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simi di Francesco,,ti «babeMò Inori a futi»
divergale.
SiAnù^;
’Ann. A voi sì., a voL
Tat. Qh I Don Nicchino *tf.aviv isoat oesa,ca ai tu e zzieto avite fatto quacche nganno a ffratemo, pe lo zuco de li tagliaùrieHe! vico à ppiglià la sfuggite-Ahe m’aggio dato atnmolà abbascio nninche. so arrevata a Bisceglia.
Pul. Vi che cciuccio I Chisto vene a Bisceglia pe se fa ammolà oa afmigMal
Ann. Zitto -mài ( a Totontw) Cera mia signor palio» da ventai D. Annibale e soo aio sonalo specchio dèlia morigeratezza, e là lóro operaziopeha ^óa^ihuilaaolo per far ricuperare ii Da fortuna a questa giocane, (indica Lu* crezia ) la qttilp.davràformarella aorte del tua meschinissimo germinai. SI. era da noi deciso di leggere, stasera il testamento; ma giacché siamo ooprati di tanti complimenti, degni dell» vesire costumatissime.Ungue, io ora sono costretto ^ ptesarvi l’asoano. Sappiatelo tutti: Lucrezia non è più miserabile, m« bensì è ^dlMerft <#.36 »ij* ducali.
Tea-,
Tot.
bui.
Hoc.
Ai/;
Ann. E si è dovuto giungere in BùcegKae propriamente in questa casa...
Lue. Perchè lo vavòne mio ha voliuafe to tetta» miento che a st’ abitazioae s’evèva despesjk
Fra- (saltando « da&dv Afrori éenitwi ftididi
> Ah!!!,;
l ha fiondali \ Ahi