Leo. (guarda la moneta e quindi soggiunge) Se -conosceva che mi aveste fallo un affrouto simile, non mi sarei cosi umiliali.
Pan. Come avete detto? affronto!
Leo. Tanto è: cinque grani! è negozio questo d’ aggiustarlo per cinque grani?
Pan. E vuje che mm’ avite fatto?
Leo. lo vi ho fatto un piano...
Pan..Di chiacchiere inconcludenti.
Leo. (con lepidezza) Alle corte: o aggiustate, o giudizialmente sarete obbligato a pagare. Questi sono driui. dovuti alle mie fatiche, ed io non posso tralasciare siffatta impresa.
Pan. (tra sè) Ah, ah, ah! bisogna pigliarla a rriso... povero galantommo, pe non cerca la lemmosena sfacciatamente, s’ arma de ngegno, e... prendete questa moneta d’ argento. Va bene?
Leo. Meritate ora i più vivi ringraziamenti.
Pan. Levàteme mo na difficoltà, qual’ è il vostro nomò?
Leo. (parlando con lealtà) Signore, non posso palesarlo essendo il mio genitore un conosciutissimo causidico.
Pan. Fosse quacc’ auto estratto de minestra verde?
Leo..Oibò, parlo ora sul serio, lo son figKo, come v’ ho detto, d’un professore di merito. Detti parola di matrimonio ad una sventurata ed ottima giovane; mio padre non voleva in verun conto prestare il suo consentimento per la miseria che opprimeva questa infelice; ma io perchè fuori d’ età, mi decisi per via di legge, V impalmai, ed ottenni per conseguenza dal genitore un totale abbandono.
Pan. Niente meno!