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Paggena:Teatro - Ernesto Murolo.djvu/13

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Miss Mary — È nata in Francia ed è stata, da un anno, condotta dal padre americano, a Boston. È bionda, esile, l'occhio grande, vivace in cui la gioia di ritrovarsi in Napoli, nel paese sognato, è vivissima ed accompagna ogni sua parola, ogni suo gesto. Ha imparato l'italiano, ma l'accento risente dell'idioma francese e nella pronuncia l'"r" è strisciante.
Mister Guillaume Stivenson — suo zio paterno. Alto, sbarbato, affabile.
Donna Matilde Stano — È uno dei tipi della mezza borghesia napoletana, di mediocre levatura, parolaia, espansiva. Il suo linguaggio è caratteristico della sua classe: pretenzioso e sgrammaticato, un misto di dialetto e di lingua. Molto spesso è l'ingenua traduzione di un pretto vocabolo vernacolo in un'ibrida parola italiana. Si noti il "signorina miss" con cui donna Matilde rivolge la parola a Mary: Ella crede che signorina sia l'appellativo di fanciulla, e miss, sia una specie di titolo onorifico. Ella ignora che cosa sia, e dove sia la tomba di Virgilio. Esempio più specifico sono alcune battute nella scena coi popolani. Donna Matilde traduce il caináteme (mio cognato) in cainato e crede d'aver spiegato a Mary il vocabolo in italiano.
Bianca — sua figlia, una bella ragazza florida, chiacchierina, piena di brio e di saggezza, e questa ella ostenta con improvvise ed inopportune massime, e con consigli non meno puerili e fuori posto; frutto secondo lei, di precoce esperienza. È più attenta, ma la forma del linguaggio è quella di donna Matilde e di
Ondina — sua sorella, quindicenne, dalle uscite ora melense ora enfant terrible.