Paggena:Teatro - Aniello Costagliola.djvu/135

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Bernardina (nel silenzio, continua a gemere, come implorando aiuto dalla persona che batte:) — Aiutàteme!... Aiutàteme!... Aiutàteme!...


(I colpi su la porta si ripetono, più vigorosi e a lungo).


Spingardo. — Cicchitò, vide chi è.
Ciccotonno (sale all'uscio, ne allontana la donna, respingendola verso il basso della scaletta; e guarda a traverso lo spioncino. Ai suoi compagni, con un sussulto:) — 'O pruveritore!
Una Voce (subito presso la porta, imperiosa e rude:) — Arapite!


(Come obbedendo all'energico comando, senza dar tempo ai tre sbirri di deporre le sferze e agli altri di comporsi, Ciccotonno apre la porta. Spingardo, Cruscone e Perillo nascondono le sferze dietro le terga).


SCENA TERZA.


Detti. — Carlo Catania di Bracigliano.


(Appare sul pianerottolo Carlo Catania di Bracigliano. È un uomo intorno la quarantina, basso e tarchiato, dai tratti energici e dagli occhi cupi. Porta l'«albernuzzo» di teletta, il saio di rascia, a finte e liste di «tarantola» gialla, il giubbone di tela, squartato e foderato di taffettà arancione, i cosciali e le calze di «stamma», il collare di tela, il cappello ornato di pennacchi e »passavolanti». Ma i tratti volgari e il portamento alquanto goffo svelano in lui il plebeo imborghesito).
Catania (non appena entra, si sofferma sul pianerottolo e richiude la porta. Volge intorno uno sguardo minaccioso. Agita con la destra una frusta di cuoio, e la fa battere sui suoi cosciali, nervosamente. Imperioso, agli sgherri:) — E cher'è, 'o fatto? E' caserma, o è