A Rricuccio le so’ crisciut’ ’e diente ! Miscione tene ancora ’o vizio e s’arrubba ’a carn’ ’a dint’ ’o tiano!
Pres. Marasco!!
Ret. Scusate, Presidè... me ne vaco, (al 3° giurato) Me fa proprio piacere ’e ve vede’ : salutatemi ’a signurina. (a tutti) Signori a tutti, schiavuttella vosta o p’ ’a mana attuorno. (va a sedere vicino a Ntunetta),
Nen. (vicino a Russo, gli bacia la mano con ripetuti piccoli baci).
Rus. (si volta a guardarla : dolcemente) Che vuò, teterene’?
Nen. (supplica, stringendogli la mano tra le sue) M’ ’o manuate a papà ’a casa mia ?
Rus (grave e malinconico) Figlia mia, si dipendesse ’a me...
Nen. Ve fece male papà ?
Rus. (scuote le spalle e l’accarezza) Ba’!
Nen. E perdunatele pe’ me.
Rus. (la fissa, le accarezza i capelli, pensieroso).
Pres. La richiesta della pubblica accusa?
P. M. Tentato omicidio, premeditazione, porto indebito di arma insidiosa.
Avv. dif. E la difesa : lesione involontaria, vizio parziale di mente.
Pres. La parola è al Pubblico Ministero.
P. M. (dopo un silenzio) Eccellentissimo signor Presidente, illustrissimi giudici del fatto, quasi sempre, nel prendere la parola da questo seggio cui spesso incombe un triste dovere, un’ansia turba il mio spirito. Il giudice teme di se steaso, chè si sa uomo e quindi fallibile. Non potrebbe egli ingannersi? Ebbene, oggi, lucida eccezione, nessun’ansia è in me nel farvi da guida alla ricerca dal vero, poichè il vero mi si mostra fiammante, poichè mai come in questo caso il delitto accusa se stesso. Non è quindi necessaria una lunga disquisizione: da essa mi esentano e la evidenza del misfatto, d’altra parte confesso, e la intelligenza della giuria che dà sicuro affidamento di serena difesa dei diritti della società offesa.