zato (innalzato), e non già 'nauzato, nè nnauzato.
Lasceremo le due cc nella fola voce ccà (quà), e le due ss nella sola voce ssì (questi), perchè effettivamente in quelle due voci si pronunzia distintamente forte, e raddoppiata la consonante.
III. È nota la continua, ed arbitraria metastasi del nostro dialetto tralla b, allorché non è susseguita da altra consonante, e la v. Simile in ciò allo Spagnuolo, e al Greco moderno (da qualunque di quindi due linguaggi lo abbia tratto) dice il Napoletano a suo arbitrio, e quasi a capriccio vota e bota, vesta e besta, viene e biene &c. Se vi è qualche regola per saper quando l’abbia ad usarsi nella pronunzia l’una, o l’altra di quelle due lettere, è caso raro, ed è tanto difficile ad insegnarlo, che solo la pratica di molti anni potrebbe istruirne chi lo desiderasse, e ne valesse la pena per un dialetto, che sin ora è nell’abbiezione, e nel disprezzo. Ne abbiam parlato di sopra alla pag. 9., e recatone un esempio tratto dal verbo volere. Ci si condoni recarne un altro qui tratto dalla voce vota, che corrisponde all’italiana volta, o sia vece. Si deve dire una vota, doje vote, quatto vote y cinco vote &c., nè si può dire altrimente, ma sul numero trè si dice ugualmente bene tre bote, e tre vote. Similmente deve dirsi forzosamente chesta vota, e chella vota; ma può dirsi quacche bota, cchiù bote. Chi non confesserà l’impossibilità di dar regqla in questo?
Intanto può ognuno avvedersi; che lo scrivere ora col b, ora col v genera confusione agli stra-
nie-