Chesta paggena è stata leggiuta.
passato di quel cieco ci deve essere qualche mistero... Qualche trascorso giovanile... chi sa!... qualche rimorso...
Il guardiano Battista. — Dicite esatto: è nu mistero.
Don Pellegrino. — A proposito: 'o Segretario mm'ha dato sta lettera, pe Serafino. (Mostra una busta gialla, che ripone in saccoccia). Viene dall'isola di Santo Stefano. È 'o padre, che gli scrive.
Il guardiano Battista. — N'ato quadro spietato! 'A mamma accisa..., 'o pate n'galera... Ah, Signó!
(Attraversano il cortile, uscendo dal corridoio di sinistra e dirigendosi verso quello di destra, sette signori. Uno di essi veste un lungo soprabito nero, e ha la tuba lucida, piantata sul cocuzzolo; si appoggia a un bastone d'ebano, elegantissimo, e procede gravemente. È il Sopraintendente dell'Asilo. Lo circondano, ossequiosi, tre impiegati della pia casa: il Segretario, il Ragionere, un Avvocato: tre tipi che non hanno connotati degni di rilievo, tranne quello della devozione illimitata al Sopraintendente. Segue la comitiva un vecchietto, che ha il naso arrossato, l'andatura saltellante, la vestitura attillata, e il capo chiuso entro una berretta di velluto nero, con fili d'argento: è l'Economo, il quale ha la sua dimora nell'ospizio. Due altri gentiluomini — il secondo e il terzo governatore — vengono, ultimi, a braccetto, fumando la sigaretta).
Il Segretario. — Ma le pare, Eccellenza!
Il Sopraintendente (grave:) — È in ballo il principio di autorità!
Il Ragioniere. — Giustissimo!
L'Avvocato. — E la legge sulle Opere pie?