8 *
SCENA IH. *
Camera in casa di D. Alfonso.
Eleonora , Colombina , poi D. Alfonso.
Eie . Pettegola, ti foglio insegnar la creanza- to/ Ajato , ajuto. la balte.
Alf. Cos’ è questo fracasso ? Appena* alzale ave- te principiato a contrastare.
Col. Sacciate si patri). .
Eie. Sappiate Signor padre . *
Col. Voglio parla io.
Eie. Ho da parlar io ohe sono la Padrona. *
Col. So stata vattuta . . Eie. Mi ha offesa*
Alf. Ma figlia mja questo no va bene ; state sem- pre come cani e catte. Eie. Ma . »
Col. AH’ uìlemo eh* aggio mancalo io ? Che Pag- . j gio ditto, che essa s' ha da piglia JD. Giovan- ne , che no lo vole.
Eie. No lo voglio, no. Col La sentite?
Alf. Va Colombina nelle lue stanze , rispetta mia figlia ,• e non prenderti più confidenza con lei.
Col. Vac o. ad Eleonora. (O schiatte o criej>e,j|
D. Giovanni t’ aje. piglia. ) > via.
Eie. Ma signor Padre , voi ce ne fate prender troppo" a quella pettegola.
Alf. Ma alla fine poi che ti disse quella infeli- ce , che ti devi sposare 0. Giovanni.
Eie. Caro padre, non credo che vogliate sacri- ficare una figlia che tanto vi adora , io ho detto che D. Giovanni non mi piace * ed io non lo voglio. *
Alf. Figlia mia, io non voglio sacrificarti > ma tu devi prima vedere D. Giovanni.
Eie. E che necessita ci è che lo vegga, se è tant’ orrido , e deforme.
Alf. Tu qome lo sai ? Eie. Dal ritratto.
Alf. Ma questo però stimo » che sia stato uno sbaglio del pittore.
Eie. Ciò non può essere , perchè i Pittori cer- cano sempre di abbellire * non gi'a deformare i loro litratti.