Paggena:Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789).djvu/95

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DIALETTO
patino, cha la canosce, che d’è bona perrzona. Oh bona Dio, cha ’nde apisse[1] aputo uno Madama [2] la Reina [3] nuostra! Acco festa, cha ’nde faceramo tutti per l’amore suojo! Ah macari nce fossi intando, ch’aspissovo apu-     nasce, che d’è bona perzona. Oh biva Dio, cha nde abesse abuto uno Madama la Reina nostra! Acca festa che nde faceriam tutti per l’amore sujo! Ah macare Dio state nci fossi tando, ch’abissevo abuto chillo

  1. Apisse aputo. Consimili caricature di pronunzia non le abbiamo mai avute. Solamente negli Scrittori veramente nostri di quel tempo si trova abuto in vece di avuto.
  2. Madama. Dal momento, che gli Angioini pervennero al Trono di Puglia, e di Sicilia, alle Regine, ed alle sole Principesse del sangue Reale si dette costantemente il titolo di Madama, nè mai gli scrittori di quel tempo trascurarono di dirlo ad esse.
  3. Nuostra. L’analogia induce sempre in nuovi abbagli il Boccaccio. Nuostro in vece di nostro dicono i Napoletani nel mascolino, mai poi nel femminino dicono nostra. A buon conto quattro volte in così corta lettera ha commesso questo fatto, a cui ha aggiunto d’aver scritto cuosa in vece di cosa, tuorcia in vece di torcia, pruoprio in vece di proprio, juocate in vece di jocate, buoglio in vece di voglio, credendo accollarsi al suono della nostra pronun-

zia,