Paggena:Del dialetto napoletano - Ferdinando Galliani (1789).djvu/62

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NAPOLETANO

pere quasi tutte di soggetto eroico, e sublime, ed è ben noto che in sì fatto genere di produzioni pochissima parte del comune linguaggio si suol contenere. Apransi i Lessici: osservassi, che quali un terzo delle parole latine non è pervenuto a noi, se non che per fortunato incontro in un sol passo di scrittore antico, e moltissime neppur così, ma perché trovate nè frammenti restatici di Varrone, di Festo, e d’altri grammatici. Se un sol foglio di più se ne fosse smarrito, ignoreremmo quelle voci. Ogni giorno col disotterrarsi nuove iscrizioni s’incontran voci nuove. Se avverrà, che in qualche biblioteca s’incontrino i frammenti perduti de’ suddetti, a di altri grammatici, nuove voci latine acquisieremo. Or nella ignoranza, in cui siamo della intiera lingua Latina chi sa quante voci, di cui ci lambicchiamo ora il cervello a trovar l’etimologia, se la sapessimo tutta, ci accorgeremmo esser pure e prette latine? Si tormentò stranamente il Menagio a trar cogli argani la voce alfana da equus, e dette luogo a que’ graziosi versi fatti contro di lui.

Alfana vient d’equus sans doute:
Mais il faut convenir aussi,
Qu’en venant de là jusqu’icy
Il a bien changè sur la route.

Quanto più saggio sarebbe stato per lui il dire, che sorse in qualche dialetto antico Italiano fuvvi la voce Alfana, come fuvvi l’altra Caballus, per dinotar lo siesso che Equus!

Ma vi è dippiù. Errore sarebbe il credere, che i Romani pronunziassero le voci della lor lingua per appunto in quel modo, che la loro

orto.