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SCENA III.
Mercu rio e detti.
Mercu. ( con pienissima disinvoltura ) SirrQ0 Iguazio, è in casa Pascariello? Ign. (con mal garbo) Nonsignore.
Mercu. (tra sè) (Dove diamine sarà andato colui? ah1 è la serata delf esimia signora Ristori... i fiori sono belli e preparati... conviene sborsar due piastre..... per particolar
favore avremo V entrata sulle scene...) ma a momenti forse verrà?
Ign. Non so.
Mercu. Bene, f attendo, (siede con tutta franchezza.cava un libro dilla saccoccia e legge) Ign. (a Tib.) (È visto che autorità tene dinto a la casa mia? e cche te cride che se nne va si non bene Pascariello?)
Tib. (Vi che (faccia de cuorno! )
Mercu. (leggendo) « Non poter vuotar mie vene a. Fino all’ estrema goccia e dir...
» P.endete... nutritevi, bevete il sangue mio» ... ah! la celebre tragica com1 espresse bene questo pensiero...
Tib. (parla ad Ignazio in modo da farsi sentire a Mercurio ) Ma dinto a sta casa vosta chi mette legge lassateme capì: site vuje lo
patrone de la casa, si o no?..... onne chi
non bolite che nce vene, dicitencello quatto e quatto fann’ otto.
Mercu. (tra sè) (Che dice quel direttor di bestie cornifere?) ìqn. (con tuono) Oh! signor mio, voi che pretendete dalla mia famiglia?