Raffaele Viviani
Bagonghi (all’orecchio della moglie) — T’aggi’a fa’ na faccia ’e schiaffe!
Zenobia (legge) — «Cara Donna Zenobia, aprite gli occhi che…».
Bagonghi (prevenendo Zenobia nella lettura) — «… vostro marito…». (Tra sé, all’indirizzo della moglie) Le ha fatte a forma di circolare!
Zenobia (continuando a leggere con interesse crescente) — ….«vostro marito se la intende con Nicolina, la figlia di Don Ciccio». (Si rabbuia, quindi scoppia in una fragorosa risata, a Bettina) Mannaggia l’anema vostra! Sempre a scherzare state! (Entra Roberto; a lui, con foga, come a testimoniargli la sua fiducia, ma, al tempo stesso, scherzosamente) Viene ccà, traditore mio bello! Che mi fai sentire… Beh, ti perdono. Damme nu bacio… (Lo attira a sé).
Roberto (sorpreso, schivandosi per tema che appaia Nicolina) — Stai ferma.
Zenobia (insiste) — Damme nu bacio, taggio ditto!
Roberto — Ma che è stato?
Zenobia (mostrandogli la lettera, con ironico accento drammatico) — Guarda, che m’hanno scritto! Che tu mi tradisci con la figlia di Don Ciccio! (E sorride)
Roberto (rabbuiato, ma padrone dei suoi nervi e della sua calma) — Chi te l’ha data, sta lettera?
Zenobia (ridendo fragorosamente) — Sta pazza de Bettina…
Bagonghi (sottovoce alla moglie, impaurito) — Mo siente…
Roberto (amareggiato, dominandosi a stento) — Davvero? È stata Donna Bettina, eh?
Bettina (senza scomporsi) — Me l’ha data nu ragazzo! e ha detto di consegnare la lettera a Donna Zenobia!
Bagonghi (fa un timido cenno di approvazione col capo a Roberto che lo guarda con mal celata minaccia; quindi alla moglie sempre sottovoce, ma con tono intimidatorio) — Stanotte parlammo!!
Zenobia (a Don Ciccio che entra, allegramente) — Don Ci’, venite, venite qua… C’è pure una lettera per voi. (Don Ciccio si avvicina al gruppo).
Bagonghi (vorrebbe, in quel momento, sparire; alla moglie) — ’E vide ’e conseguenze….? (Le mostra i pugni).
Don Ciccio (senza interesse) — Addo’ sta, sta lettera?
Zenobia — ’A tene[1] Bettina.
Don Ciccio (a Bettina) — E dammella. (Bettina mostra la lettera, ma, stavolta, con esitazione).
Roberto (che dalla prima ha intuito il tenore della seconda lettera, a Don Ciccio, per sviarlo dalla lettura) — Ma non date retta… (E spinge il braccio di Bettina, con palese inquietudine).
Zenobia (al marito) — Fagliela dare, se ride nu poco.
Don Ciccio (a Roberto) — Famme vede’… (A Bettina) Miette ccà. (Prende la lettera e l’apre).
Zenobia (burlona, a Don Ciccio, stentando un tono di estrema gravità) — Leggete, leggete… Che scenufleggio[2]! Sotto agli occhi ce lo facevano, Don Ci’…