Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/72

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Don Pellegrino. — Va' a rispondere, figlio. E perdona. Noi non possiamo che perdonare.


(Serafino dice di no, col capo, implacabile. Il sacerdote lo scuote, incitandolo a levarsi).


Serafino (senza muoversi:) — No, padre, Saccio 'a via d''a cammarata.
Don Pellegrino. — Ma è già tardi.
Serafino. — Nu poco d'aria mme fa bene. Iate, padre. Saccio 'a via.
Don Pellegrino. — Non trattenerti troppo, qui. E cerca di riposare. Buona notte.
Serafino. — Bacio le mani, padre.


(Don Pellegrino scompare nel corridoio di sinistra. Un silenzio. Serafino nasconde la faccia nelle mani, i gomiti appuntati su le ginocchia, in pietoso raccoglimento).

(D'un tratto, percòte l'aria il suono di un clarino. Santino Spada modula le prime battute della nenia a « Luna nova »).


La voce del guardiano Ardia (vicina e severa:) — Santino!
La voce del guardiano Battista (lontano e a distesa:) — Silenzio!


(Tutto tace. Si ode appena, a tratti, l'anelito accorante di Serafino).


VIII.


(Appare su la soglia della prima porta di sinistra il cieco Fortunato Saggese. È pallido, spettrale: un'ombra nella penombra. Si sofferma su la soglia, il mento all'insù, e appoggia le mani agli stipiti. Da una delle saccocce interne della sua giacca, sbottonata, sbuca la