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Ascoltate, son furbetta
Più di quel che voi credete,
E se fo la semplicetta
E' per trar gli altri in rete:
Sembro cheta, muta, buona,
Pare pur che non m’impaccio,
Ma sol, quest’è, quando suona.
Dell’argento il grato suon.
Son Regina
Regnar so.
Di mio regno i rari frutti
Rendo e spaccio a caro prezzo,
Ben io so, mi dannan tutti,
Ma sol rido al lor disprezzo:
Son temuta, rispettata,
Vanno ben gli affari miei,
Che la critica malnata,
Faccia pur, avanti vò.
Sono grande
Tremar fo.
Nic. ( Chesta regina poche parole dice, ma se spiega.)
Giac. (Nicò che ne dice?)
Nic. ( Ha ditto ch’abbasta eh’ ave li granelle, lo riesto è niente.)
Reg. (a Giac.) E tu sei ammogliato?
Giac. No, Maestà; ogge è tanto difficile de trovà na femmena che veramente volesse bene. Maestà la tenisseve dinto a lu regno vuosto?
Reg. Affatto! Sappi pure che le donne del mio regno, sono come quelle di qualunque altro, amano per calcolo, non v’è donna perfetta su questo mondo, che sia capace di amare con vera affezione.
Nic. Chesto pò è impossibile, mi permetta V. M...
Reg. Sta zitto giovine inesperto, non dico che la verità; quantunque donna non posso negare i grandi difetti del nostro secolo.