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miseria e nobiltà
ringrazio con la bocca mia; quando poi viene mia figlia vi ringrazierà a voce, colla bocca sua.
Ott. Oh niente, per carità!
Gaet. Ma scusate, voi perchè non volete dire come vi chiamate?
Ott. Perchè è inutile. Che ve n’importa a voi? Mi chiamo Bebè.... il signor Bebè.
Gaet. Va bene, come volete voi.
Ott. ( tira fuori un porta sigarette, ne prende una e ne offre un altra a Gaetano). Posso offrirvi?
Gaet. Che è chesta?... Na bacchetta de spirito d’amenta?
Ott. (ridendo) Ma no, una sigaretta.
Gaet. Ah, se fumano?
Ott. Sicuro! (accende un cerino). Accendete. (Gaetano accende). Queste vengono dal serraglio.
Gaet. Ah... Li ffanno li guagliune llà dinto!...
Ott. Ma che! Vengono da Costantinopoli, c’ è dentro la barba del Sultano.
Gaet. So’ fatte cu la barba del Sultano?!... Vi’! comme hanno d’ addurà!
Ott. (ridendo). Son fatte con un tabacco che si chiama così: la barba del Sultano.
Gaet. ( fumando si disturba e tossisce ).
Ott. Che cos’ è?
Gaet. M’ è ghiuto nu pilo de la barba ncanna!
Ott. Se vi disturba, non fumate.
Gaet. Sì, la verità, (posa la sigaretta). Signor Bebè, vi ricordate ieri sera che festa a mia figlia?
Ott. Ah sicuro!.. C’era però un pochino di contrasto, ma la sinistra vinse.
Gaet. Già! Io questo osservai; tutte le poltrone a