Gio. No, ti avrà detto Tito Litio.
Pul. In Quinto Curzio, accossì. ti mette in posizione.
Gio. In iscurciO'tooi dire? «j
Pul. Scolurcio , gnorsì. Gio. E bene.
Pul. Pigliaje no penniello fino fino.
Gio. Pennello ad occhio? Pul. Cchiù fino.
Gio . Pennello a miniatura? Pul. Cchiù fino.
Gio. Ma pennelli più fini di questi non ve ne «ono. / . *. • ' *■ ■
Pul. Gnorsì, pigliaje lo penniello de masto Fran-
. cisco lo Fravacatore , e in doje bolle zaffe zaffe mme facette Io ritrattò. Io mmelo con- templava, vedeva che Io. naso mio era cchiù profilalo de lo tujo , la vocca era cchiù pie- . „ cerella , la faccia cchiù aggraziata, e lo front®—* cchiù calluio ; pe farle no piacere, tu mme diate la lettera apèrta pe metterce Io ritratto dinto, e darla a lo Corriere , io invece de Io
- °i o noe mettette lo mio.
Gio. Ah scellerato I Ti voglio uccidere . . Come 1 j questo facesti ? E che avrò detto D. Eléòno/ n ra. in vedere il tuo orrido ceffo ?
Pul. Avrà ditto ca §’ è nnainmurata de me.
Gio. Ecco l’effetto del dambio del ritratto. Sì ha trovato un altro amante.
Pul. E tu pe na matita tanto t’affligge , mo vaco a lo Ilario de lo Castiello , e t’accatto na coperta in vece de na mante.
Gio. No. Giacche tu facesti lo sbaglio , tu va- glio che ne porti la pena , perciò in querto momento ti ordino di portarti in casa di D. Al- fonso , e siccome ti crederanno D. Giovanni per i* anticipazione del ritratto, così dirai che tu sei D. Giovanui d’ Alverado, io introdotto in casa fingendomi tuo servo di nome Pulci- nella, e vedere se mi è stata fedele.
Pul. Vale a dì ca io aggio da fa D. Giovanni e tu Pulecenelia. :
Gio. Appunto.