Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/62

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Santino. — Vanno a Surriento. Sta luntano Surriento?
Qualche voce. — Luntano... luntano...
Santino — E che fanno, a chest'ora?
Don Pellegrino (ritornando al centro del cortile, circondato dalla moltitudine:) — Vanno alla pesca, di notte. E fanno una grande fiammata sulle barche, per guardare in fondo all'acqua. E sono armati di lance. E lavorano tutta la notte, i pescatori.
Amitrano. — Tutta 'a nuttata?
Sensitiva. — Fino a quanno esce 'o sole?
Santino. — E quanno dormono?
Don Pellegrino. — Riposano quando c'è il sole; e anche nelle barche riposano. Una vita di stenti e di pericoli. (In un sospiro:) Eh! Ognuno deve rassegnarsi a portare la sua croce. E più la croce è pesante, più colui che la porta avrà premio. I poveri di corpo e di spirito saranno gli eletti. Ricordate le parole di Gesù? « Egli è più agevole che un cammello passi la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno del Padre mio ».


(Un silenzio. Qualche cieco scrolla il capo, dubbiosamente).
(Don Pellegrino esce dalla schiera e si accosta al guardiano, il quale gli offre la sua tabacchiera. Il prete annusa e sorride. E s'indugia con lui, in un colloquio di gesti).

(Serafino porta alle nari la sua rosa di maggio).


Santino (che è presso il cieco albino, attratto dalla fraganza, stende la mano verso la rosa, e grida, in uno scatto, sorpreso e compiaciuto:) — Na rosa 'e maggio! Chi tene na rosa 'e maggio?
Voci della moltitudine. — Na rosa! Na rosa 'e maggio!


(Come sorpreso in colpa, Serafino cerca di nascondere la rosa; ma Santino cerca di nascondere la rosa; ma Santino non gliene dà il tempo, e gli afferra il braccio).