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Pul. Avete ragione; ma che volete, adesso la mia testa non è a segno… Ah, se sapeste, se sapeste… E’ un anno, appena un anno, che mi sono maritata, e non sono brutta, perchè più di uno me l’ha detto, e quando era zitella tutti i giovinotti che mi vedevano, andavano pazzi per me, e intanto per un infame, per un ingrato, piango dalla mattina alla sera… Ho perduto l’appetito, e giorno per giorno io povera sventurata non mi conosco più.
Am. Ma cosa vi fa vostro marito?
Pul. Che mi fa, che mi fa? Mi tradisce, m’inganna: mentre tiene questa moglie innanzi, si è posto a far all’amore con un’altra ragazza!
Am. Possibile!
Pul. Perciò son venuta qui per smascherarlo, per far conoscere la sua infamità, perché dentro a questa casa mi è stato detto che ci sta quella che egli corteggia. Dove sta? Fatemi il piacere di chiamarla, le voglio dire con quale soggetto ella si è messo a far all’amore, e dopo se non mi dà la soddisfazione che io mi merito, se seguita ad amoreggiarci, me l’ho messo in testa, le darò una coltellata al cuore e la farò cadere ai miei piedi.
Am. (Bene mio, e che sento, e sarria possibile!) Scusate, signora, che figura tiene vostro marito?
Pul. E’ un giovinotto piuttosto delicato… tiene un piccolo baffetto, una testa piuttosto grande… due gambe sottilissime.
Am. (interessandosi) E si chiama?
Pul. Si chiama Giulio…
Am. Raganelli?
Pul. Sissisgora, Raganelli.
Am. (Ah, è isso, è isso, non nc’è cchiù dubbio! Ah, briccone!.. Ah, nfame!…) E voi come vi chiamate?
Pul. Mimi Scagliozzi…
Am. Scagliozzi?
Pul. Ma che, conoscete forse Giulio?…
Am. Si lo conosco, si lo conosco!.. (Ah! Che io m’accedarria co li mane meje stesse). Signora mia, sappiate che io sono quella ragazza che voi andate trovando, io sono quella che ci fo l’amore, ma io non sapeva