La morte accanto al tesoro con Pulcinella garzone d'un carnacottare, e nascosto in una botte per salvarsi la vita

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[p. 1 càgna]

LA MORTE

ACCANTO AL TESORO

CON

PULCINELLA

GARZONE D'UN CARNACOTTARE

E NASCOSTO IN UNA BOTTE

PER SALVARSI LA VITA

COMMEDIA IN 5. ATTI

di FRANCESCO DE PETRIS







NAPOLI 1830.

Da' torchi di Raffaele Miranda

Si vendono presso Bartolomeo D'Ambra''

Strada Molo n.° 32,, e 50.

[p. 2 càgna]

PERSONAGGI.


ERGASTO Padre di
ELENA, e di
LUISA.
SERGENTE amante di Elena.
SIMONE.
BARONESSA Voccola.
FONZO, Carnacottaro.
JENNARO, Cafettiere.
PASCARIELLO, Cantiniere.
TERESELLA, Verdumara.
GIUDICE.
PULCINELLA Garzone di Fonzo.
PAOLINO)
          ) figli di Elena.
GIULIETTTA )
CAPO SQUADRO.
BIRRI.
Vari lazzaroni.

La scena è in un villaggio del Regno di Napoli. [p. 3 càgna]

ATTO I.

SCENA I.

Piazza con cinque botteghe, due a destra, e due a sinistra, ed una in fondo. Le due a destra saranno caffè e cantina, quelle a sinistra tabaccheria e posto di verdumajo, la bottega in fondo sarà di Fonzo Carnacottaro. Tutte queste botteghe saranno montate nello stato di vendita con i rispettivi padroni, menocchè Luisa la Tabaccara che non uscird se non a suo tempo.

Jennaro, Pascariello, Teresella, e Fonzo.

Jen. Stammatina so state accise tutte quante; nisciuno vene a piglia cafè.

Pas. Non vevono vino comme votino pigliò cafè?

Jen. Da stammatina fino a mo che aggio vrnnuto? Quatte tazze de cafè, no bicchiere co lo fatte, no tornese de sammuco a no pezzente, e meza veneziana.

Pas. Tu aje vennuto tutto chesto, e io ancora aggio da ngignà.

Jen. Pe te che si canteniere è priesto ancora, aje tiempo a miezo-juorno.

Ter. Io po so stata la chiù affortunata. Aggio vennuto doje caudare de patate fino a me.

Jen. E ca chesto è buono a vennere m, no cafè che non c’ è chi 1’ aosema.

Fon. astratto e pensieroso fa un sospiro. Auf.

Ter. Che d’ è ne Fonzo?

Fon. le fa cattiva ciera, brontola tra se stesso, e non risponde.

Jen. accostandosi a Teresella. Che ave sto lupo menaro?

Ter. E che saccio? Da paricchie juorne a sta parte ha cacciato na superbia, che non se sa chi [p. 4 càgna] è isso, e quanno lo chiamine o non risposile, o te fa no sgarbo.

Jen. Le dispiacerrà d’ essere ehiammato Fonro»

Ter. Volesse Io Don?

Jen. ( Accossì sarrà. ) Ne D; Fonzo?

Pas. ( Vide Jennariello corame lene goljo de se ncojclà. )

Fon. alquanto rimesso. Che volile si Jennariè?

Ter. ( Lo vi ca 1’ aggio addevinato! Car- nacotlaro arrozzuto. )

Fon. ( Eh, poche aule moracnte dura la péna mia. ) jjfzomraa che volile? a Jennariello.

Ter. Jennariello vo sapè corame staje?

Fon. burbero, e contrafacendo coinè Teresella ira se. ( Cornine staje!. )

Jen. accostandosi. E accossì, corame slaje?

Fon. Sto buono, sio buono. voltandogli le spalle, si me le a far qualche cosa ' per non entrarci in discorso.

Ter. Ma che d 1 è? Ve dispiace d’ essere chiaro- mato? Ve eh laminammo Fonzo, e vuja* non risponnifce, ve chiammararao D. Fonzo e ve volate de mala grazia; v’avessemo da chiammà Barone, Princepe, Cavaliere..

Pas. Conte, Marchese, patrone de casa...

Fon. ( Ah canaglia, chiù a tardo lo sapite com- me m’ avite da chiamali. ) Aggio che fa, ten- V go auto ncapo» come sopra.

Ter. ride fra se. Ah ah. i. Jenì (Chislo è ghiulo a mpazzì, tuono de palla*)

SCENA II.

Pulcinella, e detti.

Pul. T>uon giorno Preticepa.

Fon. ÌJ Che prencepale e Prencepale /

Pul. Comme! non me si prencepale?

Fon. So lo cancaro che te roseca. [p. 5 càgna]

Pul. T’aje lavata la faccia staramatina.

Fon. Non buò parla co chiù criaoza mascalzone!

Pul. Oh! Ccellenza commannate pistacchie?

Fon. Va tratta co li vastase pare tuoje.

Fui. (Vi chi parla de vastase. Isso fino all’auto jere è ghiuto scauzo e co la mazza ncuollo strellanno premmone pe la muscella.)

Fon. Te inparo io de trattà.

Pul. Nzomma corame t’ aggio da chiammà?

Fon. Non mme chiammà fino a cca n’auto poco..

Pul. E po corame te chiamino?

Fon. Lo saparraje.

Pul. E se t’ av.sse da chiammà mo?

Fon. injaslidito & dispiaciuto prorompe in un folle grido. Oh?...

Pul. (Puozz’ essere acciso... m’ ha nzorduta na recchia... Aggio capito... Quanno l’aggio da chiammà aggio da fa corame ha fatto isso... Oh /..)

Fon. Si stato a la gioita?

Pul. Cioè, a la cantina de D. Lena?

Fon. Si. Ce si stato?

Pul. Gnorsì;

Fon. K la chiave?

Pul. Eccola cca. glie la dà.

Fon. Va, tras* dinto, e statte attiento a lo stainato ncopp’ a ìq fuoco.

Pul. Vaco. (Sto mmalora de pazzo mine fa perdere le cervella.) V*rz.

Ter. (Marisso Pulecenella, passa elicilo dé li cane co sto lupo menare.)

SCENA III.

Simone, e detti.

Sim. Il Ciel vi salvi o Fratelli, accostandosi al caffè.

Jen. Buon giorno Semmò. Assettate.

Sim. Quantunque sia questo un luogo profano, [p. 6 càgna] e non adattato per me , pure vi ubbidisco , tantoppiù che debbo aspettare la Signora* Ba- ronessa. Jen. Vuò cafè l Sim. Oh grazie. Non è bevanda questa per un uomo penitente quale son io. Pas. Volisse no bicchiere de vino ? Sim. Grazie buon giovine , grazie. Sono degli anni che non fo più tud di questa pericolosa bevanda. Pas. E che bive ? Sim. Acqua , non altro che acqua. Pas. Ma apprimma saccio che lo vino te Io ve- vive, e ch ù de na -vota te si retirato nquat- to a la casa. Sim. Eh , pur troppo è vero ; ma Simone di a- desso non è Simoiw di allora. Allora , *si non ** ho rossore di dirlo, perchè tutti siamo di" fra-' , gii carne, e tiitti possiamo mancare; allora io eia un impasto di vizj , un cumulo di scel- leratezze. Quanti peccati ! Oh Dio ! Quante enormità ! Ma adesso 'che grazie al Ciclo la mia mente è stata illuminata , e che son giun- to debolmente all’ apice della virtù non bevo più vino ♦ non mangio carne , e mi astengo da ogni sorta di difetto che potrebbe contamina- re la mia coscienza , e lar vacillare la raj* virtù. Jen. Veramente si no bravo omino. Sim. Grazie, Può-, Accessi avarriamo da essere tultp quante. Sim. Vostro danno lo siete. N A IV. Pulcinella * c detti . Pul. Accostandosi leggiermente a Ponzo gli Si darà un grida all ’ orecchio , corno, ha fatto questo pie* anzi et lui % Oh » I * Che mmlor’ajc ì 1 Digitized byGoógle [p. 7 càgna]

Pul. Trase ch’ntò, ca s’ha da «cerniere lo caccavo da copp* a lo fuoco, c io sulo non me fido. Fon, E strille de chesta manera!

Pul. E tu non m’aje’ ditto che accossì faggio ’da chiammàv’ i i ‘ ’ •

Fon. (Che aggio da fa 1 Ce vo prudenza; caglia e statte zitto *5 a cca n’ auto poco li voglio fare abbailà ncopp’ a no carrino.) Jain* mo. oici..

Pul. (Isso m’ ha nzorduto na Pecchia a me, io ce n’ aggio nzorduta n’ auta ad isso). via appresso. »

Ter. Semmò, si stato nzórato a «ranno tujo?

Sim. No, inai.

Ter. scherzando. Volisse a me?

Sim. Il 0 * biffe ne liberi. ’ ^

Ter. pesche? Tanto bruita clic so?

Sim. Noti dico questo, nia... Oh Mondo! Oh mondo!... ’

Jen. Terese, statte s&fa.

Ter. Maramè, io pazzeò.

Jen. Lo saccio ca pazzie; ma chillo è vamtnace vergene, se scannalezza.

Ter. Ah, ah... Fattella co sta vammace vergcne. .. N’ ha fatto cchiù isso ca Catuc«io;

SCENA V.

Baronessa, e detti.

Bar. TT’onio? verso la bottega di Ponzo.

Sim. JO Signora Baronessa, siete qui? alzandosi.

Bar. Sto cca caro Semmone. Assettati.

Sim. Siedo per ubbidirvi, siede. ’

Pas. Puozz* ave na saetta ncopp’ a la noce de lo cotdlo. Jcrt..Commanijate cafè? 4

Bar. Grazie: ne ho presi 12. questa mattina 6 adesso sio per crcpare; [p. 8 càgna]

Pas. (Pagarne prirnmo li <5. canine, che m’ aje da dà, e po non fa che faje na botta.)

Par. Questa mattina mi è accaduto un cacio raro.

Jen. Sarrà caso d’ OJanna.

Bar. Un cacio, un fatto, e come siete stupidi/

Jen. E diche caso.

Bar. conir af vicenda. Caso! Come siete ignoranti! Con voi aute non si può parlar pulito.

Jen. E cacio è parlà pulito V

Bar. Sicuio. Itnzi pe parlare veramente Toscano, doveva dire un formaggio strano, ma siccome vuj- non me capite.. *

Jen. Via, sentimmo ch’c stato sto formaggio raro.’

Bar. Schiatta non te lo voglio dire.

Jen. (Crepa tu sola dico io.) via in bottega.

Bar. Co sia spila de gente tc passa la. voglia de fa T a (letterata.,

Pas. Stgnò; quanno volile che me vengo a piglia li denare de chilii tre barrilo de vino che v’ aggio dato?

Bar. ÌVla tu sai che si troppo insolente. ^

Pas. E perchè? ’

Bar. Ai nobili non si cerca mai denaro.

Pas. E pe essere pagato?..

Bar. Vi basta un paghi iò.

Pas. Ma lo patrone non accatta lo vino con i 1 pagherò, 1’ accatta con i denare.

Bar. E denari- per ora non ce ne sono; nè pozzo cagnare pe tc na polisa di 8o. mila ducati.... La Baronessa,. Voccola è ben cono-’ sciuta, e-...Pas. Ma..

Bar. Abbassa la voce quando parli con me.

Pas. Io non pjTlo.

Bar. Va via, che quanno cagno, t’ abbottarraggio de doppie.

Pas. (E pure co sta Baronessa ma c’ a vaneggio da ncojetà buono.) via in bottega.

Ter. Faccio buoao; io a non fa maje credenza... [p. 9 càgna] Lassame ì dinto a vedà si volle la caudara. via in bottega.

SCENA VI.

Baronessa, e Simone.


Bar. S imone mio tenco no pasticcio dint’a le budella, che non c’abastarriano diece monnezzare co cuofeno e zappiello pe me lo scippare.

Sim. E perchè?

Bar. Non tenco raauco no grano pe me n’accattare lupine.

Sim. E l’80 mila ducati?

Bar. È stata na mmenzione pe fa sta zitto chillo scrianzato; ma io me moro de famma.

Sim. Oh che brutta parola!

Bar. Se c’è fosse riuscito chill’affare sta notte nella cantina di Elena…

Sim. Ma non ve l’ho detto io ch’era tempo perduto! Abbiamo sfabricata mezza cantina, in terra, sul muro, in tutt’i luoghi, e quel ch’è peggio abbiamo perduto tempo, sonno, e fatiga, senza ricavarne nulla; il denaro non ci sta.

Bar. Si che ci sta, ed io cì scommetterei 40. teste, che ci stia.

Sim. E come lo sapete.

Bar. Me Io disse lo stesso marito di Elena pochi mesi prima di morire.

Sim. Ma perchè nasconderlo in cantina quando aveva la casa dove riporlo?

Bar. Ma non vuoi capire che quel denaro ce lo pose nel tempo che i Briganti andavano dando il sacco alle case… Simone, il denaro là sta, e noi questa notte dobbiamo andar di nuovo a trovarlo.

Sim. E se perdiamo quest’altra notte!

Bar. Pacienza! [p. 10 càgna]

Sim. Ma io ho consegnata la chiave a Ponzo che ci tiene la carne dentro.

Bar. E tc la farai dare un altra volta. Che timore hai che non te la dia?

Sim. No, non dubito per questo, mentre egli ha molta amicizia per me. Ma per altro Signora Baronessa; voi tanto sciocca foste f che avendo strappata la chiave dalle mani di E. lena, sapendo che là vi era un tesoro, l’ avete poi data a Ponzo?.. L’oggetto di aver tolta la chiave ad Elena non fu quello di appropriarvi del denaro che stava nascosto nella cantina? Perchè dunque non andaste a ricercarlo, c dippiù daste la chiave a Fonzo • per non potervenc più servire?

Bar. Ti dirò caro Simone. Io ebbi la chiave da Elena, ma non mi fidai di andar soia nella cantina. Di notte io ho paura, e se non avessi trovato te che mi accompagnavi, e che mi mostravi/il tuo spirito, io anche che non avessi data la chiave a Fonzo, la terrei ancora presso di me, nè avrei avuto il coraggio di andare sola.

Sim. Dunque potevate seguitare a tenerla presso di voi fin a tanto che non avreste trovata una persoaa sicura come me con cui fidarvi.

Bar. Io la d edi a Fonzo perchè m’ importunava ogni giorno per questa chiave, dicendo che non aveva dove riporre le carni la notte, e poi stando in mano a Fonzo era come fosse stata in mano mia, semprecchè la voglio esso me la dà*, nè posso temere per il denaro, perchè non ne sa nulla.

Sim. Signora Baronessa, giacchè voi siete sicura che il denaro sta là tuttavia non ci resta altro mezzo per conseguirlo, che quello che io vi propongo. Bar. E quale?

Sim. Ad Elena mi figuro che sarà noto il luogo [p. 11 càgna] preciso dove questo nascondiglio si trova.

Bar. Sicuro; anzi il naariio le diede ancora la chiave di un catenaccetìo ehc serra lo scatolino nel quale è riposto il denaro.

Sim. Or bene.- Sentite qual è il mTo progetto.

Bar. Parla.

Sim. Di farmi accompagnare da Elena stessa..

Bar. Da Elena!

Sim. Da Elena.

Bar. Ma S mone mio. Tu duorme nzuonno, o viglie sedato?

Sim. E come?

Bar. E tu vuoi andar a prendere un tesoro accompagnato dalla padrona stessa del tesoro?

Sim. Dd uni.* Voi avete fiducia in me?

Bar. Tutta la fiducia, altrimenti non mi ci sarei fidata.

Sim. E bene, contentatevi a ricevervi per le mie mani la metà del tesoro se mai ti rinviene, e non v 1 incomodate a venire.

Bar. E perchè?

Sim. Perchè andando io con Elena, ella non ci verrebbe vedendo voi, perchè le siete nemica; per altronde io mi fido di portarla nella cantina, e col pretesto di renderle un servizio £ nell’ avermi fatta dare la chiave per farla impossessare di una vistosa somma ai denaro, di cui nelle presenti ristrettezze ha gran bisogno, farmi additare questo denaro, prendermelo, c quindi dividerlo da buoni amici, tra voi c me.

Bar. Ma se l’ho detto che ti sonni in sogno.

Sim. E di nuovo /

Bar. E sicuro. Ti pare che Elena viene nella cantina con te, li mostra il tesoro, te lo lascia prendere, e poi.:.

Sim. E poi che?.. Elena. con circospezione.

Bar. Si!... Sim. Elena non vivrà più.

Bar. Veramente?

Sun. Andcrò munita di un pugnale, ed appetii ritrovato il tesoro ce lo immergerò nel seno. [p. 12 càgna] Così porterà ncU’à tomba il nostro segreto.

Bar. Tu sai che mi persuadi. Tutto sia che ti riesca.

Sim. La riuscita l’ho nelle mani $ siatene sicura.

Bar. E bene, fa’ tu, e domani ti attendo COI denaro.

Sim. Vi piace il mio progetto?

Bar. Si, tantoppiù che la sola morte d’ Elena mi può liberatale da certi palpili, che m 1 ingombrano il coraggio. ’"Sim. Perchè?

Bar. Per quella maledetta carta che tu sai.

Sim. Oh! questi poi si chiamano timori panici. Per quel motivo nbu avete nulla a temere, e ve P ho detto già sempre... Ditemi, le avete mandato il sequestro?

Bar. Si, e fra giorni diverrò padrona assoluta «. di tutte le sue proprietà; ma temo però sempre per quella carta.

Sim. Ma siete pur seccante con quella carta, permettetemi che. vel’ dica * • • Ditemi, non eravate voi la padrona della casa di^Elena. consistente.in un appartamento superiore, qualche basso, ed un celiato, osia cantina eh’ è appunto quello dove sta il nascondiglio del denaro prima di farne la vendita aU’ estinto marito di Elena?

Bar. Si, e ne tengo le carte di acquisto.

Sim. Non vendeste questa casa con una scrittura sinallagmatica in tre originali?

Bar. Pur troppo. ^

Sim. Domando io adesse. Se questi tre fogli sparissero, che sarebbe della vendita?

Bar. Sarebbe come non fatta.

Sim. Ed il dominio?

Bar. Tornerebbe all’ antica padrona.

Sim. Che siete voi.

Bar. Tu diresti bene Simone mio se questi fogli fossero spariti effettivamente tutti e tre.

Sim. E tutti e tre sono spariti. Ditemi una ®o«|

presso di chi stavano questi fogli? •, [p. 13 càgna]

Bar. Uno presso di me.

Sim. E questo non confa’.

Bar. Un altro presso del padre dì Elena.

Sim. E questo io glie 1’ ho vubbato, e 1’ ho consegnato a voi.

Bar. Ed il terzo...’ •

Sim. Ed il terzo restò presso il marito di Elena.

Bar. Questo non si è trovato.

Sim. Non si è trovato, e non si tróverà perchè non -si può trovare, perchè fu bruciato da’ briganti nel saccheggio die ebbe la casa anni addietro, altrimente vi pare che ntfn lo avrebbe prodotto?

Bar. Tu mi consoli con queste riflessioni; ed io ti debbo...

Sim. Voi non mi dovete altro che la metà del denaro, come abbiamo concertato, ed io mi accingo tanto più volentieri a procurare la distruzione delle proprietà, e della vita di Elena, perchè intendo con questo mezzo di vendicarmi del oltraggio da lei fattomi anni addietro. -, > *

Bar. Che ti fece che ti fege?

Sim. Una cosa da nulla. Per Ima semplice proposizione di amore, mi fece caricar di rimproveri, e cacciarmi di casa da suo marito.

Bar. Queste donne di bassa sfera son tutte cosi. Se E avresti fatta a me ’quella proposizione, forse non ti sarebbe venuta tanto male;

Sim. (E a te non- P avrei fatta certa’mentc.)

Bar. E come poi le tornasti in grazia?

Sim. Col tempo, coll’ ipocrisia, e con un simulato pentimento; ma conservo sempre il desiderio della vendetta. A quest’ effètto mutai carattere, mi ho cattivata l’amicizia tanto di lei, che del padre, e giunto sono al segno > che V arbitro mi trovo dalla loro casa, e del lor cuore.

Bar. Simone, fa di tutto per riuscire in questo [p. 14 càgna] intento, fammi far solito denaro, perdile io son piena cHjaclb*, ho mille creditori che non tni lasciano mai, e questo Ponzo poi, questo maledetto camacotiaro più di tutti mi mette alla disperazione.

Sim. E quanto gli dovete?

Bar. Infracete porcina turba sconquassare dolorcm?

Sim. E come? Parlate.

Bar. Devi sapere che tempo fa io mi trovava come mi trovo adesso disperata, è senza un grano. Nessuno mi voleva imprestar denaro, nessuno mi voleva far credenza; ed io stava quasi morendo cessa di fame, senza trovar nessuno che mi avesse sputato in faccio. Ci stava questo carnacottaro, il quale sospirava scmprecchè mi vedeva, era fanatico per la nobiltà, e diceva: Baronessa, quanto pagarla per diventare anch’io un Signore come siete voi. lo sento oggi, sento domani,.c trovandomi in necessità gli dissi: Ti vuoi accattare la mia nobiltà,? Èsso rh’ era ignorante se lo credette c. ra’ addimmannaje guanto ne voleva, io cchiù per boriarlo, che per altro gli dissi 60. ducati..: Sessanta ducate disse lui, c la nobiltà è jnia! E bene ve darraggio (io. ducate, e voi mi cederete tutte la mostra nobiltà insieme con le carte, privilegi, diplomi, e ritratti di famiglia. Io dissi di sì perchè la pancia Stava digiuna /piglia’questo va dentro, c me porta diece ciucate, dicendo che in poco tempo mi avrebbe dato il resto, difatti a poco a poco mi ha dato buona porzione del denaro, ed il restó’in pochi ducati me le deve da** (•e. Qaesta mattina istessa per indi consegnargli quanto ti ho detto. Or vedi in che situazione io mi trovo 1 Egli sta tutto infadato credendo che questa mattina Sarà un Barone, ed io sto col tremmoliccio in corpo,che [p. 15 càgna] scovrendosi la burla sarò mostrata * dito ’d<t tutta la nobiltà mia para. ^.

Sim. E come pensate di fare?

Bar. E che saccio! Pensa tu Simone mio 5 ajntame.

Sim. Io direi di prender % tempo, trovare un» scusa per nou prendervi il denaro.* o pure dì differire la consegna della, nobiltà; e domani poi divenendo voi padrona di una gran somma di denaro, restituirgli il suo denaro, e .dirgli che vi siete informata che la nobiltà non si può vendere.

Bar. E pure dici bene; così farò..;

SCENA VII.

Fonzo prima dentro e poi fuori, e detti.

Fon. di dentro. T assàme 1 a vede si è venuta. 

Bar. JLi Ah /... Eccolo cca, mo vene.

hSim. Fate quanto vi ho detto, e non ton te.

'Fon. fuori con gravità. Venisti o Margherita?

Bar. Venni, si venni, ma nou m’ insultare.

Fon. Chi t’ insulta?

Bar. Mi hai chiamata Margherita. *

Fon. Ma figlia mia, dattc pace... Che I Voli ve essere ancora chiammata Baronessa!... La tua Baronesseria c venuta a me, ed io songo » • • § v

Bar. Lo Barone, Io saccio;

Fon. T’ aje saputa pigliare Jo sango mio in tart. ti dormiglione. Bar. È vero.

Fon. E accolla mo, e statte zitta. ’ V ~

Bar. Oh destino perverso! ■*

Fon. Cca non c’entra nè Averza, nè Capua... Dirami, siamo all’ordine?

Bar. Sà, ma mi devi consegnare altri pochi ducati.

Fon. Sissignore; è troppo giusto. Pulcinella l

Bar. Perchè chiami quel toelenzo? [p. 16 càgna]

Fon. Pe mannà a pigTià li denate da fraterno.

Bar. E bene più tardi verrò, j

Fon. Si, fatte na passista, e, po torna. Bar • Andiamo Simone. vfq, f Sini. Vengo. Sig. Barane addio, vìa.

Fon. E ’o stato chiammato la primma vota BaroneGià no quarto d’ora ccliiù, no quarto d’ ora meno non fa niente. Pulcinella?

SCENA VIII

Pulcinella, a chilo.

Pul. ✓‘"thè buò ì 

Fon. V-i confuso. Va prendi, eseguisci i cenci miei.

Pul. E che aggio da fa?

Fon. Chiamami il cahrblajo.

Pul. Che te vuò fa piglia la misura de locauzone?

Fon. Vi* che bestia, lo calzolajo T ha pigliato pe cosetore. rJPul. E che ne vuò fa?

Fon. Mi voghe far radere la barba... Al. ritorno poi, ‘chic marni il sarto, -clic mi voglio far fare un pajo di coturni all’ ultima moda... Ordina quando teste n... Mcrcepchè.. U.* (Non saccio io stesso elicilo che dico: • i) Domani va in Napoli, portati alla strada di Piaga.,.

Pul. (Che le puozz’ avi a le gamme.)

Fon. Vedi se... Ma no,..... Ma si... t forsennato. (Oh povera capo mia 1).

Pul. Ne patrò pe gbì a Napole, aggio dà passà p’Averza?

Fon. Sicuro.

Pul. Embè me fermo Uà. Fon. Perchè?

Fon. Pe cBiamma Masto Giorgio.

Fon. Non serve... Invita tutta la nobiltà..? ’ Chiamami luti’ i disutili che statino al Cafè*

Pul. K che ti’ aje da fa? ^.

Fon. Va dal quondam mio fratello e portalo cca.

Pul. E chillo è muorto, - •* ” " ’ [p. 17 càgna]

Fon. No t è vivo. Ho detto quondam, psrehèun tempo mi età fratello; ora che ^on nobile debbo sconoscere fratelli, sorelle, e tutti quelli che mi Iranno fatto del bene.

Pul. (Che bella cosa eh’ è la nobiltà i) Io va, co... Fon. Si.. * no.. t’ arresta.

Pul. (Mo m’ha pigliato pe man itolo che me vo fa arrestare.)

Fon. Chiamami una decina di mascalzoni.

Fui. Na decina de scauzune! E che ne vuò fa?

Fon. Le voglio rompere l 1 ossà:

Pul. E si chille te le romperio a te?

Fon. Chiamerò quattro de’ miei... Va... tc ch’.sfe so dudece carfine,

Pul. E che aggio da fa?

Fon. Chiama i. lazeroni; dalli cinque grana per uno, acciò tutti mi diano l’ Eccellenza- *

Pul. (Ciuco grana pe dfeere Ccellenza/... Mo me nc vaco miez’ a* la ^ia, dico Ccellenza a tutte chille che passano, e m’ abusco cchiù de dento ducatc.)

Fon. Che me dicano sempe Ccellenza, e quanno J’ a»ld mmanno quacchc cosa, -Cceiléuza si, e Ccellenza no..,

Pul. Va buono, per andare. «...

Fon. Aspetta. Lia ce sta na dicinca de eagnalura..

Pul. No piglio no miezo lazaro.

Fon. No, pigtiane uno cchiu, piccerilio.

Pul. Aggio capito, piglio no lazariello. Mo te servo, via. ~.

Fon. resta smanioso ed astratto senza, nulla eseguire.

SCENA IX.

Teresetla, poi Jennflriello.

Ter. A ndando a sedere. Oh 1 Oh? comm’abjTL bampà Fonzo! L’aggio ditto io, est è ghiuto a mp32£Ì, Jeunarielio? chiama. [p. 18 càgna]

Fon. (Oli! ’.. sta cajotola!. Me so proprio s tuffato de -sta chiù ramicz’ a sta bassa sfera /)

Jen. Che vSlite si è Terese ì

Ter. gli fa segno * additandogli le ’stravaganze di Forno, indi È stalle no poco cca foia, discurrimmo no poco. Foni (Aggio capilo, ch’iste parlano de me; lassarne trasì, e levammo 1’ occasione.) via»

Ter. Se n’ è ghiufo.

Jen. Ma tu le daje 1 proprio martiello.

SCENA X.

Luisa, e detti.

Lui. rT)eresella, sei qui?

Ter. JL. Sto cca, - pecche che voi ite?

Lui. Non mi hai inteso, gridare poc’ auzi dalla finestra?■

Ter. Co chi? ’

Lui. Con quel discolo del Cavalierino. Ter Oh bonora! Me ce fosse trovato io; ce ✓ n’ avarria voluto dicere quatto proprio a genio mio.. - • ’

Jen. Gin? Lo nepote de la.Baronessa? Lui. Si,

Jen. E corame vuje non sapivevo chiammà? Le voleva ntorzà le mascelle Cavaliere e buono, e le voleva fa vede contrae se tratta v co la Signora veramente covile, e onorate corame site vuje. •

SCENA XI.

Pasrariello. e delti.

Pus. è stato Jennariè, eh’ è stato?

Jen. V_^ Lo Cavalerino è ghiuto a ncojetà a D. Luisa.

Pas. Addò?

Lui. Dalla parte deWicolo che sporge sotto le mie finesle.

Ter. Ma che v’ ha ditto? Che v T ha fatto?

Lui. Voleva entrare con prepotenza nel portonciao per vcair a fare all’ astore eoo me. [p. 19 càgna]

Ter. E Vujc che 1’ avite ditto?, ‘;

Lui. Io gli ho detto che non era nel caso di accettare la sua protesta di atnore, e che l’onor mio rton permetteva di ricevere sue visite.

Pas. E isso? - * -, ’ >;

Lui. Ed egli tutto adirato, e dispiaciuto dàlie

  • mie franche risposte, mi ha replicato con

degl r insulti., Ter. E po?

Lui. E poi sono usciti i vicini, e prendendo le mie difese gli" si son fatti avanti affinchè avesse desistito di offendermi, e di usare delle prepotenze. Egli deprezzando ‘tutti, ed avendoli prima maltrattati chi- a schiaffi, chi a bastonate , finalmente ha caccialo’ Iost^cco dal bav stone, e stava per ferirne qualcheduno, quando è sopraggiunta la pattugli, lo ha arrestato, e portato via. - • /..

Ter. C’ aggio proprio gusto.

Jen. Io me contentarria de pèrdere tutto chello che m’ ha da dà purché lo manuassero ngalera.

Pas. Mo nce vò. D % Luisa è ben conosciuta; è figlia de bona Smamma, e meglio patre, e non mporta che fa la Tabaccata, è signora meglio d’ isso, e u*ije pe difennere E annore sujo e /le tutta la casa soja ce farriamo fa tanto lo piazzo. ó

Ter. Yuje mo non v 1 affliggile pe chesto / pensate che do goore vuosto è viecchio>e vedennove p’gTià collera n’ avarria gran dispiacere.,

Lui. Oibò. lo me ne sonò già dimenticate.

Ter. E pensate che state vicina a chillo juorno, v che pe nuje aute feramene è lo chiù bello de la vita. i... / •.

Lui. Vuoi dire presso a sposare f Ter. E già;

Lui. Ah cara Teresella che cosa mi hai ramtnentata?

Ter. Che / è cosa malamente?

Lui. Anzi buona, e troppo desiderata dal cuor mio ma l’essere pa«ato il tempo, che venir’ ^ [p. 20 càgna] doveva lo sposo mi fa stare in una costernazione che non posso spiegarti.

Ter. E quanto tiempo n’è passato?

Lui. Due giorui

Jen. E che fossero duje anne na pareglia de juorne.

Lui. Per me son due secoli. Egli nell’ultima zua lettera mi scrisse che già aveva ricevuto il concedo, essendo Sergente come tu sai; e mi avvisò anche del gioro ehe sarebbe partitó da Napoli per venire qui. A norma della partenza egli duveva esSre qui jeri l’altro; non è venulo, ed io temo, o che qualche sinistro accidente gli sia accaduto, o che abbia cangiato pensiere.

Ter. Nè uno, nè l’auto. Lo core me dice che vuje lo vedarrite a momente cca

Zui. Cosi spero.

Ter. Ma diciteme na cosa Lo gnore vuosto n’ è contento?

Lui. Contentissimo, sebbene. yna sol volta l’abbia veduto in N apoli.

Lui. E io lo vedeva sempre dalla finestra.che sporgeva dirimpetto al suo quartiere in tutto il tempo che stiedi nelta Capitale

Ter. Vale a dıre che isso non c’ è stato ancora a sto paese.

Ter. E la sorella vosta D. Lena non lo canosce?

Lui. E come. può conoscerlo Elena, se in. quel tempo ella stava qui?

Ter. Stateve allegramente ca vene, vena.e io me voglio fa na scialata de confiette Ter E vuje?

Lui. No.

SCENA XII

Pulcinella, indi Fonzo, e detti.

Pul. Patrone. Patrone?

Jen. Che d’è Pulecenè? Da stammatina vaje nnanze e dereto? [p. 21 càgna]

Pul. E ch’ aggio da fa? Che mannaggia lo patrone, e chi me lo fece cánoscere

Ter. Me pare mirzo pazzo.

Pul. E pazzo tutto. qul esce Fonzo: Puorco superbo, e arraggiuso

Pas. E chi è chisto?

Fon. prendendolo per l’orecchio. Chi patrone?

Pul. Lo patrone de- la casa

Pul. Si lo primmo quanno vaje

Fon. E tu?

Pul. So no votare a tarantella.

Pul. Aggio fatto lo tutto.

Fon. danlogli chiamma co chiù crianza.

Pul. Oh che puozz’

Ter. Ghe d’è ne Fonzo? Ghe t’ ha fatto nisc’isso, che lo vatte?

Fon. E che aggio da dà cunto a te!

Ter. Hai da dà cunto a tutte, quanno maletratte h povere guarzune nnocentamente

Fon. Statte attienta che non l’avesse da fa a te.

Pas. Ghiano chiano si Fonzo, che non t’avcsse da veni a mettere stainato

Pas. A te. E si lo vuo vedè, mo te lo faccio. per andarlo ad afferrare Teresella lo trattie ne, e Fonzo si scosta.. Lassame siè Teresè. ’

Ter. E lassalo ire, non vide ca chillo è pazzo.

Fon. Site pazze. vnje che non me Pul Lo patrone.

Fon. E io? unauze. galantomo perche l’ aggio saputa

Fon. Che buo? una percossa. E n’ auta yota essere acciso co la. capo dint’ a’ lo

Eon. A chi? sapite cano Pas., E chi si? uno che v’avite da levà lo cappiclScere.

Fon. Song lo auzi a. nterra quanno me vedite tutte quante

Jen. ridendo.

Fon. Ride, ride tu ca po lo vide.

Ter. Ma. chi mmalora si, lo vuô dicerc?

Fon. Songo. Pulecenè lo dico?

Pul. E quanuo? Ah ah E ch si? [p. 22 càgna]

Fon. con gravità. tfn Barone.

Tutti. Bu!... •

Pul. Aje sparata sla cannonata! • Tulli ridono. Ah ah....

Fon. E vuje pecche rcd te? •

Pas. Lo Barone de Ia*carne cottati. Ah ah...

Jen. Oh! uo mazzo de scarola fraceta.!

Ter. Ce ne sta tanta cca.

Jen. Damme cca. ne va a prendere un mazzo.

Fon. Che aje da fa co il scatola fraceta?

Ter. La vole mena nfaccia a lo Barone.

Pul. Te vo scassa la baronaria.

Fon. Ah zantragha!. * Damme no basterne*^, a Pulcinella..

Pul. Aggio da ire anzi a Napole pe 1 accatta*

Ter. A me zantraglia /.. Te, acchiappa « » gli butte un mazzo di verdume.

Fon. per prendere gualche cosa. Ah petto eUa, te voglio fa vede*. *

Jen. E pigliate chist’ auto. gli butte u mazzo di scarola; >

Pas. chiamando di dentro. Guaghune, venite.

Fon. A me chesto? * * * Aiutarne Pulecenella. prende luttocciò che gli viene in mano, e lo scaglia contro gli avversarj, i quali spogliano il posto di Teresella per tirargli la verdume in faccia.. Pulcinella si mette in mezzo , e tira- scarole a tutti • In questo, mentre escono molti ragazzi chi cimati da Pascaricllo.

Pas. Menatelo, menatelo. / rttgazzi tra gridi y e fischiale raccolgono pietre, verdume, e tut -* tocciò che trovano in terra li tirano a Ponzo , gridando r eplìcatamente..

Tutti. Lo Barone de la carne colta! Lo Barono de la carne cotta.;

Fine dell’atto Primo.

[p. 23 càgna]

ATTO II.

SCENA I.

Camera docente in casa eli Eiena, ma rusticamente mobigliata, con tavolino, sedie rustiche ec. Vi saranno due porte.

Elena con ritratto seduta, poi Paolino, e Giulietta tutti vestiti a bruno.

Ele. /"^ara, e dolce immaginò delP estinto mio • vJ sposo, oh come versando su te 1’ incessanti mie lagrime mi si rende dolorosa meno, e sempreppiu cara 1’ amata rimembranza di ool-ui, che dal. mesto silenzio della tomba esiga tuttavia l’intero tributo dell’ amor mio. Giu. Mammà?,,. • Pao. Non te l’Iio detto che st^’ piangendo! Tu. ’Sempre l*i vlfoi disturbare.

Ele. Figli, appressatevi, abbracciate la vostra dolente genitrice, e confondiamo ne’ nostri teneri amplessi quei languido raggio di gioja che 1’ avversità del destino, la pravità de’ nemici, c la.cruda falce della morte ci ban conservata.

Giu. Mammà vorrei...

Pao. E sta zitta Giulietta, non cercar del pane che Mammà non ne tiene, e ìu più l’affl ggi.

Ele..Volete del pane? Oh Dio! a’ quale stato sodo ridotta / Nemmeno, pane posso darvi.

Pao. Non importa Madre mia, nou importa.... La pena nostra sarà fino a tanto che io sarò fatto grande.,. Allora avrò l’impiego di Papà, avrò un ducato al mese, e mangeremo tutti e tre a nostro piacere.. • Quella Baronessa però, quella Baronessa...

Ele. Che dici della Baronessa?

Pao. L’ avrà da fare con me. Le voglip far pagaie quel male che ha fatto a noi. [p. 24 càgna]

Ele. No figlio; la vendetta non è degna di un, anima generosa qual io desidero che sia la vostra.

Pao. Ma quella ci ha fatto del male /

Ele. E noi dobbiamo renderle del bene.* altri— .mente dove sarebbe più la virtù? E noi col labro soltanto ripeteremmo all’ Ente Supremo ogui dì la promessa di rimettete Ifi. offese contenute nella più santa, ed augusta tra tutte le , preghiere... Manderete, si «ungerete; non tarderà molto a -venire i 1 amoroso mio gen. toro , ed egli vi porterà qualche cosa, si bussa. Bussano * Sarà egli stesso. Chi è?

SCENA II.

Simun c prima dentro poi fuori, ^ detti.

Sim. di dentro, i prite Sig. Eiena.

Pao. 1 jl È Scinone.

Ele. L’ unico amico che dopo del padre mi è rimasto iti questo /mondo, va ad aprire - Sim. entrato. Sia con voi la benedizione del Cielo. lEle, Esso vi faccia felice.

Giu. a Paolino. Ci avesse portalo qualclre cosa/

Sim. Prendete buoni ragazei, prendete. Cava dalla saccoccia del pane, dette fruita, e

qualche altra cosa, e ce li dà. Mangiate.
Giu. ) Grazie.
Pao. )

Pao. principia a mangiare con appetito, Giulietta gli si fa avanti. Sorella andiamo a mangiar dentro. - viano. Si in. Si si, andate buoni ragazzi.

Ele. Oh sensibile creatura! E come compensare tanti benefizj? V* v. ’ Sim. Che dite mai o Signora? Io sono un mostro , e merito che 1’ inferno vivo mi accolga.

Ele. Ah! non dite così o Simone; alla vostra bplP -; ma spetta un destino felice.. [p. 25 càgna]

Sim. Si felice, felice f... E non rammentatc voi 1’ unico e pianto abbastanza bensì, ma grande ed irreparabile delitto da me commes* so anni addietro nel farvi una proposizione indegna del vostro cai attere, e della mia virtù?

Ele. Ma questa T avete espiata abbastanza col pentimento di molti anni per farmene dimenticare, c le continue replicate prove che mi date di disinteresse e di beneficenza vi hanno da ine meritata non solo la stima primiera, ma il primo posto nel mio cuore di amorevolezza dopo del padre. Sìm. Mi amate qual padre?

Ele. Come tale vi slimo.

Sim. Voi richiamate sul mio ciglio per tenerezza le lagrime.

Ele. Oh solo / Ob verace amico di una sventurata#

Sim. Ma perchè non mi mettete a parte di ogni vostro segreto, acciò potendo adoprarmi a vostro vantaggio, non perda l’ occasione di fat lo?

Ele. Ma io non ho che dirvi... Le mie eii>costanze voi tutte le conoscete... La perfiJa Baronessa...

Sim. Non mi parlate di quell’ indegna, che già la mia virtù vinta dallo sdegno è presso a la» sciarmi. E se io la tratto, questo lo fo appunto per persuaderla a desistere dalle ostilità, e dall’ oppressione che vi usa.

Ele. E quale oppressione! La più ingiusta, la piò prepotente, la piu inudita. Non contenta i’ iniqua di togliermi questa casa coll’ avermene non so com’ sottraiti i documenti clic comprovavano la, mia proprietà, mi ha sequestrati tuli’ < mobili, e finanche gli ab ti „ e la dispensa che conteneva il pane de’ poveri tìgli miei... Infine ini ha posta in mezzo d# una israda, e debbo fra tre giorni lasciar questo tetto acquistato dai sudori ^dcU’ estinto miospolto* [p. 26 càgna]

Sim. fingendo di piangete. Iomiscnto speziare il cuore.,

Ele. Anima sensibile che versi lagrime alle mie £ ven ture, dì j non sua io la più misera fra le. donne?

Sim. Ma almeno, coll/; buone, còsi-.:.

Ele. Nulla nulla giova tentar con lei, perchènulla si può ottenere da una. donna altiera, superba, orgogliosa, piena di fasto, e di aLomincvoie disprezzo... Mi ha negata ùuaa«he una chiave per un quarto <T ora.

Sim. Che chiave? '

Ele. Quella della cantioa, chiestale da x me per restituircela subito. > Siiti. Ma quella mi par che la tenga Fonzq.;

Ele. Si, datagli da lei stessa per servirsene a « riporci le carni di uollc,

Sim. E se ò lecito; „. A che ci serre questi chiare? Eie. Veramente ♦ <. /

Sim. No y ■parlate. C«m me dovete spiegarvi «hia- % . M ro. Questo è il monif’nto di mostrarmi la va* str’ amicizia, e la fiducia che avete ia me,.; Chi sa che io non potessi ajutarvi l

Ele. Parvero?

Sim. Nc dubitereste!.. Parlate... Che so... Apritemi il vostro cuore,, e di nulla tenere.

Ele. E bene, io mi fido di voi, persuasa che se non bene, nemmeno male me ne possa avvenire.

Sim. Parlate virtuosa fanciulla; parlate.

Ele. La btróft3 memoria di mio marito quanto il Brigantaggio crassava io queste nostre contrade nascose in quella cantina una gr*au quantità d’ oro, nè mai più ne la rimasse.

Sim. Oro!

Ele. Si, oro.

Sim. È prfrchè poi.non se lo prese più?

Ele. Percfiè non ne ^avev amo bisogrtb, bastandoci per vivere l’appannaggio dei suo impiego, e quella poca rendita che avevamo. * [p. 27 càgna]

Sim. É a efiè dmfinsrfa atcva questa somma?

Ele. A comprarne ut» vistoso podere subitòcchè fosse stato spropfiato dalla giustizia;

Sim. Dunque Fonzo che tiene la chiave se l’avrà preso seni* attro.

Ele. Non è possibile, giacché il luogo che lo nasconde non è noto che a me sòia.

Sim. Ma perchè non ve- lo prendesse prima di ‘consegnare la chiave, alla Baronessa? *

Ele. Perchè la chiave mi fu tolta con hna sor», presa, senz’ avermi dato tempo di andarlo a rilevare, e prima non ne aveva avuto bisogno. ~ì che pensate adesso di fare/ mai per vostro mozzo si potesse avere

  • per poco questa chiave, io re n« sarei estremamente tenuta. ’

Sim. Volentieri, la chiederò a Fonzo.

Ele. Ma non gli dite nulla per carità. Srfn. Oh/-... vi pare I.. Me la farò dare questa sera isfessa...

Ele. Oh quanto vi debbo /...

Sim. Niente /niente ì. Dirò a Fonzo che la chiave serve a me pcc un mio particolar nc-‘ gozio j e mi farò lecito anche per non farmela negare d’inventar qualche tavoletta, potendolo fare in buona coscienza ~ perchè si tratta rfl mnà col lisi on di doveri. •.Ma voi /per altro.,.. Così sola... in qutl luogo,, di notte... i

Ele. Che cosa? Sintr Fonzo non ne saprà nulla... Ma voi sapete ch: * egli è un uomo sospettoso... Che so io... Queste notizie te porta il venie si suol dire... ^tempre potrebbero...

Ele. Veramente anch’ io ho qualche timore... Mi farei accompagnare da mio padre.:. Ma egli è vecchie, pieno di acciacchi, abita lor>-, tano da qui insieme eun Luisa l’altra mia sortila... Stnone?

Sim. Ségno*»? • H t [p. 28 càgna]

Ele. Mi farcite vói questa finezza ì

Sim. E perché ho! (E quando Io dicevi 2)• Quando si tratta di prestarmi al bene de’miei simili, c poi con voi... Son proto a tutto..

Ele. Dunque fatevi dare la chiave., e‘ vende a mezza Dotte j aprite la porta* che sporge alta strada t cd -aspettatemi colà, che io calciò subito.

Sim. Benissimo. Io intanto vado a prendere lar chiave... Vi ripeto, non dite niente ad alcuno.

Ele. Affatto, si bussa. Chi è?.

SCENA III.

'Ergatto prima dentro > e poi fuori, Ciulieila t e Paolino che sortano quando entra ^ Ergasto, e detti.

Erg. di dentro, k pri Elena. _.

Ele. allegra. A Mio padre Vfw ad aprire.

l$rn. (Ci voleva quest’ altra seccatura.)

Pao.) Uscendo dalla • loro stanza corrono a

Giu.) baciare la mano ad Ergasto di’ entra. Nonno? Nonno?

Erg. Cari fanciulli, figlia mia, vi bac o, e scingo al mio seno.

Pao. Nonno / Che ci avete portalo?* ■

Erg. Uua bella colazione... Olii Simone Addio. Sim. Signore, vi son servo.

Erg. Prendete buoni ragazzi, ti dà un f(ixzo~ letto con^tobba da mangiare - r——

Pao. Oii qu>nta robhjl’... Andiamo Sorella. piano. •.

Eie ‘ Padre mio non sapete? Simrme qnì è tarilo interessalo per ine, che un Iti promessa la ch’uve della cant i»»., e quest3 notte anele*#ino a piemie re il denaro.

Sim. (E viva la donna segreta.)

Erg. Bravo / Ne ho piacere... Ed.io seb [p. 29 càgna] bene indisposto, e che mi senTo quasi venula febrc verrò a darvi una mano.

Sim. No no; potete esentacene Signore; «i son io, c credo che basti.

Erg. No, voglio venire assolutamente. Si tratta di prendere un tesoro.

Sim. (Adesso mi toccherà sacrificare anche costui. ) E bene venite... La compagnia c sempre buona. (Ma solo non basto; avrei bisogno di andar accompagnato aneli’ io.)

Erg. A ebe ora avete fatto l 1 appuntamento?

Ele. A mezza notte.

Erg. a Sìmohe. Dunque fatevi dar la chiave.

Sim. La chiave tenetela già per avuta. Adessovado a prenderla. Eie. Si, andate.

Sim. Il Ciel vi salvi buona gente, via.

Ele. j Addlt> *

Erg. Etcna; questi non è uomo; ma c un aregelo del Cielo per te.

Ele. Ho trovato in lui ur* secondo padre. ^

Erg. Dà calmi per poco agli affanni, che iovedo la donna piu felice del mondo.

Ele. E felice per Smrone.:.

Erg. Il quale ti fa padrona d’un tesero.

SCENA IV.

Giudice, € detti..?


Giu. O imone vi fa padrona di ure. tesoro f

Ele. O Oh Sig. Giudice » perdonate r»*.

Erg. Sig. Giudice. r.

Giu. Perdonate voi se importuno soa entrato avcre-do trovata la porla aperta, cd ho avutala temerità di udire una parte del vostro discorso.

Ele. Anzi...

Giu. No cara, parlate., Io adesso non sono it Giudice, siti r am;oo vostro il. più * si utero, [p. 30 càgna] il più affezionato Se. poco prima ho folto co» >o: le parti di Giudice prestando mano al sequestro che avete solici to sd istanza della Ba■,

i< ne$s& 5 conoscendo la giustizia della vostra causa, la vostra onestà, eia vostra deplorabile situazione, mi son commosso io modo che veniva ad offrirvi del mio questa i borsa con trenta ducali per riparare nel mQ* mento a* vostri più urgenti bisogni. >, > *

Ele. Che /

Giu. Voi siete stata spogliata dalla cabala, a»* «assinata dalla prepotenza, e dal ragiro; io tutto so, ed ai tutto se il Ciel mi assiste t -spero di riparare. Prendete..

Ele. Ah no... Erg. Oh uomo generoso!

Giu. No * prendete, e giacché state per acquistare un tesoro, j allora se volete me li resti— ’ tuirete. ’

Ele. E bene; a queslo patto la prendo,., e ve ne ringrazio infinitamente;

Giu. D-temi adesso di quel tcSójro stavate parlando , acciò potendo anche in questo a jutar-vi , non perda una si bella occasione di farti del bene-.

Ele. E chi negar potrebbe ad ut» uomo tanto J>em fico, ^ sì generoso una innocente soddisfazione l Si parla di una quantità di denaro riposta dal fu mio guardò nella cantina qui sotto della quale là perfida Bàioucssa mi tolse la chiave.

Giu. E S tumu*?

Ele. Egli il sincero e coidiale atn co si e com.promesso di farsi dare la chiave, ed accompagnarmi ancora questa notte nello scavo del denaro.

Giu. Io ti auguro un ottima riuscita. •. bla questo Si móne...

Ele. fe l’ esempio deli* amicizia, lo specchi» .dell’onestà’. -jt

Giu. l>icciò ne sorr persuado perche sporgo ii$ [p. 31 càgna] lui una vila esemplare, ed il modello degli uommi dabbene; ma intesi però di lui tempo fa parlarsene qualche cosa a vostro proposito.

Ele. Intendo ciò che dir mi volete. Fu an tratto della sua debolezza nel tempo eh’ era tutt’ altro di quello eh’ è adesso;

Giu. E Dunque c.ò veto?

Erg. Si, è verissimo, ma il sincero suo ravvedimento nc cancella la memoria.

Giu. (Mi servirà questa notizia.)

Ele. Signora, egli è 1’ unico nostro amico, ed è quegli clic mi solleva in parte dalle oppressioni della perfida Baronessa.

Giu. Essa non tiionferà lungamente, ve ne assicuro. Poco fa c venula a domandarmi con modi improprj l’ immississione nel possesso delle vostre proprietà e la scarcerazione del nipote arrestate questa mattina per insolenze commesse contro vostra sorella, ed abre onesta persone; io l’ho risposto come si doveva, e ne 1’ ho mandata borbottando per le scale.

Erg. Avete fatto benissimo.

Giu. Intanto vi auguro una felicissima riusciti nelle vostre operazioni, e domani sappiatemene a dire il rsuUato.

Ele. In lutto vi appagherò. Giu. Addio.

Erg. Vi sieguo Sig. G.udice, perchè aneli* io me ne voglio andare. Elena Addio.

Ele. Caro padre, Sig. Giudice, addio. viario Ergasto, e Giudice. Elena? È egli vero? Vi sono delle ari me in questo mondo che s’ int eresia n s per te /.. Esulta mio cjo.e: già veggo diradarsi la fosca nube de’ mah, che mi circondai/^, ed un lieto avvenire... Ma pure... Una certa opprcssion di spirito..,• Un tristo presentimento... Eh che larve sou queste di una sconcertala immaginazione.. Chi s: cguc la bella strada delia virtù non ha che temere.

Fine dell’atto Secondo

[p. 32 càgna]

ATTO II.

SCENA I.

Strada come nel'atto 1.° senza i rispettivi venditori,

Simone, e Baronessa.

Sim. Ma,cafmatevi Sig.* Baronessa Bar. No, non ki posso calmeggiare. Con me La Baronessa Voccola eretiera di tanti Proceij c Magnati trattata cosi villanescamen tel Da chi? Da no Jodecc Da no Dottere!

Sim. Ma che vi ha falto il Giudice?

Bar. Che mi ha fatto! Na cosella de nienté na cosa che ci verrebbero cortelli di suvararo per risarcinarla. Sim. Ma pure? Bar. Prima di tnlto mi ha fatto fare mezf ora d’anticamera, dieendo ehe stava impeduto. Come Una Baronessa fat P antieamera k Porco schfenzoso! Ma me la pagarra. Le voglio cosere un vestito, che me n’ ha da nomenare A noi altri si fa l’anticamera, non a loio. lo mi ricordo quando stava in bonis, che un ’giorno venne meno ua faticatore fuori la sala ch’ era yenuto per esser p?gato, giusto perche gli feci fare quattr’ ore di sala, E adesso, adesso con tntto che sono una pezzente non ricevo nessuno se prima non lo fo aspettare. almeno un ora... Eh Simone mio, se sono cadute le anelle ci sono* restate le díta, la Baronessa sarà sempre Baronessa/

Sim. E poi?

Bar. E poi è sortito S. E come un vero turzo mafaro, senza inchinarsi, senta baciarmi la mano senza manco farmi -alegeitare e’ si e posto a sentirmi. Io gli liodette> il torto fatto a mio nipote che lo hanne artesfato. L* crederesti Siunode? Se fo se stato un altro Gl»^ [p. 33 càgna] dice, dopo che mio nipote avesse fatto dieci omicidj’, pure lo doveva lasciare, perchè è un Cavaliere, ed è nipote della Baronessa Voccola. Ma perche esso è un chiochero eauzato e vcsluto, lo ha fatto restare in arresto, c mi ha voltato le spalle dicendo che ni o nipote è reo, e deve dar soddisfazione alla g ustizia. Oh che enormità! Che accesso l Che sacrilegio!

Sim. Baronessa, domani mi lusingo che sarete trattata diversamente dal Giudice alla vista di una buona somma di denaro.

Bar. A proposito. Che hai fatto con Elena?

Sim. Ilo fai o tutto, e non attendo che Fonzo per farmi dare la chiave.

Bar. Ah Simonc, tu mi risloii, e.:. 1 >,

SCENA II.

Fonzo pi ima dentro, e poi fuori, c detti.

Fon. di dentro. T) oyero me / So precipitato.

Bar. A E Fonzo clic grida!

Sim. Cosi mi pare. ‘ Bar. Che mai- safa?

Fon. fuori aoveniandosi alla Baronessa. Ah , Baronessa mar ola, tu m’ aje arrostato I

Bar. Eli, facch naccio, avascia le mine, che te le fo serrare in un ^criminale.

Fon. Tu eh’ a)e d’ avasciasciare le ìnmauc?" Damme li 60. ducale miei.,.

Bar. E perchè?

Sim. Che cosa vi è accaduto? i

Fon. J? la J) i barite m’ ave nlcnoccluato.

Bar. To ti ho posto nel tìnoceho?

Fon. D.nt’*a na «Inerberà ni’ aje puosto, auto -ielle diM’ a no fenucchiv. Bai’. E com •?

Fon. E comme ca mr volive vrnnere na cosa -thè non se po Vennère.

Bar. E (juale? Fon. La nobiltà.

Bar. a Simonc. (Povera me / (fucilo adesso fa una pubiicità. [p. 34 càgna]

Sim. alla Baronessa. (Fino a domani è la *©■», stra pena, che gli potrete rimborzare i 60. ducati. Adesso tìngete di annuire a quanto tf dico io, che *ie uscirete senza un ombra tb in- * quietudine.

Bar. (Va Lene.)

Fon. Che ve state consiglia mio rao? Sin, Le stava proponendo un accomodo vantaggioso per lei; e per voi.

Bar. Ma chi ti ha detto che la nobiltà non $K può vennere? ^ ’

Fon. Tutte quante. Io anzi a rao me l’aveva tenuto chiuso ucuorpo; ina stammatiua ciré l’aggio sprubecato a tutte drilli lazare vicino^ a me, m’ è parzo de bene de sprubecarlo pure pc Jo, paese. Li fische so cbiute a le. stelle conforme m’ é scappato da vocca; e si nore ’ era lesto a fuirc li guaglióne m 1 ammesona vano sotto chiù de vinte sarmc de p ora madore, e cctraugole ammaliate. # La s * Griararaattistar po chillo che primtnà facevi osolachi aniello, c mo fa 1« paglietta, m’ha ditto ca so staMT — burlato, e che la nobiltà non se po venni re.. v Onne io luogo luogo voglio subeto li denari-’ miei, si no te metto ncopp’ a no puoreo po lutto iu paese, e te caccio lo secu torio.

Bar. E bene domaui te danaggio li denare.

Fon. No, io li voglio tuo.

Bar. E mo non li tengo. * -.

Fon. E io mo li voglio si no t* ammacco li scuffii. Bar. Ah insolente!

Fon. Non c’è polenta che tenga, caccia mo li denare. ’

Bar. Ti voglio cacciare il eancaro che ti rosica. Fon. A me chesto! Ah brutta strega, per batterla , c Simone lo trattiene. ‘

Bar. Io strega f lo strega f per corrergli addosso i e « Simone sta in mezzo. Lasciami

  • mone. *•

Sim. Ma via quietatevi. [p. 35 càgna]

Fon. die me dia li dcnare che io ni* acquieto.

Bar. Che mi cerchi perdono, ed io mi sto zitta.

Sim. a Bonzo. Voi che cosa volete ì

Fon. Giacché non pozzo avere la nobiltà, voglio i denari miei.

Sim. alla Baronessa. E voi Sig.* Baronessa gli volete dare la nobiltà?

Bar. E non senti che non si può v’ennere.

Fon. M* ha ditto lo si Giammattista, che te cridc che la nobiltà fosse no ruololo de mela cotte che se venne!

Sim. E se io trovassi un mezzo col quale vo a Bonzo, verreste ad acquistare la nobiltà ed il titolo di Barone, c voi alla Baronessa. ‘ nou verreste a restituire il denaro, e d ppiù conservaste il vostro titolo, sareste entrambi contenti.

Fon. Contentissimo.

Bar. E che mezzo?

Sim. L’ unico mezzo sarebbe questo: Sposatevi,

  • e così voi sarete un Barone, e voi seguitereste

ad essere una Baronessa.

Bar. Ma è un eamacottaro.

Sim. (Fingete fino a domani.).

Fon. Ma è na vecchia.

Sim. (Dovete sofirire se volete eSser Barone.) Che ne dite?

Bar. lo accondiscendo. Fon. E io pure.

Sim. Dunque domani si faranno le nozze.

Fon. lo dimane me ne vengo vesluto chi Barone, e jammo a sposare.

Bar. Si, mi prima voglio sodisfazioue di quello clic mi hai fatto.

Fon. E che aggio da fa?

Bar. Domani mi devi baciare la mano ’ in pubi ico in mezzo al mercato.

Fan. No,- Ila te ce vengo a vasare li tallutìe.

Bar. Ma ci deve stare molta gente che mi guarda;

Fon. Non dubitare, C4 ce starrà uo squatrene [p. 36 càgna] d Cavalleria,*e no reggimento de fauler! «.

Bar. ChciSia la casa nota a lutti.

Fon. Jarrà la irrametta nnanze.

Bar. Che la Baio»’ ssa è stata ottusa.

Fon. Che la Baronessa è stata mpesa.

Bar. Che fossi scannato tu be*t*a. Siui. Ma via, che servono queste cose Demani sposerete e nou vi saranno piu deferenze tra di voi.

Bar. Chi voleva dicci* che il tuo sangue porcino doveva, esser nobilitalo dal mio/,

Fon. E io chi voleva dicere che p addeVenth Signore m’aveva da sposa uo mausoleo.

Bar. Sarai nobile. ^

Fon. Sari aggio nobile.

Sim. Barone di qualità..

Bar. E discende,.le del sangue. del* ChiafBs m. Pico di Tener, fifa. ’

Fon. E ehi e eh, sin*

Bar. Un mio illustre amenato, >1 quile nella rnnera elà di sedici lustri d.«uto generalissimo _ delCefebre Zam.ro Augolaoti. ’P° S °Ó2. tonde nozze della tanlo rmomala Meiop» di Maffei. Fon. Ah si; me pars, cne » de na vota;

Far. Pittato?

Fon. Già.

Bar. in qualche museo torse r Michele

Fan. Gnernd. ’ »«■’»’« con «n o: Somma, e ce sta scntio sotto: Cote conietuo.

Bar. Questo fiori a tempi deli; a Ce lebn * ^ * Mellone, che fu una delle S bille * quattro anni prima della Citazione del Mondo.

Fon. Cile beila cosa! ••„ nne

Bar. Ohi. «edi che sla facendo * ’ io me ne.voglio andare; accompa&namt.

Sim. Si -, ma prima dobbiamo chiedere 8* Barone quel favore.

Fon. Om I Cchiù dettare * [p. 37 càgna]

Bar. Nò no, non voglio denaro.’

Fon. E che cosa volite? ’ 1

Sim. Jeri sera con tanta bontà c’ improntaste la chiave della cantina di Elena, Vorressimo l’ i- • stesso favore anche questa sera..•

Fon. lo non c 1 aggio nisciuna difficoltà a darevella , ma faciterae no piacere, diciteme a che ve serve.

Sim. Eccellenza perdonate/ non posso. dirw Io per ora. Ve lo «Tirò domani... È un azione meritoria che sto facendo.

Fon. (Bene mio quant’. e bello*avè 1’ AccellSnza ! Me sento n’ auto tapto.) E bene, viene chiù tardo qu^pno arricetto, e pigliateli a.

Sim. ’Benissimo, riù tardi verrò... Sig.® Baronessa , licenziatevi collo sposo.- ’: vv ’. ’■>. Bar., Sposo... (Ah nou mi fido, è tjtv càrnacottaro. ) -, ±:

Fon. Sposa. (Io mo co tutto ca m’ ha da ess^.. re moj>licre non me fido de tenerla mente.)

Bar. (Quanto p ù lo guardo più mi stucca.)

Fon. (A tenerla mente sulo me fa vòmmecà.)

Bar. (Ci viiol coraggio*. V^poso...

Fon. (Lommcncella n^dfetssfcnfte chiofessero, e mena abhasc’io.) Maglie. •*« 

Bar. (Fossi ammazzato.). rsod^-j.’Fon. (Pub»*’ essere Accisa.) Bar. Addio.

Fon. (Rotta de cubito.) Addio., viario Ba~ ■ roncssa ’, e Simon»; •

SCENA III. K n a

Fonzo solo.

C he Lello matrimonio felice eh* hi da w^rc 1,<$ mio /... Ma po no vessicanfe perpetW 1 E che mporta l ».. Sa quante’ co ’ stì - vessi* canto hanno acquistata la salute. 1.; T.^Rsahj# accomraenzà ad arricettare... Ma iò prcLa morte acc. al tes. 4‘ * [p. 38 càgna] prio so cnriuso de sape cjiiste pecchi votino la chiave de la cantina. *. Che la Baronessa fosse faltucchiara / Chesto ce maucarj-ia; brutta r vecchia, e fattucchiara... Ma io in tutte ii cunte ne voglio caccià io costrutto. Mo che vene. Pulecenella le dico che jesse sta cotte a dormire a la cantina, e s’ anuascun* cesse dint’a ciacche carafuocchie de chilie pe non farse vedere, dimane po saparraggro io tutto, Intanto lassarne allumina la caunela» che già è fatto notte, accende il lume.

SCENA IV.

Pulcinella prima dentro, poi fuori, indi La* steroni che escono Ha tutte fe quinte in diverse quantità, finalmente Teresella, Jennaridlq y p P ascari elio con lumi, e detto.

Pul. r~i dentro con voce militare. ButtaglioJ-S ne Caranaenate co le gamme, e non ve movite co li piede... Mangiateve lo raugio, c non toccate la ragosta.., Battaglione/ N

Fon. Clic mbba è? Arriva quacchc reggimento?

Pul. come sopra. La vanguardia fa la marcia pe fronte, c lo cuorpo scioveto da tutte le parte.

Fon. Vide quanta sordate.

Pul. Bellj, fighi atticnte a fa fuoco quanno sona miezó juoroo, e nou ve movile si cadile accise ntcrra..,

Fon. Bonora 1 Chesta me pare la voce de Pu* kcenelia? puh Avite capito buono? Zazeipni lutti ad alta vùoé di dentro in con,[fusiooq. Qtio#», giifcrsì.

Fon. Pulecenè?

Pul. r fuori*^ Patio, aggio.portate.

Fon. Chi?

Pul. Li vastase che, me diciste pe le fa avè ^•l’ Accel lenza.n. • v ’

Fon. JDinccH che veleno dimane niaUinà, e manna unip. [p. 39 càgna]

Pul. E io l’ aggio date fé ciuco grana ped’uno.

Fon. Servono pc dimane. accostandosi alla quinta. Beili figlili jatevenne. escono de’ LaZcroni, che, si affollano intorno a Ponzo dicendo tutti in confusione Ccellenza Ccellenza: Forno dice. Va bene; va bene, e seguitando i Lazeroni ad importunarlo, egli fa degli atti di disgusto, e si volge dalla quinta opposta d’ onde sortono degli altri replicando lo stesso. Forno si dirige successivamente dalle altre due quinte, come per andarsene, ed accade lo stesso empiendosi tutto il teatro di Lazeroni i quali susurr ano Ccellenza Ccellenza. In questo mentre saranno uscite Ter escila, Jcnnaricllo, e Pascariello con lumi in mano, che derideranno Ponzo, dicendo.

Ter. Oh quanta vastase che danno I a cucca a Bonzo! Ah ah..,

Jen. Chcsta è da ridere veramente.

Pas. E io caulicchiofje non se n’atfdòna che ie danno la burla. 1 Lazeroni quando saranno sortiti tutti si di sporranno in due file a destra ed a sinistri del teatro, lasciando Fonzo in mezzo. Teresella, Jennaricllo, e Pascaci elio saliranno sopra le sedie con le candele in mam per meglio osservare la scena, c rideranne __ sgangheratamente.

Fon. E mo ch’avite fatto! M’avite puosto mmiezoi

Laz. tutti ad alta voce con una specie dicati * mena. Ccellenza si.

Ter. Oh cornine so curiuse l

Fon. V aggio ditto dimane 5 jatevenne md.

Laz. Ccellenza no.

Fon. Non ve ne volile ire?

Laz. Ccellenza no.

Fon. Oh che pnzzat’ essere accise!

Laz. con voce basta, e diversa cantilena. UsccIIenza. [p. 40 càgna]

Ter.);.*• • -• -, *. *•

Jan.) Ah ah... ridendo.

Pas.) Fon. Perche redite vuje? ai tre allori. A me m’attocca l’Accellenza non è lo vero? ai Laz.

Laz. Ccellenza no. ■

Fon. Cornine! Non m’ aHocca?

Laz. Ccellenza no.,

Fon. Ah birbante / E che so facchino cornale site vuje? a, Laz. Ccellenza si... ^

Ter.)

Jen.) Ah ah.

Pas.). Fon. Oh che pozzat’ avéna cannonata a muraglia tutte quante.

Laz. Osctllenza.

Fon. Jatevcnne mo proprio da cca.

Laz. Ccellenza no,

Fon. E de _ filo me volito -schiatta ncuorpo?

Laz. Ccellenza si.

Fon. Che pozzate creph vjije sule.

Laz. Oscellcnza.

Fon. Mannaggia chi v’ha allattate..; prende un bastone y e h balte. Ve voglio rompere Tossa.

I Lazeroni facendo burle a Fonzo figgono a poco a poco lasciando la scena vuota.

Ter.) ì ridendo fortemente in faccia a Fonzo t

Jan.) e lungamente. Ah ah.

Pas.)

Fon. Vuje no fa volita fenire?

Ter.).., ’

Jrn.) come sopra. Ah àh.

Pas.)

Fon. Pulecenè? et* Pulcinella che gli staru dietro, e che in tutto il tempo dell# scena de Laicri avrà con lazzi accompagnalo il si ed il no. ✓, ’. c

Pul. Udendo setiza parlare colle mani ai fan■ chi. Ah afi. >...;. *

Fon. E mo a che ghiuoco jucamma t [p. 41 càgna]

Ter. Jucàmmo ca non m' aggio fatto maje na schiattata de risa coram’a chesta. rassetta il posto, ed entra ridendo. Ah ah...

Jen. Jucammo ca ce vo na bella galessa pe te portà ad Àverza. rassetta, e via col lume.

Pas. E si ce manca chi te porta, te faccio io sto servizio. rassetta ma non se ne va aspettando Pulcinella.

Pul. E io porto le retene.

Fon. Ma avite fenute, avite fenute tutte quante de ridere ncopp a le spalle meje. Dimane me vedarrite Barone, e restarrite co no parmo de naso. Pas. (Oh povero pazzo!)

Fon. a Pulcinella. Viene cca tu... Li cunte nuoste po li facimmo dimane; intanto sta notte aje da ì a dormire a la cantina.

Pul. A la cantina!Fon. Si.

Pul. E perchè?

Fon. Pe spiare chello che vo fa Semmone lla dinto sta notte. Là ce stanno tanta carafocchie, annascunnete a na parte de chella, vide, siente, ma non te fa a vedè; dimane poi sacciame a dicere chello che aje visto.

Pul. (Vide lo diavolo! Justo sta notte che aveva da ì a fa colazione co Pascariello!)
quì principia un poco di pioggia.

Fon. Io vaco a fa no servrzio; tu arresedia cca ca è fatto notte, ed è venuto a chiovere, pigliate la chiave de la cantina dinto, serra buono sta porta, e vattenne, che a cca n’auto poco te so ncuollo. via.

Pul. Ee pózza essere ncuollo Masto Dorato.
quì cresce il temporale.

SCENA V.

Pascariello, e detto:

Pas. Pullecenè, simmo leste?

Pul. Aje preparato lo tutto? [p. 42 càgna]Pas. Eccolo wa.’ mostrandogli un canestro con ro be, da m. n giure e vino , ed una spie- , do di f( gate! li. v „ Pul. E va le Io mangia tu suIq. Pas. E perchè ? . Puf. A«gio da ì a dormire a la cantina. Pas. Oh mmalora ì Pul. Pc sta mmalora eh’ annuommene. , Pas. 15 comroe facimmo? Pul. Noti vide ca chiove^j avanza Io p?de e vattenne. Pas. No ; voglio venì pure io a la cantina- Pul r . Addevcro ? Pas. Si. , ' , . * Pul. E na vota di’ è clresto , jamnopneenue v Cà volimmo sta allegramente. Smorza il Lu m ~ me dopo aver presa la chiave dentro , chiu- de la porta. «Jaramohcenue^ viario. Qui resterà per qualche tempo là^scena vuota* imperversando un terribile temporale y indi ^ SCENA YI. Simcne indi dalla pflrt e opposta Sergente- tutto bagnato con niUcciglia e da viaggio , Sita. TT^onso sarà venuto * .. . Oh sorte favo- X: risei i miei d segni . . . L! orrore di questa riotte si cambierà in un giorno di leti- 7 .ta per ine. per accostarsi a tentoni verso la casa di Ponzo s' incontra col Sergente il quale pi ima dice, Scr. Che notte di casa del diavolo ! . . Oh se. arrivo a trovare un alloggio . . . u, ta cou Simone ■ Chi va là.? Si ni. Fonzo ? Ser. Che Fouzo/ Io non son Forizò. £im. Scusate . c. ; Seti E voi eli siete? Sim. Soi o un povero eremita , che veniva <$uì ja (tue ima parola ad un mò am eo , per ludi ritornarmene al mio abituro. , Scr. Buon uomo i scorgo in voi dell’affabilità,.^ Digitized by Google [p. 43 càgna]• . 43 Ditemi potreste procurarmi uà alloggio per questa notte. Sitn. Vedete Signore ... è tardi ... La mia abitazione è molto angusta : t . non conosco nes;.u?to. i Ser. Non importa ; presceglierei la vostr’ abitazione quando ci fosse il vostro piacere. Io non ’altro desidero che un tetto dove pormi al coverto da questo maledetto temporale , e ristorarmi alquanto. §im. Ma voi chi siete ? Ser. Un militale congedato. Sjm. E venite in questo paese ? Scr. No , sono di passaggio , e domani all’ alba bisogna che parta. ’ " Sim. ( Che mi sugerisce il peos : ere / ) Siete uomo di spirito ? Ser. Oh / Sono stale a ìante battaglie*. Sim. Bramate di fare la vostra fortuna ? Ser. Sarei stupido se non lo bramassi. Sim. Siete fedele? . ’ ’ ■ Ser;. Come fedele ? Sim. Segreto. Set. Oh , per questo non n<? ‘dubitate.’ Sim. E bene , io vi scelgo per rato 1 compagne in un impresa, della quale dipenderà la vostra fortuna. Ser. E quando si deve fare quest’ impresa ? Sin. Questa notte medesima. Ser . Dove? Sim. Venite con me , c lo vedrete. Ser. Ma io sto cosi . . . t . Sim. Capisco : vi ristorerete prima. 9 Ser. Ilo bisogno . . . Sim. Di che ? Ser. Di’ una bottiglia per ìistoranuu Sim. Seguitemi, che i’ avrete. Ser: Qualche cosetta Sim. Per cena. V avrete. Ser. Ma quest’affare?,. . Sim. È un colpo sicuro , npn dubitate . . „ Ma ai appressa usa persona cui ho bisogno di paxDigilized by Google [p. 44 càgna]“lare , mettetevi in quel cantone per un mo- mento , e non vi fate vedere. Ser. (Che negozio è questo/ ) si mette in disparte . ' ‘ [' S C E N A VIL ' . Forno y t (letti. /""thè nottata ndiavolata / Agg’o paliate v_U cch ìi acqua io , che no cefaro de i5. anne a mare . . . Aggio chiuso Puiecenella dint’ a la cantina, e dimane saparraggio . . , Ma veco n’ombra ... Cliisto sarta Semmo- ne che vo la chiave.- Sim. Sig. Barone , servo di V. E. ... ^ Fon.. Oli figlio ... . stai qui? Sim . A ricevere le grazie dell’ E. V. Fon. Teccote u chiave de la cantina , e dima- ne poi ..... ^ . Sim. Ben per tempo ve la restituii ò , e vi rac- conterò il motivo che rai ha indotto a darvi questo disturbo. Fon, E va benissmo. Sfatte buono, via in bottega» Sim . Servo dell’ E. V- SCENA Vili. Sergente , e Simone. Sim. k ra'co ? Ser. Eccomi. Sim. A Possiamo andare. Ser. Si , ma . . . vorrei sapere v Sim.* Che cosa ? - Ser. Quest’ operazione . .* . Sim. Venite , che a casa vi dirò il tutto. Scr. E la cena ? SU a. È prouta. Ser. La bottiglia? Sim. E piena. Ser. Il colpo? Arni: È sicuro. Scr. La cena è pronta ^bottiglia è piena , il colpo è sicuro, vado purè a cassi del diavolo. vicino'. ■ ■ ‘ , • ' ■ *** ' Fine deli 1 ulto terzo* Digitized by Google [p. 45 càgna] A T TO IV. SCENA I. Cantina: Vi sarà in un angolo una botte , entro di cui Pulcinella, e Pascariello , che non si lasceranno vedere fino a che non li toccherà di parlare. Nel muro in fondo vi sarà il na- scondiglio del denaro , e questo sarà situato in terra sotto il muro di modocche per rinve- nirlo si dovrà strappare una pietra di circa due palmi quadrati dal muro, sotto vi saran- no i due cassettini. Per segnale della pietra vi sarà dalla parte di sopra la distanza di un palmo un piccolo chiodo. All' alzarsi del Sipario si sentirà aprire la porta che si figura sopra le scale e scende- ranno Simone con lanterna accesa , ed uten- sili da sfabrigare , e Sergente. Sim, Tatevi animo. Coraggio. Ser. Corpo della battaglia di Maréngo 1 A me dite coraggio;! Adesso che ho quattro bo!: tiglie di buon vino in corpo me la prenderei con un esercito di diavoli. Sim. Ciò che dobbiamo fare ve l'ho già detto: Voi il padre , ed io la figlia. Ser. Ma quanto tardano a venire , jo non pos- so reprimere il mio fuoco. Sim. Piano piano ; questo fuoco conservatelo per Je battaglie , là è che dovete far pompa di coraggio, e di valore ; quì ci vuole sangue freddo , animo risoluto, e tradimento. Ser. Tradimento , dite bene, tradimento. Sim. In su le prime bisogna dimostrare fedeltà , ed onestà, altrimente non ci additerebbero il tesoro che sta quì nascosto ; poi quando que- sto sarà nelle nostre mani ci sbrigheremo di Fate Digitized by Google [p. 46 càgna]46. Ele. ( M Simone? Simone ? loro come abbiamo concertato, e da buoni amici ci divideremo il denaro. Ser. E va benissimo Sim. Ma sento calare alcuno per le scale ri. Saranno essi sicuramente. Il Sergente si met- te in un luogo nel quale Elena nel calare non lo vegga a prima uscita.

SCENA II.

Elena con lume , e detti.

batte il cuore , e non so perchè Sim. Signora Seri ( Oh che bella giovinc ! ) Ele. È molto che siete arrivalo? Sim. In questo punto. . . Ma , vostro padre ? Ele, Il poveretto nell' andarsene da casa mia è stato assalito dalla febre , per cui non ha po- tuto venire. Sim. da se. Buono ! al Sergenté. Amico , sia- mo fortunati ; è venuta sola. Ser. ( Meglio ! ) a Simone. Ele. àuvedendosi del Sergente. Che .. Chi è costui ? Sim. Non temete Signora i. . Egli è un mio parente. Ele. E perchè l' avete condottó quì ? Sim. Per tenermi compaguia. Ser. Sissignore, per tenerle compagnia. Ele. Simone ... Per amor del Cielo . ( 0.mè qual sospetto ! ). . . La mia vita... Siin. Ma che dite Siguora Qual panico ti- more vi assale, e poi. . * voi mi conoscete... avvicinandosi ad Elena per prenderle la ma- no in segno di amicizia , lascia vedere inav. vertentemente il pugnale che tiene in petto. Ele. Cheb : . Quel pugnale ! . . : Ah! che vano non è stato il mio timore 1. Voi-vo- . Digitized by Google [p. 47 càgna]lete uccidermi . . . Deh per pietà che male vi ho fallo ? Io vi additerò dov’ è riposto il denaro ; e .se avidi siete di averlo , prcndete- velo , io tutto ve lo dono , e dippiù vi giuro sull’ onor m o , su quanto vi è di più sacro y xli conservare un eterno , inviolabile silenzio ma nou*mi levate la vita per carità , perchè togliere dal mondo un innocente che nulla vi ha fatto , e formar la sciagura di due infelici ragazzi , che muoverebbero a pietà gli stessi sassi quando sentissero la perdila fatale della loro svenlu rata genitrice. Sirn. Elena? Tu sogni, o vaneggiò Con que- sti sospetti lecito ti fai di oltraggiare il piu onesto di tutti gli uomini del mondo ? e che... Eie. Ma quel pugnale? . . Sun. Lo portai per qualche occorrenza. . . An- zi , per fai vi vedere . . . prendi caro paren- te , e giacché qui siamo sicuri , vanne , ed attendimi sopra, dà il pugnale al Sergente , indi gli dice in disparte. ( Nasconditi nelle scale , e quando ti chiamo sii pronto ad ac- correre. Ser. Vado, via. Eie. pa/pUande. Simone ? Sirn. cori tenerezza. Elena ! Figlia mìa ! Eie. Sono sicura? Sim. Di che temete? Eie. lo fido in voi . . . Ecco il nascondiglio. va al muro. Qui vi è un chiodo. . . ecco- ••• • un palmo sotto di questo vi è la pie- tra , che . . , getta un grido. Ah ! . Sim. Cos’è? Eie. Oli Dio! Che veggo! Sim. Che cosa ? . Eie. Ecco , ecco il sangue di mio marito. ♦ Sim. Dove ? Eie Qui , su quésta pietra, vermiglia ancora , <d, aggrumilo. Sim. Come l . . Eie. Si T usèì dalla mano allorché chiudendo questo buco j ferissi leggermente perdio** ver[p. 48 càgna] tenza con un istrumento di ferro. Ah Simone voi non sapete quanti effetti a questa vista... Sim. Eb! . : vaui pregiudizj . . Tiriamo la pietra. Ele. Ah no ; aspetta almeno che lo veggano i figli miei, c che spargano di lagrime il san- gue del lor genitore. Sim; cambiando luono. Ma Diavolo! Mi hai annojato ! :: Poco ci vuole per giorno, e noi stiamo ancor qui. Ele. Che! .. Qual cambiamento di carattere è il vostro! : . Voi mi fate gelare. Sim. fiero. Dove sia il nascondiglio? Elc. tremante. Eccolo ; tirate la pietra , che ve lo additerò .... ( Oh Dio! tu mi assisti.) Sim. cava la pielra con forzu. Ob!.. È fat, to ... melle la mano nel muro. „Ma qui non vi è sulla . . Il denaro. ? Ele..come sopra. Scayate a terta. Simone sca- va a terra. Gran Dio! La' mia vita è in pe- riglio ... I figli, i figli ti raccomando. Sim. Oh .... Zito, zitlo: ho trovato una fa gran forza, e tira un casset- tino con catenaccetto , alle maniche del qua-. le sarà sospesa una scattola con molte scrittures: Ele. Appena avrà pedulo sortire il cascettino buttandosi, a' piedi di Simone. Simone , que.. sio denaro è tutto vostro sio nulla ne voglio; vi ripeto l'inviolabile giuramento di tacere ; ma nou 'mi uccidete, e risparmiate la mia vi- ta per due figli innocenti , e per la canuta vecchiezza del tenero mio padre. Sim. No : adesso è il tempo di smaschurarmi. Tu devi moriic; io sono il tuo implacabile. nem.co. Simulai finora con te stima e penti- mento ; ma nascondeva odio, avversione, li- vore per l'ostinala ir pulsa che mi dasti, e. giucai di farne la 'piů mimorgada y cadetta. , Tu devi morire ti ripeto. cosa ... Digitized by Google [p. 49 càgna] Ele. gridando. Ab figli ! Ah Padre mio! Sim, caccia un fazzolette , e l'ottura la bocca, Zitto , non gridare Sergente?

SCENA III. Sergente con pistolu impugnata', e detti.

Ser. È qui, il Sergentes Lascia quella dons Da, o ti brugio il cervello. Sim. sorpreso.. Che. Ele. Ab Signore . volendo correre, dal Sergente Simone la trattiene per i capelli, Şer. Lasciala , o ti uccido. Sim. lascindo Elena. E tu ! Ser. Ed io sono uri giovine onesto, un onora- to militare che ho Šiuto il birbante con te per carpirti una mangiata, e per salvare que st' infelice. Sim. E mi tradisci ! Ser. Non parlar di tradimento anima scellerata son chi porta una rispettab.le divisa. Questa è cucita coll'ago dell'onore ; e l'ordine an- gusto che il petto mi decora mal soffre che una infame azione lo deturpi. Pul. dalla botte. Siente grannissema marmottar Se finora qual radvicchiato granavottola in questa botta , osia tomba di Bacco io sono stato a piglia li stufe non è dipeso da timore, o da viltà, ma sibbene da una tremoleggiao- Le paura. Nè fia mai che Pulecenella Cetrula noto per urbis et orbis s per il suo pusillanime coraggio indegno si rende di un enorme piät- to di maccaroni , e di questa onorata bolle che lo circonda. Ele. Che ! Sim. | Aoche costoi !) · Pul. Nè solo Pulecenella afflitto, e derelitto si ha mangiato no piatto de zoffritto. caccia Pascariello per la testa. Ecco quest'altro Co- rifeo, il quale spollecaonose con me ne spito di Lugorie ace, al tes. Digitized by Google [p. 50 càgna] odorosi fecatelli : ; ? Li fecatielle c'avimo mangiato e collo spito te voglio cecà tutte duje l' wocchie. a quest' ultime parole carà cacciato lo spied.o. Sim. (Ah Simone ! Qual giorno è questo per te !) Pas. Ab сuollo sluorto de lo diavolo, tu jere · lo buon ommo ; tu si chillo che dicive d'es- sere arrivato a lo rum e bus de la perfezione! 38. Majroi d'oude siete sortiti ? Pul. Di cuorpo a la mamma de tutte li mbriacunc. Ser. Che! Sareste correi di quest' assassino ? Pul. Tu che correa de marrucchino ! Pas. Nuje ce trovammo cca pe fa colazione perchè Fonzo lo patrone de Pulecenella ca l' ha voluto man nare pe vede che voleva fa sto galanto mo. Mentre stevamo a lo meglio avimmo otiso ruminore, ce.simmoaugascuuste, e avimmo visto lu tudto. Ele. E perchè non mi soccorreste quando ques st' assassino voleva privarmi di vita ? Pul. Ma commu te volevamo soccorrere se non t' zecedeva apprimmo? Ser. Veggo beue che voi siete due poltroui. Sim. ( Qui bisogna armarsi di prudenza. ). Qual pera benda dagli occhi mi cade! Oh come rię Gonosco tutta l' enormità delle mie colpe.. Signori, io son reso odioso a me stesso, l'innocente yostro sguardo mi colma di pen- tinente, e di coufusione ... Oh quanto è pericoloso per un cuore con nuovo alla col; pa il conversare nel mondo !. Permutlete ole yada in un deserto . Ser. No. Per mano del carnefice tu devi espia- re i tuoi eccessi, e saprà la Giustizia ... Digitized by Google [p. 51 càgna]

SCENA IV. Capo squadra con Soldati prima dentro a* poi fuori , e dotti. Cap. di dentro. Tustizia ! .. . Chi vo juitizia ? J Cca sta la justizia. Pul. ( Chisto sarrà lo boja. ) . < » *- " • Pas. ( Doppo vippoto a la» salute .rosta. ) Sim. ( Oiiuù J ) Sor. Entrate. Cap. fuori. Cca starnino nuje. Chi ha da es^ . sere justu^èto ? Tu ? a Puh inolia. Pul. Puozi^cssere mhso tu sulo. Ser. Ecco l* assassino, indicando Simone. Lega- tela, e conducetelo con voi. Sim. a' piedi del Sergente. > Ah Signore ? . . Siete in tempo ancora . . . usate un atto dì p' ! età : . . perdonatemi. Ser. Alla Giustizia ipocrita infante. Cap. A la justizia. Ser. cd Capa squadra ; £ tot corife qtfì ? Cap. Paté ciré lo core ce Pavera ditto a lo Jo- dece , jate a la caniina de D. Lena , e stateve attiente se sentite qu acche cesa.’, Pas. E vnje veramente site venato ntiempo, Chp. E che buò ? Li br chi e’ hanno colpa. mostrando i Soldati. Se so chiniate a fa tuocche a la cantina , e de non era io che lì faceva sosere a forza, Ha facevano sebiarà joorno. Pud* ad Etena. EJ vujè a vi ve vo a paura ! Te- nivevo oa Sqnatra che ve difenneva da fora , duje guappuue che ve guardavano dadinto. Ser. Ed io solo l’ho sapula salvare. Eie , Si giovine virtuoso. La mia vita essendo tuo dono sarebbe leggero compenso a quanto ti devo. Io non intendo premiarti dandoti que- st’ oro , ma farti solo Conoscere che ingrata non sono a tanto benefizio. Prendilo * esso «t tuo.* e se mal mio grado servir doveva 3$od- Digitized by Google [p. 52 càgna] disfar le ingorde brame di un assassino va con maggiore e più vantaggioso successo a premiare la più bella prova di coraggio , ed a rendere un necessario e ben dovuto compen- so all' eroismo , al valore , ed alla tua ma- gnanima virtù. Ser. Signora , voi mi cffendete,, c mi offendere nella parte più sensibile dell'anima. Il mio nume è l'onore, questo è la guida de' miei pa:si , la norma di iutte le mie azioni, nè fia mai ché da me si oscuri con accettare merce- nario compenso di ciò che il dovere , la virtù, e l'obbligo del mio stato m'impongono di eseguire. Pul. Signore miei , non ve pigliate tanto fisti dio ; datemille a me , accossi vuje non perdi- te 1 e io m' addecreo na mascella. Cop. Levate da lloco ta. Signorina , sto cascet tino e sta scatola banno da ire ncopp'a lo Jodece , perchè accossi porta la Justizia, non sarrà toccata però ; anze venile con me talle quante, che ve spicciaté subeto , ve pi- gliate le robbe voste , e ve ne jate. Ele. Si, ma verrà quando said giorno , giacche sento preciso bisogno di ristorarmi un poco. Ser. Ed io purę ci voglio venire, ma anche a giorno, perchè voglio cambiarmi questi abiti: Cap. E addo stanno l'auti vestite ? Ser. Nella mucciglia in casa di questa buona lana. Cap. Simone. E bene , dagli la chiave. Sim. Eccola. glie la dà. Cap. E la chiave de sto cascettino ? Ele. La tengo io in casa la porterò alla mia venuta, Cap. E cca dinto che ce sta ? apre la scattola. So carte, nello svolgerle ne cadono vlcune Ele: Badade che non si perdano, perchè ma a terra, Digitized by Google [p. 53 càgna]53 raccogliendo aneli essa le carte , ne prende una con grand' entusiasmo , e dice . Ah ! . «  Ecco ecco la carta tanto da noi cercata. Ser. Che carta ? Eie. Della vendita della casa . . . Tutto sapre- te . . . Oh noi felici / . . Figli , figli. miei, non siamo più poveri; . . Baronessa scellerata hai finito una volta di opprimermi. Sirn. ( Che orrendo temporale sta per scoppia- re sopra di noi. ) Cap. Mettite cca , s 1 hanno da dà primm* muta- no a lo Jodecc , e po I’ avarritc vuje. Eie. Si , il Giudice è giusto , e solo l’oppresso- re alla sua vista ha ragion di tremare. Cap. E bene , jaramoncenne. Sér. Dal Giud ice ci vedremo. Cap. Da Io Jodece. Eie. Addio mio liberatore. Ser . Addio. Sim. Ed io ? Pul. A la forca mariuolo. Sim. Ah per pietà ; . . Qap. Che pietà. Cammina. Sim. P 0 ’" rrì me 1 Non c’è piai iui . ' ’ v Pul . Marcia,' più speranza. J inè aite quarto.

SCENA. I.

Sala i udlie nza in casa del Giudice. Tavolino sedie ecc. e le due cassettine. Giudice, D, Elena , poi un Servo.. settivo del denaro, che la scattola delo lu caile , avendone presa del processo la ne- cessaria conoscenza. Dle. Dunque io vado. G:. Si, andate a sollevare i vostri figli, ed a consolare quel povero vecchio del vostro ge- nimic. Sarà mia cura che si solleciti la causa degli au ori del vostro assassinio acció, siano puniti ; e voi intanto !vu cessate di ringrazia- re la Provvidenza per avervi liberata dalla moite, é di esser grata sempre a quella mano che nè stata l'istrumenio. Ehi? chiama un servo, E e. lo col mio sangue vorrei mostrargti la mia 'satiludine. Giu. ui Servo che sarà sortilo. Praadi qaești due c::ssettini e portalı -in casa di D. Elena. SCENA IL Baronessa , e delti, poi un Soldato. Bur. E chi è questa perchiepetola che s' ha da pigliare di cascettiin? i casceltini sono miei, e sangue mo; ed io sola ne songo la patrona. Gil. Ol SigBaronessa , siete arrivata in tempo. bar. E se non arrivava in tempo mme all'urmo non è così? Giu. Ma ditemi, che diitto avete voi sopra quem si: gitti? manna - Digitized by Google [p. 55 càgna] Bar. Che dritto / . . Veramente siete un^bravo Giudice. Gin. Come / Bar. Voi non sapete di legge. Giu. Io non so di legge ! Bar . No, Eie. f Oh che arrogante ) Bar. D temi una cosa , quando si trova un te- soro a chi aspetta ? Giu. Se si trova nel proprio fondo appartiene interamente all’ inventore, se nel fondo altrui metà all’ inventore , e metà al padrone* del foudo. Bar. Ed io sono la patrona del fondaco. Giu. Della casa di D. Elena ? Bar. Che / Mi fate 1’ insempliee ! Poveretto , zuca qui. si accosta col dito. Giu. Eh , scostatevi. Bar. E non sapete la lite, i contrasti, il sequestro.'” Giu. Questo lo so , e so pursuche che dovete desistere dall’ ingiusta pretensione , c dippiu che siete sottoposta per questo capo ad una inquisizione di steli innato . . • Bar. Come ftcl lionato ! Giu. Dit<mi , sapete oi scrivere ? Bar. Oli , allesso mi toccate sulla ripetizione. Giu. prende la carta dalla scattola. Questa fiima è vostra? Bar. ( Che beco/) Questa è la carta de quan- no me vennettc la casa ! *’ Giu . Lo confessate dunque che la casa fu da voi venduta ? Bar. Sì , ma io aveva ragione perchè quella carta si era perduta. '• ‘ . ’ G'ni. E perchè perduta la carM non Joveva p ù

  • aver luogo il contraffa E che ! saracco»! de-

pravato il secolo decima nono , clie faremo di- pendere la validità di un Qontratto , la civile , esistenza delle famiglie dalla fragilità di un foglio di carta ! Eh vergognatevi di una così iui'ftcc morale , e rassegnatevi a ricevere* colla [p. 56 càgna]punizione quel £n clie 3 vostri pari è dovuto,- Bar. Misera me! LO qual è questo fio? Giu. Lo volete sapere? Ehi? v Bgj. (Ohi ch i a piate 7 Giu. Adesso lo vedrete, sorfe un Sotda'.ù. Bar. Un Soldato I E che Ira che fare questo- con me ? Giu. Sig. a Barom ssa t voi con chi siete venuta # Bar. Son veuqta sola .. nata. Giu. Sola I,J& adesso ve ne andrete accompag Bar. Acce fnpagnata ! Dovcf Con chi? Giu. al SUdaio. Portatela nelle carceri. Bar. Io nelle 'carceri I E la mia nobiltà. Giu. X , a nobiltà èrnia face che bulla al $o*<? confrouto dille virtuose^azioni. Quando quest» cessano la nobiltà si oscura e al pari d’ u» pl< beo s’incontra l’ infamia e la punizione. Bar. Oli misera me I Ma di che, son rea ? Giu. Di mille , e de’ piu abominevoli delitti * y e vostro nipote . , , - % Bar. Mio nipote so che è reo, castigatelo, pu- nitelo , uccidetelo ancora , che non mi preme, TU 3 IO > f i» , Giu. Ma voi . . . Won dubitate all*’ òcchio di UH vigile Magistrato nulla sfugge . . . L’em- pio Simone ... il vostro mandatario nelì’as- ' sassin'o di questa, infelice. . . additando Ehirct. Bar. Oh povera me / povera nc ! «j Giu. Si sa tutto vi dissi , c voi e lui sarete tra* dotti al Tribunale competente e da quella ri- ctverete la pena che vi spetta. Bar. Oh povera Baronessa Voccola l Povera Vuc* . • cola i Povera Vocc^ U , . . [p. 57 càgna]

SCENA II.

Fonzo nobilnenle vestito , Pulcinella con livrea di galu , e delti.

Fon. Voccola, pollicine , pollaste .:. Capune, galledinic. Mmalora eca sim- mo arreventate pulliere. Giu. Che ! Ele. Rispettate il Giu lice. Fon. tlendo confidencialmente. Ah ah Pul. Vi ca tu staje nnanze a lo Jodece. Flon. E stätte zitto , mo simmo auto che frate carnale. Lo vuoi vede? lo va ad abbracciare, Caro Jodece. Giui lo respinge con isdegno. Va via mascalzone.

  • Fok. Oh mmalora !

Pul. Ne prencepa, perchè non lo manne a lo serraglio a sto frate. Giu. In somma che sei venuto qui a fare? Fon, a Pulcinella. ( Ab non sono ancora ch perchè m'ha trattato arcossi. Pul. E mo che ce lo dice te jette a dirittura da coppa. a bascio. Giu. E cosi ? Pul. Dincello. Fon. lo ? So venuto a sposare la Baronçssa: Girl. La Baronessa è sotto processo. Pon. Sta sotto la soppressa, vite spremmita io mme la piglio. Pul. E sa quant' uoglio che bo cacc à. Giu. Ella è inquisita. Fon. Vyje che dicite ! Barons. Bor. Va a Diavolo. Pul. Tu e isso. Frin. Comme va sta cosa? Bri Va a malora, Fon. Che te forcia. Pl. Elassala ire a malora , non vide che sta li cánchere ucapo. Gi Insomma te ne vai si o no? 3'0.. Ma siglio, in m'aggio da sposa la Baronessa. Giu. Elia non può essere qui moglie, deve au- car carcerala: SO, UR embè quanno l' ao - Digitized by Google [p. 58 càgna] Fon. Carcerata | Pul. Co saliste. Bur. Ah Signore per pietà Giu. La giostizia deve trionfare, Bar. D. Elena. Ele. Ed avete il coraggio. .:: Bar. Fonzo ? Pon. Va al diavolo. Bar. Pulcinella. Pui. Va a malora Bar. Oh povera me , povera me ! Gtu. Andate. Pul. Marcia. Bar. Oh povera voccola , povcra voscola via con il Soldato. Giu: Andate voi altri. Pui. Patrò io la livrera me la vaco a vennere e tu, sla siloca che ne faje ? Fon. Mme la venno is pure n' accatto cortielle Cocchiare , salere è torna a fa lo carnacollaro. via con Pulcinella. SCENA IV. Ergasto e Luisa prima dentro poi fuori, e detti. 18 Erg. di dentro. Ele. Lui. fuori. Cara Sorella Ele. Germana. Erg. come sopra. Figlia... Ele. Ah padre mio ! Erg. Ed è pur vero ? Tu hai corso si gran pericolo. Ele. Si padre naio. . Ma una mano generosa... Erg. Qucsta mano sarà da me premiata , cd is. colla tua destra. Lui. Si mio padre ha pensato : SCENA ULTIMA. Caporale, , pois Sergenté, é detti: E quad gune la figlia raia! Cap. Sittence sta fora chillo Sergente l'ha Ele. Ah, il mio liberatore ! Digitized by Google [p. 59 càgna] Giu. Che entri, Erg. Si, che eutri , io lo voglio abbracciare ; c gli voglio dare tutto ciò che posseggo. Ser. entrando. No Siguora, i vostri beni tebee tēli con voi io non desidero che la vostra sola amicizia. Lui. ( Ob Dio! Federico !) si scosta un poa 10 per non farsi vedere. Erg. E oltre dell'amicizia la mano di mia figlia con tuttocciò che possiede, Ser. Ab Signore Llii. ( Ob Ciclo! Che mi tradisse ! ) Eig. Che volele dire ? Spiegatevi. La récusere- ste voi forse 1 Ele. Padre quest'angelo venuto in Suecorso del la mia vita uon merita la p:ù leggera ombra di offesa. Egli ha deitto su tutt' i miei beni , ed io da questo mom oto glie li offio , sulla mia vita perché è sua ma il cuore Erg. Che! E impegnato torse? Ele. Si, ma colla memoria dell’estiuito mio sporos Ser. Donna virtuosa ricusando la mia mano voi Hon fale che readermi più felice meatr' ella, è destinata : Irg: Aveste ancbe. yoi una moglie morta da serbarte fede, Ser. No, ina se non sarò suo marito , samt vom stro amico, vostro .. Lui. Vostro Cognato, vostro genero, e mio marito. Sor. Che! Luisa! Oh Diu ! Lui. Ah Federico ! Ser. Ob ajaja! Erg. Ed è pur vero ! Ele. Miv Cogna to ! Eig. Ora si che son contento. Ser. Signore mi accettate per vostro figlio? Ery. Con tutto il cuore. La mano di mia figlia è tua , e tuttoccio che posseggo Lle. A questo ci debbo pensar io. Son ricea ab- bastanza per poterli procurare un comodo stato. Digitized by Google [p. 60 càgna] Erg. Sarà subito formato il vostro nodo. Giú. Si, e sarà questo il nodo prù ben augura to se viene stretto dall' amore, e confermata colla virtù coll'amicizia , coll' eroismo.

FINE