Pul. Nc’ ha portalo a Corneto.
Gio. Vale a dire? •*..
Pul. Sacce , ca mentre jeva Irovanno la casa de lo si Fouzo Smerdozzo , aggio nliso la voce de na femmena , che ha ditto. Fuje D. Luffa, lassa a D, Pommadora, e ghieitale da copp'a Lascio. .• Gio. E poi?
Pul. E po aggio ntiso no bullo" abbascio e s’è accostato a me uno e mm’ ha ditto. Sappi caro servo, che io tutta questa notte mi sono tral- tenuggialo nelle stanze di D. Pommadora ,. se t n’Jè addonato il suo genitorio, e mi soa but- tato da un balconio.
Gio. Come ! Tutto questo hai inteso ? •
I Pul. Tutto chesto.
Io sono nelle angustie, ma persuadermi non '""""posso che D. Eleonora mi abbia tradito, do- pocchè le inviai il mio ritratto.
Pul. Ah, lo ritratto che le mannaste?
Gio. Appuuto. Pul. Ride si patro,
Gio. Perchè ho da ridere?,
-Q u a u p o tu mme mancaste da Io t pittore a piglia lo ritratto, isso mme guardava co n’ uoc*
chio viecchio.
Gio. Con occhio bieco vuoi dire. I
Pul. Gnorsì. Po mme dicette , se io avesse da pitta n’acciso, a te pittarria, pecche noe tie* De la faccia.
Gio. Come! E non te ne risentisti? _ ' ,<
Pul. E perchè mme n’aveva da risentire? „ ..
Gio. Perchè disse che avevi la faccia di un am- mazzato. ^ ,
Pul. No scamazzato. N’ acciso , chillo bello n- gliulo che mirannose dinl 1 a l’acqua se nnam- moraje d’ isso stesso* ' .
Gio. Narcisso vuoi dire?
Pul. Gnorsi. Gio. E bene ? ...
Pul. E bene , dicette io pittarne quanno e che- sio Tanno mme dicette : miettete in Quinto Curzio.