Col. (mette la testa al di fuori dicendo) Avite sbaglialo, io’non so D.a Agata, so Ccolotahioajasersa. (rientra) Ber. Che min’ è ssuccieso?
Aga. Evisto lao? haje pariato co la;serva mia, tè sì nnammorato de la serva mia, ea essa t ilaje da sposa.
Ber. Gnernò: maizafraoca; io so beauto pèndine sposa la patrona no la serva.
Aga. Ma tu te chiamme D. Lui&e Ciaramella? Ber. Gnernò, mme chiamino Bernardo Zampogna.
Aga. E io a Lluige Ciaramèlla m’ aggio da èposà. Ber. Gnernò: v’ avite dasposà Bernardo Zampogna. > «
Aga. Ciaramella, Ciaramella.), * iter, Z&mpopna, Zampogna:) (bastando) Fenzoe Luigi compariscono dalla porta dimezza e restano alla soglia; il primo addita Bernat’dof
Fon. (Eccola, cca, vedile si v’aggio ditto la buccia!)
Lui. (Possibile!)
Ber. Ma che! so brutto io?
Aga. Pe brutto non site bruito,anze site assarìgua* to, aitesimpaiico...
Lui. (facendosi innanzi) E quando vel dice la signorina, non può essere altrimenti.
Aga. (Luige 1) (fuori di se per la gioja)
Ber. (E st’auto asso de coppa da dò è asciuta?)
Lui. Ingrata, briccona 1
Aga. Ghiano, chiano: tu che ntienne ca io...gnernò... (a Ber.) Che ve steva dicenno?—io voglio bene a Lluige—: toce stèvamo contrastanno pe sto fatto?
Ber. (fuori di sè) Già, già.
Lui. (a Ber.) È precisamente questa la verità?