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Paggena:A la fónte - La scuncòrdie.djvu/13

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SCENA 1[1]


Le due sorelle Terése e Culétte spandono i panni per le siepi. Culétte con delle biancherie in mano s’inoltra verso destra, lungo la siepe in fondo, e scompare, per ricomparire poco dopo, mentre Terése parla con Palmucce.


Palmucce,

scendendo col tino[2] in testa e facendo la calzetta:

Terése, che bbèlla ggiurnate pe’ li panne! Pròpie un sole di magge!

Terése:

Arengraziéme Ddìe, Palmucce.

Palmucce:

Chi ci šta a la fonte?

Terése:

N’ ci šta neçiune[3].

  1. L’avvertenza su la pronunzia e la scrittura del dialetto abruzzese si trova in fondo al volume. Qui a piè di pagina diamo solo delle note esplicative.
  2. Il nostro tino ( volgarmente la tine) è un vaso da acqua, fatto di legname a doghe, e che ha la bocca più larga della base.
  3. n’ ci šta neçiune: non c’è nessuno.