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Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/79

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(Con un ultimo sforzo, Fortunato riesce a divincolarsi e a sorgere. I due ciechi si avvinghiano, in una lotta disperata. Nulla più di umano è nelle loro voci: son rantoli, e piccoli urli, e secchi ruggiti. Così, attaccati, lottando, Serafino ad offendere, Fortunato a difendersi, essi raggiungono la balaustra del verone, aperto sul mare. L'albino moltiplica i suoi sforzi, ingigantito dall'odio, e spinge il suo nemico oltre la balaustra. Ma Saggese, con abile mossa, riesce a raddrizzarsi e, seduto su la balaustra, si aggrappa a Serafino. D'un tratto, questi gli è sopra, e rinnova la spinta. Le due ombre risaltano nell'arco del verone, su la vastità plenilunare. Fortunato pèncola ancòra una volta. Poi, precipita nel vuoto, e trascina con sé, nella caduta, la sua « guida cieca ». Un romor sordo sale dal mare, seguìto da un lento gorgoglio dell'onda).


(Vuoto e silenzio).

(Il suono del clarino si rinnova, d'un tratto.
Santino ripete la nenia a « Luna nova ». Le note si propagano nell'aria, dolcissimamente).
La voce del guardiano Battista (lontana e lenta:) — Silenzio!


(Il suono continua).


La voce del guardiano Ardia (vicina e imperiosa:) — Silenzio!
(Il suono cessa. E il silenzio incombe).



SIPARIO.