VII maturo), sforze (sforzo), schérze (scherzo), ecc.; è dolce in zavorre (zavorra), żere (zero), mèżże (mèzzo, metà), rożże (rozzo), canżone (canzone), ecc. Come si vede in questi esempi, la zeta dolce è indi- cata con un puntino. Il c colla cediglia Ce e ci, in alcune parole, hanno un suono che somi- glia a quello di sce e sci, ma piú tenue e piú dolce. Per indicare questo suono particolare è segnata una cediglia sotto il c (ç), per es. buçi' o buçie (bugia), vace (bacio), ecc. Questa differenza di suono tra çe e sce, ci e sci, si osserva chiaramente, pronunziando cace (cacio) e casce (cassa), çive (eri) e 'scive (uscivi): ç si rafforza con sc, per es. ct ditte quéšte? che sci ditte? Si noti che il ç, se viene a trovarsi dopo n, perde la cediglia, per es. çi bbone, se preceduto da nen, si scrive nen cî bbone, e si pronunzia nen gî bbone. Chi gutturale e chi palatale Il chi ha presso noi suono palatale nelle sillabe chia, chie, chio, chiu, e l'indichiamo con un é, per es. chiać- chiere (chiacchiera), chioppe (pioppo), chiude' (chiudere), schioppe (caduta), schiume (schiuma). E palatale anche il chi, che risulta dalla contrazione di un chia o di un chie, per es. macchive da macchià', raschive da raschià', rećchine, da rééchie ecc. Per il contrario il chi e il chie, che nella flessione vengono da un ca, conservano il suono gutturale di questo, per es. caschive da cascare, chiene da cane. Raddoppiamento della consonante iniziale La lingua italiana in certe espressioni raddoppia nella pronunzia la consonante iniziale, per es. a tte, a vvoi, è llui, fu llei, ecc. Ma questo raddoppiamento non è segnato nella scrittura, perché scriviamo tutti: a te, a voi, è lui, fu lei. Avremmo potuto far ugualmente in dialetto, ma ab- biamo pensato che questo raddoppiamento, riprodotto ¹ Cfr. G. FINAMORE, op. cit., pag. 14 § 54.
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