Napoletano é un mostro. L’istesso si può dire
della voce gredare fatta dalla voce Italiana gridare. Noi non l’abbiamo diciamo: strillare.
L’istesso della voce prunto fatta dall’Italiano
pronto. Noi diciamo lesto, ed uaiamo anco talvolta la voce pronto in senso di cosa, che non sia ancor stantìa. Lo stesso della voce accuorto fatta dall’Italiano accorto; noi diciamo addonato. Dalla, voce servo si è fatta la Napoletana siervo, che non esiste: noi diciamo schiavo.
Dalla voce Italiana dirimpetto hanno fatto derempietto; noi diciamo faccefronte.
Dall’Italiano è giunto il Cortese trasse la voce è junto, che non abbiamo; noi diciamo arrevato: dall’Italiano addosso fece adduosso; dovea dire ncuollo. Si è voluto dalla voce Italiana labro farne una nel nostro, e si è detto lauro, voce sconcia, e capricciosa. Il dialetto non ne ha veruna, che corrisponda a quella Italiana. Usa dire o vocca, o musso, e le vuol ingentilirle, dice vocchella, mussillo. Forse i nostri padri osservando, che l’Italiano labro appartiene alla sola spezie umana, con filofofico acume trovarono orgogliosa quella disparità.
Diremo ora d’una parola, che sebbene usata da tutti gli scrittori a cominciar dal Basile fino al Capasso, pure è barbarismo da non ammettersi. È questa la voce muto fatta dall’Italiana molto. Noi sicuramente non l’abbiamo, né si troverà veruno, che l’abbia mai intesa pronunciar dal popolo, che è il solo sovrano, e legislator de’ linguaggi, quem penes arbitriuim est, et jus, et norma loquendi. Il popolo si serve unicamente dalla parola assaje. Sicché le parole muto llustre, muto reverendo sono barbarismi