Paggena:È buscia o è verità.djvu/9

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Fel. Asdrù, puliscimi addietro. (Gli dà la spazzola.)

Asd. (esegue): Eccomi a servirvi.

Fel. D. Luigi, io debbo andare a fare diverse piccole spese: m’accompagnate?

Giu. Con tutto lo piacere.

Fel. (chiamando): Luciella, Luciella…

Luc. Che commannate?

Fel. (D. Luigi, questa è la mia cameriera, comme ve pare?).

Giu. (La trovo simpatica).

Fel. Luciella, fatti avanti: questo signore dice che sei simpatica.

Luc. Bontà vosta, signò.

Giu. Graziosa veramente.

Luc. So’ l’uocchie vuoste.

Fel. E così rispondi sempre: so’ l’uocchie vuoste, nonsignore, così è… Voltati, non ti mettere vergogna.

Asd. (Se, sà comme se mette vergogna! Chella tene na faccia che nce può scognà pigne).

Giu. Non fa niente; lasciatela stare.

Fel. Eh, io Luciella la voglio bene come una sorella: papà morendo me la raccomandò, anzi papà le promise 200 ducati quando io pigliava moglie, poi morì, io non potetti sposare più, e così ella non ebbe i 200 ducati; ma con tutto ciò, adesso che prendo moglie, l’avrà immancabilmente.

Luc. Io ve ne ringrazio tanto tanto… Basta che non ve facite scappà nisciuna buscia, pecché, secunno la lettera che avisteve da lo padre de la sposa, e che me facisteve sentì jersera, una che ne dicite, lo matrimonio se ne va nfummo, e co isso pure li 200 ducati mieje.

Fel. Oh! Non nce pensà pe chesto, na buscia non m’esciarrà da la vocca. Dunque, D. Luigi, vogliamo andare? Torneremo subito.

Giu. Sono con voi.

Fel. Luciella, ti raccomando, se per caso venisse la sposa col padre prima di noi, li farai aspettare, li farai ristorare, se si vogliono cambiare… Insomma tutto quello che vogliono, mi raccomando a te di servirli a dovere e non stare di cattivo umore, perché bugie non ne dirò… (Andandosene.) D. Luigi, voi se volete fare penitenza con me questa mattina, siete il padrone…