Paggena:Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789).djvu/73

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DIALETTO


ed il più ántico, che abbia scritto il volgare, tale quale si parlava, giacché tutti gli altri prosatori scelti per Testi dagli Accademici della Crusca, come sono le lettere di Guittone d’Arezzo, il Tesoretto di Brunetto Latini, e tanti altri prosatori per lo più di volgarizzamenti né sono tanto antichi, né scrissero quel volgare, che si parlava, ma piuttosto una lingua studiata, e dotta, e piena di costruzioni latinizzanti.

I Diurnali di Matteo Spinello ci fanno conoscere primieramente, che in Giovinazzo, e nella Puglia parlossi allora quel dialetto, che oggi è passato alla capitale, e dal quale i Pugliesi si sono ora alquanto scostati. In fatti questi Diurnali sono in Napoletano purissimo, ed è mirabile, che in tanti secoli abbia il dialetto nostro sofferta così poca mutazione, che è quasi impercettibile.

Per maggior soddisfazione de’ nostri Lettori inseriremo qui due lunghi, e curiosi squarci di quella preziosa Cronica, che meglio daranno idea del nostro linguaggio d’allora. La sola lettura di essi mostrando la naturalezza, e la facilità dello stile semplice, e niente ricercato, sarà pruova, che lo Spinello scrisse per appunto come parlava.

All’anno 1253. in Luglio trovandosi lo scrittore venuto da Barletta a Napoli a veder il Papa, e la rientrata in Regno de’ Signori di parte Guelfa, de’ quali era Capo Messer Ruggiero Sanseverino, siegue a dire [1].

„Me


  1. Non possiam tralasciare di avvertire, che in certa collezione di scrittori nostri, che ne’ passati anni intraprese di pubblicare il libraio Giovanni Gravier al Tomo XI. fu inserita quella Cronica già pubblicata dal Muratori, e all’editore venne in capo di mutarne il linguaggio, e l'ortografia. Chi sa quanto merito avrà creduto acquittarsi presso Dio, o presso il mondo per aver gratuitamente rinegata la patria, e la verità!