglie di un paglietta.