sposammo e parimmo justo Paolo e Birginia. (via)
Pul. Brutto sforzo aggio fatto a sta presente a sta capitolazione. Si patrò, te raecomanno sà, non ne fa una de li toje; t’ baje da schiaffà ncapo ca sto cataplasmo de marva a te attacca, onne evita li qtustiune quanto chiù può. (via)
Pan. Nne panza pà? che te nne pare? vide che sacrefizio mme faje fa; te raecomanno, famme fa bona la digestione de sta cornacchia mbottita.
G.fi. (esce dalle camere, e si dirige a Pangr.) Come / voi state qua?
Pan. E addò aggio da sta?
G.fi. Non state in Aversa?
Pan. Perchè?
G.fi. Tutti vi hanno preso per matto; in mezzo a quel largo si diceva « con qual coraggio po» tra sposare queir anfibio? »
Pan. Eh/ tu non capisci ¥ imperiosa circostanza che mm’ obbliga a ddà sto passo; vi ca se tratta de dare un argine alla mia paccariazione /
G.fi. Come avete detto? paccariazione/
Pan. Già, paccariazione.
G.fi. Paccariazione / Oh che parlare grazioso / Sapete che la vostra fisonomia mi piace? Vi sentirei sempre parlare.
Pan. Vi chist’ auto comin’ è cuotto /
G.fi. Se non vi dispiace, voglio stare sempre vicino a voi. Voi siete l’amico di papà, e voi dovete esserlo anche di suo figlio Gennarino. Va bene? vi negate forse?
Pan. No gioja mia, io sarò il tuo amico, il tuo