Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/50

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Don Pellegrino. — La sessione è finita? Il guardiano Battista. — Nun ancòra. 'A discussione piglia a luongo.


III.


(Dal cortile di destra sopraggiunge Zaccaria. È l'umile inserviente dell'Asilo. Un vecchietto basso e pingue. Veste l'abito verdognolo, come quello dei ricoverati. Ha il volto pelato, gli occhi piccoli, la capigliatura grigiastra, la fronte depressa. Erra sul suo volto, perennemente, il sorriso dell'ebete. La parola gli è fatta penosa dalla balbuzie. Quanno parla, egli si muove tutto, come invaso da un tic nervoso irresistibile. Da una saccoccia della sua giacca spuntano le cannucce lunghe e incurvate di due pipe di creta. Ha in mano un piccolo involto di carta grigia).


L'inserviente Zaccaria (al prete, sberrettandosi, devotamente:) — Bacio le mani, padre e superió.
Don Pellegrino. — Benedetto! (Gli porge la mano destra, e se la lascia baciare).
L'inserviente Zaccaria al guardiano, consegnandoli le due pipe:) — 'E pippe: dui' centè l'una. (E porgendogli il piccolo cartoccio:) Don Rusario nun ne teneva spuntatura. Mm'ha dato chesto. Dice ca fa scatarrà.
Il guardiano Battista. — Scatarrà?... Comme s'intende? (Apre un angolo del piccolo cartoccio, e osserva; poi, adirandosi:) Chesto è liccese!
Don Pellegrino (prorompe in una risata sonora). — Ah ah ah ah!...
Il guardiano Battista. — Che schiuvazione, cu chisto! (A Zaccaria:) Io t'aggio pregato: spuntatura; e tu mme puorte liccese?! Che fumo c''o naso, io?!


(Zaccaria lo guarda, spalluccia e sorride).


Il guardiano Battista (di scatto:) — E famme 'a