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Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/192

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(Nello stambugio è un piccolo tumulto di voci dolorose).


Michele (con le mani tremanti si comprime fortemente le orecchie, per non udire il pianto dirotto e le accuse crudeli dei suoi bimbi. Spasima. Soffoca:) Io?!... Io?!... (Muove qualche passo verso lo stambugio; ma si arresta d'un tratto, e retrocede ancora verso il canterale, come respinto dalle voci filiali di orrore e di maledizione. Urta contro lo sagoma del mobile. All'urto si volge, e il suo sguardo smarrito, come di folle, è attratto dalle imagini sacre. Egli le contempla un istante, in un'ultima esitazione. Poi esclama, con disperata decisione irrevocabile:) No!... No!.. No!... Nun mme ne fido cchiù!... (Si abbatte con la testa e con le mani sul canterale. Ansima: tutto il suo corpo è scosso da brividi, come per freddo).


(Un lungo silenzio).


SCENA TERZA.


Michele, Cenzeniello, Sciurillo. La voce di Fantasia


(I due ragazzi appariscono al limitare dello stambugio, e si soffermano a contemplar Michele, commossi e dubbiosi. Sono scalzi, e vestono soltanto i calzoni corti).


La voce di Fantasia (rompe d'un tratto il silenzio. Giunge di lontano, lenta e accorante, come una nenia funebre. La cantilena si fa più chiara e distinta, a misura che il questuante si avvicina).
— Canto e conto 'a storia mia,
pe na nzìria e pe campà.
Cumpatite a Fantasia!
Chesta è 'a vera carità!


(La voce del monaco si sperde, a poco a poco).