Paggena:Miseria e nobiltà.djvu/57

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miseria e nobiltà


D. Bèbè, potrei avere il piacere di tenervi a pranzo con noi, quest’oggi?
Ott. Quest’oggi?.. Mi dispiace, ma non posso... Sono stato già invitato, mi procurerò il piacere un altra volta... Questa sera, se vi fa piacere, verrò a prendere il caffè con voi.
Gaet. Va bene. Intanto, permettetemi, vado a lavarmi un poco, a fare un pò di toletta. Da che mi sono alzato, non ho fatto altro che attaccare rose e camelie per mia figlia. Vedete llà! (mostra la porta).
Ott. Ah bravo!.... Fanno bene!
Gaet. Con permesso?
Ott. Attendete.
Gaet. (dopo una pausa). Ma che?.. Mi dovete dire qualche cosa?
Ott. No.
Gaet. E voi mi avete detto: Attendete.
Ott. Dico, attendete, fate pure il vostro comodo.
Gaet. Ah, va bene... Intanto voi potete vedere i ritratti nell’album... potete passeggiare un poco in giardino. Io vengo subito.
Ott. Ma si, fate pure.
Gaet. Grazie, signor Bèbè!.. Io nun capisco pecchè v’aggia chiammà Bèbè. Ogne vota che parlammo, aggio da sunà lu tammurro pe nu quarto d’ora... bè brè... bè bré... Ma voi dite che è il vostro pesolonimo, e io non voglio contrariarvi (via, dalla quinta a destra).
Ott. (ridendo) Ah! ah! ah!... Che tipo curioso!... Per forza vuol sapere come mi chiamo. Dire il mio vero nome a lui!.... Dovrei esser pazzo! Se mio fratello, il principe di Casador, e mia sorella, la