S’CENA V.
ANSELMO è dettò.
Ans. (con precauzione) Ehi! ragazzo?
Car. (Uh! Chisto ha dda essere n’ auto miedeco!) Si volile li compagne vuoste, stanno dinto.
Ans. Chi?
Car. D. Tricchitracche fnivole e mbomme.
Ans. (tra sè) (Fortuna per me, sono giunti; bisogna agire ora con molta delicatezza.)Sai se abbiano somministrato ali’infermo una polvere denominata...
Car. No, no; non saccio niente.
Ans. Ma il tuo padrone come..
Car. No no, aggiate pacieoza; io non dico li segrete de lo padrone mio.
Ans. Nè io pretendo di conoscerli... (Bisogna con prudenza adescar questo bamboccio.)Ti lodo, ti lodo, fai benissimo ad esser fedele al tuo padrone, anzi voglio ancfie regalarti; iò, prendi, è uu carlinello. (lo regala)
Car. (No carreniello!. uh che piacere!) Signò, ve sonc’obbricato de veró core.
Ans. Nient’affatto: vedi, io tì aveva preparato una ventina di carlinelli per passartene uno ad ogni notizia, ma notizia che non riguarda il signor Oronzio, intendiamoci; piuttosto... già, tu non vuoi parlare per conseguenza è bene inutile.
Car. (No carrìno ogtìe nnotÌ2ia! uh! cche bella cosa!..) Dicite quanno è cchesto, ca cca sto io per ddarve cunto de tutto e acchiapparme li carrenielle.
Ans. Hai veduto quella polvere?..